di Andrzej Zulawski.
con; Romy Schneider, Fabio Testi, Klaus Kinski, Jacques Dutronc, Claude Dauphin, Gabrielle Doulcet, Nicoletta Machiavelli, Katia Tchenko.
Drammatico
Francia, Italia, Germania 1975
L'ottima accoglienza riservata a "La Terza Parte della Notte" e "Diabel" portò il nome di Andrzej Zulawski alla ribalta nella prima metà degli anni '70. Il passo successivo sarebbe stato quello di una produzione internazionale che ne solidificasse la fama a livello mondiale, o quantomeno europeo. Occasione che gli si presenta grazie all'adattamento del romanzo "La Nuit Americaine" di Christopher Frank, che il grande regista porta sul grande schermo con "L'Importante è Amare"; graziata dalla partecipazione di un cast internazionale in ottima forma, questa splendida trasposizione prende le forme di un melodramma dalle tinte forti e talvolta fosche, una riflessione amara sulla prigione della morale e dell'incontrollabilità dei sentimenti.
Servais Mont (Fabio Testi) è un fotografo che vive grazie agli scandali e al ricatto, spesso al giogo dello strozzino Mazelli (Claude Douphin). Per puro caso si ritrova sul set di un film a luci rossi interpretato da Nadine Chevalier (Romy Schneider), ex diva caduta in disgrazia e ridottasi a vendere il suo corpo su schermo. Tra i due scatta l'attrazione al primo sguardo, ma questa loro storia sarà maledetta e tormentata.
Sono due i livelli sui quali il racconto opera: un primo adagiato su di un racconto melodrammatico incandescente, il secondo su di una riflessione sulla forza salvifica dell'arte.
Nel ritrarre la storia d'amore tra Servais e Nadine, Zulawski dimostra un gusto eccellente per le regole del dramma: carica di tensione ogni loro incontro, si adagia sulle bellissime note di Georges Delerue, reminiscenti di quelle de "Il Disprezzo", e crea un racconto forte e compatto.
Nadine e Servais non possono stare insieme e la loro storia è in realtà già accaduta: è già stato Jacques, il marito di lei, a salvarla una prima volta dal baratro, garantendole una vita agra ma lontana dalla temuta strada. Nadine le è inoltre fedele e non vuole rompere quel sodalizio per lui tanto importante solo per riprovare daccapo un'esperienza già vissuta.
Ma anche Servais è prigioniero del passato, di una relazione già spezzata, quella tra Luciene e Raymond, un tempo sposati, separatisi a causa di Servais, che ha letteralmente rubato e abbandonato la donna. Ora Raymond è il suo migliore amico, ma vive una vita a pezzi, perso in elucubrazioni intellettualistiche in un appartamento bardato di libri che sembra quasi un mausoleo nel quale si aggira il suo fantasma.
Su di un piano tangente, Zulawski tesse una storia di salvezza per il tramite dell'arte, unica forza, assieme e più dell'amore, in grado di redimere l'essere umano. Tutti i personaggi cercano di riscattarsi tramite essa: Servais è disgustato dall'uso delle sue foto, sottintendendo la volontà di creare qualcosa di valore, piuttosto che immagini pornografiche a fini ricattatori. Raymond vive sepolto tra i libri, come se questi fossero l'unico appiglio alla vita rimastigli. Jacques ha come unica ricchezza una collezione di foto d'epoca, mentre Nadine, dopo la caduta, prova a risalire la china, con l'aiuto di Servais, partecipando ad uno strambo adattamento del "Riccardo III" in abiti dell'era Sengoku giapponese.
Ma anche l'arte non è un ancora sicura: il flop a teatro è cocente e tutti i personaggi tornano a sguazzare nella loro miseria. Emblematico, in proposito, il Karl-Heinz Zimmer del sempre immenso Klaus Kinski, quasi doppio dell'interprete, sempre pronto a tornare in pista con arroganza, adoperando la violenza in modo spiccio per sfogare le proprie frustrazioni. Ed è proprio lui a portare Nadine sul baratro dell'oblio, comprandola per una notte e sbattendone in faccia il risultato al sensibile Servais.
Dramma e riflessione divengono tutt'uno, complementandosi in un gioco di maschere tragicomiche, con Jacques che diviene un buffone per amore, mentre Servais si rivela carnefice e vittima degli eventi. Per rendere il tutto più claustrofobico, tutto l'azione viene confinata in interni talvolta asfissianti, dove i personaggi si muovono come su di un percorso prestabilito, in preda alle proprie pulsioni sentimentali. E lo stile della regia segue con la canonica camera a mano i personaggi, adagiandosi però più spesso del solito su di una costruzione salda della scena, con pochi e misurati movimenti.
Zulawski vince così la sfida di creare un dramma fiammeggiante e coinvolgente, che potrebbe primeggiare tra i migliori melodrammi europei di sempre.
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