con: Mick Jagger, Keith Richards, Brian Jones, Charlie Watts, Bill Wyman, Anne Wiazemsky, Iain Quarrier, Roy Stewart.
Inghilterra 1968
La sua posizione riguardo quella contestazione, quella rivoluzione paramilitare, violenta ed ossessiva che cominciò nella seconda metà degli anni '60, Godard l'aveva già espressa con sdegno nel capolavoro "La Cinese"; tant'è che quando quel fatidico 1968 arriva, quando quegli umori rivoluzionari o finto-rivoluzionari di natura e stampo sopratutto ultraborghese cominciano a riversarsi per le strade e le piazze d'Europa e del Mondo, il grande artista decide non tanto di prendere nuovamente di petto il fenomeno, quanto di creare una riflessione acuta, sottile ma la contempo polemica e vibrante su quei movimenti politico-culturali pronti a sradicare lo status quo.
Non che Godard o persino Truffaut non abbiano comunque cercato di dar spazio e voce al caos imperante durante quell'anno; basti pensare alla chiusura anticipata del Festival di Cannes, da loro chiesta a gran voce, a causa della mancata rappresentazione di quella realtà scomoda e violenta che imperversava fuori dai salotti buoni.
Ma l'astio e, sopratutto, la disillusione regnano sovrani; durante l'estate '68, Godard decide così di visitare Londra, di filmare le prove di un gruppo rock di grido di quegli anni, impegnato nella registrazione del singolo per il loro nuovo album; ed al contempo di dare nuovamente corpo alla sua visione dei gruppi rivoluzionari e dei limiti delle loro visioni. I menestrelli del rock sono i Rolling Stones, il singolo "Sympathy for the Devil" per l'album "Beggars Banquet" ed il resto è Storia.
L'inconciliabilità diviene il fulcro della riflessione; non c'è possibilità di sintesi, né nella politica, né nell'arte. Ogni singolo gruppo di personaggi portato in scena è perso nelle proprie elucubrazioni, nella ripetizione ossessiva dei dettami dell'ideologia che persegue e cinto dentro un'unica inquadratura (poi spezzata in fase di montaggio), un piano sequenza che ne scruta le azioni; ognuno di essi ha intenzione di rivoltare la società per riplasmarla a propria immagine; comunione di fine che però non porta alla collaborazione: ciascuno è "uno", cosicché la loro azione congiunta dà vita ad un "uno più uno" ("one plus one" appunto); ma la somma degli elementi non è possibile: Godard presagisce la disfatta dei moti sessantottini e chiarifica come la mancanza di apertura mentale porti allo stallo; ne consegue come questo "uno più uno" possa essere uguale solo ad "uno più uno", al massimo ad un "11", mai ad un "2"; non c'è coesione, non c'è possibilità di coesistenza, non c'è sinergia; così come i comunistelli esaltati de "La Cinese" finivano per espungere dalla loro comune chiunque non si omologasse ai precisi dettami ideologici, allo stesso modo il corpo rivoltoso in sé non può assimilare un suo simile che abbia una visione delle cose anche solo parzialmente differente.
Prima cellula rivoltosa, rivoltata come un calzino, è quella delle Pantere Nere, il movimento di liberazione del popolo nero; asserragliato in uno scasso, ossia tra le macerie della società capitalistica che hanno contribuito a formare quando ancora schiavi, i personaggi recitano meccanicamente astruse statuizioni; ma le loro azioni contraddicono le loro parole: l'elogio della bellezza della donna bianca è giustapposto ad una sommaria esecuzione di tre belle ragazze. Allo stesso modo, una disanima sulle origini del blues e della musica "etnica" d'America vorrebbe esaltarne la natura di rottura rispetto alla tradizione bianca, ma finisce solo per appiattirne la portata. In un secondo momento, il leader del gruppo rilascia un'intervista a due giornaliste, anch'esse di colore, nel quale chiarifica le sue posizioni, ma finisce solo per evidenziare i limiti del suo pensiero; mentre i suoi uomini passano in giro dei fucili come se fossero orpelli.
Una donna, forse un'intellettuale, viene letteralmente inseguita in un bosco da una troupe di giornalisti per finire un'intervista; le domande ne rivelano la natura di femminista, ma ad ogni quesito riesce a rispondere solo in modo netto ed al contempo vago, alternano i si ed i no. Il distacco totale dalla realtà di una donna, prima ancora che una persona di cultura, si impernia così nell'alternanza positivo/negativo: la mancanza di sintesi porta ad una forma quasi oscurantista del pensiero, arroccato su posizioni astruse, del tutto lontane da ogni forma di realtà.
In una libreria, un intellettuale destrorso recita i dettami di un saggio sulla superiorità razziale, mentre gli avventori consumano riviste pulp; per pagare, sono costretti a schiaffeggiare due contestatori, che rispondono esclamando anch'essi meccanicamente slogan di sinistra. La destra è lo status quo, forse; quanto meno una parte di esso, che ha creato la società dei consumi, la quale propina alla gente intrattenimento di bassa lega: pornografia, fotoromanzi che esaltano la violenza sulle donne, fumetti che cercano di vendere ai ragazzini una visione idealizzata della società (la copertina di "Justice League of America" con i supereroi che portano la pace tra i popoli), ma anche romanzi amati dalla classe intellettuale che tuttavia non portano ad una forma di svecchiamento della coscienza, come il "Belle de Jour" di Kessel; il consumismo è arma di distrazione di massa, dietro al quale ci cela un'ideologia aberrante nel suo elitarismo. E mentre questo genocidio è in atto, i rivoltosi, i sessantottini, non possono che assistere impotenti e recitare i loro mantra.
Altro "uno" è dato dagli Stones, chiusi in uno studio, persi tra le prove di "Sympathy for the Devil" e la sua complessa realizzazione. La musica del gruppo è l'arte sempiterna, tale forse proprio perché disancorata da ogni velleità politica, tanto che sulla copertina di "Beggars Banquet" comparirà quel famoso sfotto verso Bob Dylan, con il suo sogno tirato giù in un gabinetto pubblico; proprio per questo, impossibile da mischiare con quanto accade fuori, per le strade. Al massimo è possibile una giustapposizione con le immagini create ad hoc, con la contestazione meccanica, con i graffiti tracciati da Anne Wiazemsky che rielaborano concetti e parole in chiave rivoluzionaria, coniando neologismi come "SoVietcong", "CineMarxism" e "FreuDemocracy", dalla fortissima carica ideale, ma privi di vero significato.
L'ultimo "uno" è lui, Godard, sotto il cui occhio distaccato si muovono personaggi veri e finti. Il suo stile è qui più rigoroso, benchè la ricerca della frantumazione della visione è sempre presente: il collage è qui più esteso, creato con pezzi più grandi; le inquadrature si fanno più lunghe, le scene più compatte, con una narrazione quasi divisa per capitoli e nuclei tematici. Ognuno rigorosamente scisso e poi giustapposto all'altro: non può esserci sintesi neanche nella (non) struttura narrativa.
L'unica eccezione è data dall'ultima scena, l'epilogo sulla spiaggia, dove tutti i personaggi si incontrano per combattere una guerra finta, per far finta di coalizzarsi e far finta di morire. E dove Godard decide di usare un simbolo finale eloquente: il cadavere della Wiazemsky viene issato su di un crane, posto subito sotto la macchina da presa, ai lati della quale sono attaccate due bandiere, una rossa ed una nera. L'unione tra i tre elementi è possibile sono nel mezzo filmico; ma è, appunto, pura finzione.
EXTRA
Anche "One plus One" è stato vittima di una forte diatriba tra Godard ed il produttore, Iain Quarrier, proprio come accaduto con Carlo Ponti per i precedenti "La Donna è Donna" ed "Il Disprezzo".
Quarrier, anche attore, ha rimontato la pellicola prima della sua anteprima al London Film Festival nel '68, causando l'ira di Godard, che ha apertamente esortato il pubblico a boicottarlo. Questa versione del film, ribattezzata "Sympathy for the Devil", è stata a lungo l'unica disponibile.
Solo a partire dagli anni '00 è stato possibile recuperare la versione originariamente concepita da Godard, ad oggi disponibile anche per il mercato Home-Video italiano grazie all'edizione Dvd della Rarovideo, che comprende anche la versione rimaneggiata da Quarrier.
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