di Vince Gilligan.
con: Aaron Paul, Jesse Plemons, Robert Forster, Matt Jones, Jonathan Banks, Charles Baker, Larry Hankin, Krysten Ritten, Bryan Cranston.
Usa 2019
Gli elogi verso una serie del calibro di "Breaking Bad" non sono davvero mai abbastanza. Pochi showrunner dell'odierno panorama televisivo hanno assimilato il concetto di "cinema in tv" come fece all'epoca Vince Gilligan, il quale, rifacendosi chiaramente alla lezione di David Chase e riprendendo inizialmente uno stile reminiscente di quello dei fratelli Coen, è riuscito a confezionare un'opera complessa eppure immediatamente fruibile da chiunque, profonda ma mai pretenziosa e, sopratutto, caratterizzata da uno stile originale, che si distacca subito dai modelli di riferimento per avere un'identità autonoma e forte. Un piccolo capolavoro di scrittura e messa in scena che ha giustamente ricevuto tutti i premi possibili e che, a distanza di anni dalla sua conclusione, è ancora ammirata da estimatori e spettatori occasionali.
Un'eredità, quella dell'opera di Gilligan, che ha trovato nello spin-off "Better Call Saul" l'unica vera continuazione, nonché l'unico vero erede in grado di riprenderne lo stile e rielaborarlo in modo originale eppure incredibilmente simile alla serie madre.
Da questo punto di vista, l'entrata in produzione di "El Camino" ha rappresentato, sopratutto per i fan, un'occasione ghiotta non solo per vedere il dipanarsi degli eventi successi alla conclusione della serie originale, ma anche per ritrovare quello stile lento, quasi meditabondo e sottilmente grottesco che ne erano il marchio di fabbrica.
Dal canto suo, tuttavia, "El Camino" si rivela come una pellicola vuota, che non aggiunge nulla al finale originale, configurandosi non come un seguito e neanche come una continuazione, bensì come una semplice "coda".
Ritroviamo Jesse Pinkman (Aaron Paul) lì dove era rimaste nel finale della serie, in fuga dai poliziotti; ritrovata la libertà e ancora in preda al trauma della carcerazione forzata, il ragazzo cerca di fuggire dalle macerie della sua carriera criminale, reincontrando molti dei personaggi che sembravano aver chiuso con lui.
Gilligan struttura lo script come una serie di episodi semi-autoconclusivi; in ogni scena, Jesse incontra o si scontra con gli altri protagonisti, in una narrazione che alterna il presente ai flashback. Dal rapporto con il viscido Todd, vera incarnazione della "banalità del male", allo scontro con un gruppo di bifolchi assetati di soldi. l'autore si limita semplicemente a inanellare una serie di eventi del tutto inconsequenziali, che formano una narrazione coerente solo nel finale e solo per alcuni dettagli. Persino i flashback, che dovrebbero teoricamente instillare una profondità maggiore verso alcuni personaggi, finiscono per appiattirsi su di una narrazione convenzionale e prevedibile.
Se la storia e i personaggi divengono subito piatti, decisamente impressionante è la performance di Aaron Paul: di nuovo nei panni del personaggio che lo ha reso celebre, non si tira indietro quando si tratta di caricarlo di emozioni per farlo risaltare su schermo, né quando si tratta di dover adoperare un registro più trattenuto. Una interpretazione da manuale, unico spiraglio di luce in un film sicuramente non brutto, ma altrettanto sicuramente inutile.
Speriamo le loro carriere vadano per il meglio ;)
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