venerdì 26 novembre 2021

I Molti Santi del New Jersey

The Many Saints of Newark

di Alan Taylor.

con: Michael Gandolfini, Alessandro Nivola, Leslie Odom Jr., Vera Farmiga, Jon Bernthal, Ray Liotta, Corey Stoll, Michela De Rossi, Billy Magnussen, John Magaro, Michael Imperioli.

Usa 2021













A quasi quindici anni dalla sua conclusione, l'eco de "I Soprano" risuona ancora sia tra i fan della prima ora che tra coloro i quali, pur non amandola, ne riconoscono l'incommnsuarabile valore storico. Benché non priva di antecedenti, è con l'opera di David Chase che la golden age dei serial ha inizio; il tutto con un imperativo categorico: svecchiare il linguaggio televisivo affidandosi alle immagini piuttosto che alle parole, riprendendo stilemi narrativi tipicamente cinematografici e lasciando che siano le azioni a descrivere gli stati d'animo dei personaggi, piuttosto che le parole. Il mezzo televisivo rifiorisce con una narrazione ardita, anticonvenzionale e grazie ad una storia di gangster cruda, complessa ma al contempo lontana da molti dei luoghi comuni del genere.


Partendo dal lascito di Scorsese e l'immortale "Quei Bravi Ragazzi", Chase ibrida lo sguardo alla manovalanza criminale con lo psico-dramma, rifacendosi in parte anche al piccolo cult, ad esso coevo, "Terapia e Pallottole" di Harold Ramis, ma utilizzando uno humor più asciutto e nero. La storia del piccolo boss di Newark Tony Soprano, della sua rapace madre Livia, della sua matta e egocentrica sorella Janice e di tutto un pantheon di personaggi disfunzionali e deboli riscrive le regole del criminal-drama per farsi storia di perdenti, di sconfitte umane e materiali che trova una chiusa in quel perfetto finale aperto, dove tutto può accadere ma dove nulla accade perché darebbe un appiglio definitivo ad un cast che vive di indeterminatezza.
Eppure già all'indomani di quel finale, Chase parlava apertamente di un adattamento cinematografico, il quale, complice anche la prematura scomparsa di James Gandolfini, arriva solo oggi e nelle forme di un prequel. Un film che dovrebbe fare da "atto 0" al serial, ma che di fatto non aggiunge nulla a quanto visto nelle sei stagioni, né può essere apprezzato da chi non conosce la serie, restando un'opera interessante, ma incompiuta.


E' il 1967. Mentre in tutto il New Jersey impazzano le proteste della comunità nera, Dick Moltisanti (Alessandro Nivola) intreccia una pericolosa relazione con la nuova moglie del padre, l'immigrata italiana Giuseppina (Michela De Rossi). Nel frattempo, suo cugino Johnny Soprano (Jon Bernthal) viene condannato al carcere e lui stesso si ritrova nello scomodo ruolo di figura paterna per il giovane Tony Soprano (Michael Gandolfini).


Una storia fatta di padri assenti. Dickie si ritrova suo malgrado a rivivere la tragedia di Edipo: dopo aver ucciso il padre, giace con la matrigna e come a causa di una sorta di castigo divino, ritrova il genitore nello zio, sempre interpretato da un redivivo Ray Liotta, il quale non riesce ad aiutarlo nei momenti di difficoltà, finendo per divenire una versione più quieta del fu genitore.
A sua volta, il giovane Tony (interpretato dal figlio di James Gandolfini, Michael, il quale dimostra un ottimo talento) è alle prese con un padre evanescente, con il quale non riesce ad instaurare alcun rapporto, mentre la sua vera vera figura paterna, ossia Dickie, finisce per abbandonarlo.


Sullo sfondo, l'ascesa criminale della comunità nera, in una ricostruzione minuziosa e vibrante delle proteste di fine anni '60 che finiscono per portare ad una singolare forma di inclusivismo, quello criminale, con un finale dove il reietto diviene esso stesso maschio alfa grazie alla violenza.
E, di fianco alla ricostruzione storica, quella umana, dei personaggi che chi conosce la serie già ha inquadrato.
La distruzione mentale di Livia trova qui la sua origine, con il rifiuto di una cura farmacologica che la porterà ad una nevrosi crescente. Così come ha inizio la cattiveria acida di Junior, il quale passa dall'essere una spalla supportiva ad un egocentrico vendicativo. Soprattutto, si assiste all'inizio dell'erosione del carattere di Tony, che già in giovane età vede le sue ambizioni tarpate da un ambiente che sembra non considerarlo, di sicuro non apprezzarlo.


Tutto questo percorso caratteriale non trova volutamente una chiusa; ogni conflitto viene accennato, pochi sono risolti in modo adeguato e altri non trovano alcuna catarsi. Non aiuta di certo la regia piatta di Alan Taylor, che, pur formatosi con la serie, non trova qui l'enfasi giusta per dar corpo agli eventi, i quali scorrono spesso piatti e senza mordente.
L'operazione di trasposizione finisce così per ricordare quanto fatto da Vince Gilligan con "El Camino", ossia un film pensato per i fan, ma che non aggiunge davvero nulla a quanto detto nella serie originale. L'opera di Chase e Taylor è professionale e perfettamente recitata, ma chi ha amato la serie non ci troverà nulla di nuovo, mentre chi non la conosce finirà per trovare la storia ancora più inconcludente.

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