venerdì 25 maggio 2018

La Morte cavalca a Rio Bravo

The Deadly Companions

di Sam Peckinpah.

con: Maureen O'Hara, Brian Keith, Steve Cochran, Chill Willis, Strother Martin, Will Wright.

Western

Usa 1961















"C'è un discorso che John Ford ha iniziato e che io e Sam Peckinpah stiamo portando a termine". Parola di Sergio Leone, il quale, a margine della promozione del capolavoro "C'Era una volta il West", così descriveva l'ascesa del western crepuscolare. Sottogenere che poteva nascere solo negli anni '60, con la disillusione che serpeggiava in America ed Europa e che portava a rivedere in chiave diversa quegli eroi della frontiera che tante menti hanno fatto sognare. E Sam Peckinpah, assieme a Leone, è stato davvero il supremo cantore della fine dei valori di una volta.




Un uomo d'altri tempi, Peckinpah, un uomo che credeva in quei valori para-cavallereschi del vecchio west e che ora li vede crollare un pò alla volta, grazie al capitalismo furente, all'edonismo e all'egocentrismo moderno che portano l'essere umano a svuotarsi di ogni umanità per farsi predatore accanito.
Non per nulla i suoi eroi sono tutti dei "grandi vecchi", ex uomini di legge o fuori legge dotati di un ferreo codice d'onore che vengono disintegrati dalla modernità, spesso da una generazione priva di punti di riferimento o da una classe borghese interessata unicamente al profitto. Da qui l'elegia sentita per un mondo, quell'America primordiale, selvaggia ma pura, che non esiste più, che troverà il suo apice nei capolavori "Il Mucchio Selvaggio" e "Pat Garrett e Billy the Kid".
Ma il suo esordio sul Grande Schermo è di tutt'altra pasta: "The Deadly Companions" (il titolo italiano è fuorviante) è un western abbastanza convenzionale, dove le tematiche proprie del suo cinema risaltano solo a tratti.




Esordio che arriva dopo le collaborazioni con Don Siegel e tanta televisione; la star di "The Westerner" Brian Keith permette a Peckinpah di fare il grande salto, ma a controbilanciare le sue aspirazioni ci pensa il produttore Charles Fitzsimons, il primo di una serie di antagonisti che il grande regista troverà nel corso della sua carriera.
Produttore che massacra al montaggio il film per aumentare la presenza ed il peso negli eventi della moglie Maureen O'Hara, bravissima e bellissima e il cui story arc è anche alquanto originale per un western, ma che finisce per offuscare la storia del pistolero yankee e della sua vendetta.




Da un lato c'è lui, lo yankee, ferito ad un braccio, quasi scotennato da un ufficiale sudista durante la guerra, che ora ha ritrovato e del quale elabora il castigo. Dall'altro la bella ragazza madre Kitt, che vede morire il figlioletto Mead per mano dello yankee. Il viaggio verso il territorio Apache dove la donna vuole seppellire il cadavere del figlio diviene così motivo per lo yankee per guardarsi dentro, elaborare il senso di colpa per la morte accidentale del bambino e, di più, comprendere il peso della tanta agognata vendetta.




Non c'è trionfo nell'atto vendicativo, il quale viene evitato nel finale; la vendetta, usata come pretesto per vivere, viene svuotata di ogni forma catartica ed eroistica. Lo stesso protagonista non è assimilabile al classico eroe del west fordiano, avendo un carattere più ruvido, meno "cavalleresco" rispetto all'archetipo a là John Wayne, pur rimanendo un pistolero dal buon cuore.
Il punto di forza della narrazione giace proprio nel suo arco caratteriale, nella forza salvifica dell'amore per la bella Kitt e nella redenzione insita nel viaggio; storia d'amore che evita molti dei luoghi comuni del caso per farsi anch'essa ruvida, basata sul confronto tra due personalità scafate, con la donna che, benchè debole, non è mai davvero la donzella in pericolo e, anzi, risulta più disillusa dei suoi compagni maschi a causa della meschinità con la quale viene vista, dovuta al suo ruolo di ragazza madre e escort da saloon.




Se l'arco narrativo dei personaggi è abbastanza solido, decisamente debole è la costruzione della trama, con tanto di buchi di sceneggiatura mal celati; non si può che restare di sasso dinanzi al fatto che Turk, l'ex ufficiale confederato, non riconosca il suo vecchio avversario del quale ha quasi preso lo scalpo; tantomeno si può credere a lui e al suo compare Billy che, di punto in bianco, divengono compagni dello yankee. Buchi dovuti ai tagli imposti dal produttore e che affossano parte del racconto. Da dimenticare, inoltre, la colonna sonora, composta da melodie spesso fuori luogo.
Ma pur imperfetto, l'esordio di Peckinpah resta un piccolo western a tratti interessante, nel quale il genio del suo autore talvolta fa capolino in tutto il suo splendore, sopratutto nella creazione di immagini forti, come l'impiccagione che apre il film o il confronto con il pellerossa nel secondo atto.

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