lunedì 7 ottobre 2019

Joker

di Todd Phillips.

con Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz, Frances Conroy, Marc Maron, Brett Cullen, Shea Whigham, Dante Pererira-Olson.

Usa, Canada 2019

















C'è una lezione da imparare riguardante il successo di "Joker"; e non si tratta della "legittimazione artistica dei comic-movie" che la vittoria a Venezia ha comportato: il riconoscimento dei film tratti da fumetti come genere dotato di una propria dignità, quando declinato in modo serio e corretto, avvenne già all'indomani dell'uscita di "Superman- Il Film", lodato anche dalla critica più intransigente.
La "morale" desumibile dall'accoglienza riservata al film di Todd Phillips riguarda non tanto in fenomeno dei comic-movie in sé, quanto la visione che si ha, ancora oggi, verso determinate tematiche, ottusamente definite come tabù nel cinema; è incomprensibile il polverone che il film ha sollevato trattando le tematiche dell'anarchia sociale e della rivolta violenta verso l'establishment. Incomprensibilità dovuta al modo in cui il film tratteggia il suo protagonista, ovvero come un deviato incapace di distinguere il bene dal male, un folle fatto e finito che trova nella violenza spicciola l'unica forma di reazione verso il prossimo, in un mondo che ha lui negato ogni forma di empatia. Un personaggio vicino ad infiniti modelli già visti su Grande Schermo: primo fra tutti il Travis Bickle di "Taxi Driver", ma anche l'Alex di "Arancia Meccanica" o ai coniugi Knox di "Natural Born Killers"; in tutti e tre i casi si tratta di pellicole che riprendono in pieno il punto di vista di psicopatici e assassini, che trattano la tematica, sempre attuale, della correlazione tra la violenza dei singoli e quella del sistema sociale in cui vivono. E, guarda caso, si tratta di pellicole anch'esse tacciate di "apologia della violenza" all'epoca della loro uscita.
Una miopia forse dovuta ad una forma di percezione del racconto del tutto sbagliata: solo perché il protagonista di una storia sia un personaggio deplorevole, non è detto che il racconto serva ad osannarne le gesta (e qui si potrebbe fare uno scontatissimo riferimento anche a Shakespeare, con i suoi "Macbeth" e "Riccardo III"); concetto che una società come quella americana odierna, abituata a gridare allo scandalo per ogni singola parola detta fuori dal coro, per ogni singola espressione, artistica e non, che si distacchi da quel compiaciuto, becero e ipocrita perbenismo in cui è annegata, è a dir poco dirompente.
E quando si è deciso di tirare in ballo i fatti di Aurora, la sparatoria alla prima di "The Dark Knight Rises" per il solo gusto di punzecchiare il regista, la polemica si è mostrata per ciò che è davvero, ossia una pura scusante per gettare del fango su di una operazione cinematografica fin troppo ardita e spiazzante, travestita da indignazione verso i suoi contenuti.
Polemiche inutili a parte, il "Joker" di Todd Phillips si è comunque rivelato come una delle riletture più riuscite e interessanti del personaggio, una pellicola intelligente e complessa, che non ha paura di essere spiazzante o cattiva, né di trattare tematiche adulte tramite l'uso di un personaggio nato per il puro intrattenimento.




Apparso per la prima volta su "Batman n°1" nel 1940, il Clown Principe del Crimine di Gotham è figlio sopratutto di Bill Finger, co-creatore di Batman assieme a Bob Kane, anche se un ruolo determinante nella sua caratterizzazione originale lo si deve al compianto Jerry Robinson. Il Joker viene creato come semplice villain "usa e getta" per l'Uomo Pipistrello, tanto che nella prima stesura della sceneggiatura della storia in cui esordisce, moriva a fine storia. Fu l'editor della DC Comics dell'epoca, Whitney Ellsworth, a vedere qualcosa di particolare in quello strano gangster il cui viso perennemente contratto in un ghigno satanico era ispirato a "L'Uomo che Ride"; l'iconicità del personaggio gli permise di sopravvivere e, con il tempo, arrivò anche il riconoscimento del pubblico, al punto che nel 1975  ottenne una serie tutta sua, durata però solo pochi numeri.
Già nei primi anni di pubblicazione, il Joker aveva tutti i tratti caratteristici che lo renderanno iconico: il sorriso sinistro, l'abito viola, pelle bianco pallido e capelli verdi, oltre che la sua arma preferita, il suo letale gas esilarante. E già nella sua prima incarnazione, viene caratterizzato più come un serial killer che un gangster, un deviato che incarna la paura di un pericolo in grado di cammuffarsi perfettamente nel tessuto sociale per poi esplodere senza controllo. Una pazzia perfettamente incarnata dal look folle, con la colourofobia che suscita usata come segno della follia strisciante sotto la pelle del personaggio. Pazzia che fa rima con anarchia, con la distruzione di tutte le regole sociali e morali, contrapposta alla fermezza morale del suo antagonista, quel Batman che invece con il suo aspetto rigido e sottilmente terrorizzante incarna l'ordine sociale e morale, la giustizia del sentimento comune.




Con l'avvento della Silver Age e del Comic Code, il Joker perde i tratti più oscuri della sua personalità: non più un gangster sadico e serial killer occasionale, viene ripensato come un semplice burlone che commette crimini per infastidire Batman e Robin. Il suo status di villain luciferino torna solo nella seconda metà degli anni '70 ed il rilancio della testata di Batman ad opera di Dennis O'Neil e Neil Adams. Mentre le sue origini vengono ufficializzate nel 1988 da Alan Moore nel mitologico "The Killing Joke": riprendendo una storia del 1951 firmata da Bill Finger, Moore lega a doppio filo l'esistenza di Joker a quella di Batman; è stato infatti quest'ultimo a causarne la caduta in una vasca di liquami che hanno sfregiato il viso e deturpato il corpo, portandolo oltre la soglia della follia.




Ma nel corso degli anni verranno presentate anche altre due versioni delle sue origini, tutte definite come canoniche; storie alternative che fino a qualche anno fa erano viste come causate dalla follia del personaggio, che ne causava anche una crisi di identità. Questo sino ai "New 52", dove Batman, con l'aiuto dei Nuovi Dei, scopre come dietro il ghigno malefico della sua nemesi si celino in realtà tre persone distinte, il che spiega anche i suoi diversi modus operandi e il variabile grado di sadismo.




Enorme è stato il riconoscimento su schermo ottenuto dal personaggio: senza voler scomodare le ormai mitiche performance di Jack Nicholson in "Batman" e di Heath Ledger in "The Dark Knight", basti ricordarne anche solo la prima incarnazione filmica, creata da Cesar Romero nel primo film su Batman del 1966, tratto dalla amatissima serie televisiva di quegli anni. Tant'è che il personaggio è finito per divenire non solo un'icona pop, ma anche un'icona filmica immediatamente riconoscibile sin da questa sua prima incarnazione. E a ciò va aggiunta anche la caratterizzazione datagli da Mark Hamill nella serie "Batman- The Animated Series" del 1992, anch'essa passata alla storia come una delle declinazioni del personaggio più riuscite; tanto che non scorretto affermare come l'unica incarnazione del personaggio che ha fallito nell'imprimersi nella memoria collettiva è stata quella data da Jared  Leto nel malriuscito "Suicide Squad".




Un film, questo "Joker", che potrebbe essere tranquillamente definito come "derivativo", perso com'è nella contemplazione del modello scorsesiano di messa in scena ed estetica, così come nella caratterizzazione di un protagonista psicotico e psicopatico che esplode quando capisce di avere l'intero mondo contro di lui.
Eppure, liquidarlo come un semplice prodotto di genere travestito da film d'autore non sarebbe, al contempo, giusto, a prescindere dai premi e dal successo di critica che sta ottenendo. Perché la visione di Todd Phillips, per quanto già vista migliaia di volte sul Grande Schermo, riesce davvero a funzionare. Merito anche e talvolta sopratutto di un Joaquin Phoenix gigantesco, della sua sconvolgente fisicità e della sua espressività sempre pronta ad esplodere.




Un Joker mai così umano, mai così empatico. Arthur Fleck è in tutto e per tutto un loser della Grande Mela, un personaggio uscito dritto dall'Inferno della New Hollywood, perso com'è in un girone dantesco personale dal quale non emergerà mai. Un uomo schiacciato dagli eventi e dalla follia atavica, alla costante ricerca di una figura paterna che non trova e che per questo continua a surrogare con qualsiasi figura di potere gli si pari innanzi. Un personaggio che viene plasmato dall'odio viscerale che sta consumando il mondo, al quale reagisce nel più naturale dei modi, ossia con una violenza pura e genuina, scaturita non dalla volontà di sopraffazione o affermazione personale, ma come pure reazione riflessa.



L'aspetto più interessante di questo Clown Principe del Crimine in embrione, Todd Phillips decide di esplorarlo quando ribalta la visione di Nolan e del suo "Batman Begins": laddove il Cavaliere Oscuro decideva di sua spontanea volontà di divenire un simbolo di giustizia, Joker diviene simbolo di anarchia per puro caso, acclamato dalle folle per un gesto che per lui ha un significato completamente antitetico. La mancanza di empatia diviene così il vero villain del film, sino all'escalation finale, dove la cattiveria strisciante prende la forma di una rivolta verso i padroni con la quale non si contesta nulla se non la mera esistenza della classe privilegiata. Una ribellione che in realtà non ha connotazioni politiche, quanto puramente viscerali, una versione distorta ed orrorifica della Contestazione Sessantottina incredibilmente verosimile e attuale: non sono forse quei violenti oppositori del regime troppo simili ai Social Justice Warriors e ai loro vuoti proclami?



Il punto nevralgico della narrazione, alla fin fine, è proprio qui, ossia la descrizione di una violenza che genera violenza, che si fa anarchia suo malgrado e a causa della vacuità emotiva delle persone.
A Phillips, di conseguenza, può essere solo rimproverato di usare un registro eccessivamente convenzionale, nel non lasciare che sia lo spettatore a carpire il messaggio dalle sole immagini, ricorrendo troppo spesso all'uso di dialoghi o intere scene esplicative.




Per il resto, "Joker" funziona (ed è proprio il caso di dirlo) sin troppo bene, dando una caratterizzazione solida al suo personaggio e al mondo in cui si muove, riuscendo a graffiare e a colpire allo stomaco nei momenti giusti, configurandosi come una rilettura interessante ed estremamente riuscita.

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