con: Eddie Murphy, Wesley Snipes, Kodi Smit-McPhee, Snoop Dogg, Keegan-Michael Kay, Chris Rock, Craig Robinson, Chelsea Gilson, Da'Vine Joy Randolph.
Biografico/Commedia
Usa 2019
Il nome di Rudy Ray Moore non dirà praticamente nulla a molti spettatori moderni. E di certo la sua fama non è mai stata paragonabile a quella di altri protagonisti della Blaxploitan quali Richard Roundtree, Melvin Van Peebles o Pam Grier, tanto meno a quella di coloro che si sono ispirati a lui. E sono proprio i nomi di questi ultimi a far comprendere la portata del suo lascito: Richard Pryor e Eddie Murphy.
Fu proprio Moore che, tra la fine degli anni '60 e la metà degli anni '70, impose uno stile di comicità grezzo e pregno di turpiloquio, ancora più spinto di quello del collega Redd Foxx, sbeffeggiando i luoghi comuni della comunità afroamericana dell'epoca, riscuotendo un buon successo con i suoi monologhi su lp. Un successo arrivato non subito: classe 1927, passa solo la seconda metà della sua vita restando sempre, bene o male, sotto i riflettori.
Successo indissolubilmente legato al personaggio di Dolemite, che crea e interpreta in un film da lui diretto nel 1975, il quale, a fronte di una lavorazione rocambolesca, distrugge letteralmente il botteghino alla sua uscita, garantendogli fama almeno per i 5 anni successivi, dopo i quali, complice una scia di flop, la sua stella si eclissa per far spazio ai suoi figli spirituali.
Una pellicola a dir poco sgangherata, sia in senso negativo che positivo. La poca dimestichezza di Moore con la macchina da presa è sempre avvertibile, ma per fortuna il suo carisma e la sua indomita presenza scenica suppliscono alle sue carenze di regista.
Un personaggio, quello di Dolemite, che è la quint'essenza dello stereotipo della blackploition, ossia un pappone karateca immerso nei guai, sia con la giustizia che con i suoi rivali. Protagonista di una storia di vendetta contro il sistema corrotto che lo caratterizza come un anti-eroe cool fin nel midollo, simile al più famoso Superfly.
Il successo di questa stramba commedia d'azione è enorme e trasforma sia Rudy Ray Moore che il suo alter-ego in un'icona della cultura pop.
A ben 45 anni di distanza, dopo la morte dell'autore avvenuta nel 2008, è così Eddie Murphy, il più prolifico dei suoi successori, a confrontarsi con il padre di tutta la comicità nera. E lo fa in una pellicola divertente, divertita e, sopratutto, genuinamente sincera.
Murphy e Craig Brewer adottano un approccio simile a quello usato da James Franco in "The Disaster Artist", ma senza voler dare un significato ulteriore alla vicenda. Su schermo, cast e troupe si limito a far rivivere i momenti salienti della vita di Moore e della lavorazione del suo cult: dalla creazione del personaggio, nato sulla scia dei deliri di un senzatetto, alla scoperta del Dunbar Hotel, vera e propria crackhouse nel quale vennero girati tutti gli interni, sino al successo ottenuto a seguito della vendita dei diritti alla Dimension Film.
La narrazione diviene così una descrizione della vita e, sopratutto, del carattere di Moore. Incarnato da un Eddie Murphy in stato di grazia, l'attore e regista è ritratto come un uomo dalla volontà di ferro, ostinato a tutti i costi ad ottenere la fama. Ma anche e forse sopratutto un uomo che ha una forma di talento che deve affinare. Certo, un talento che si esplica, su schermo, in una accozzaglia di scene ridicole, ma anche un talento in grado di stregare il pubblico, letteralmente ipnotizzato dalle sue rime, antesignane di quelle di praticamente tutti i rapper della storia.
L'omaggio è quindi sincero, reso ancora più prezioso dalla presenza di Snoop Dogg in rappresentanza di quella comunità di musicisti che tanto deve a Moore. Il tutto in una pellicola che riesce anche a divertire, scherzando sull'effettivo carattere del suo protagonista, il quale risulta simpatetico in ogni suo aspetto.
"Dolemite is my name" riesce così a convincere e divertire: una biografia veritiera e appassionata, condita da gag simpatiche e riuscite. E non è difficile immaginare come Murphy possa avere la sua seconda nomination agli Oscar con questo exploit.
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