con: Michel Piccoli, Nanni Moretti, Margherita Buy, Jerzy Sthur, Renato Scarpa, Franco Graziosi, Camillo Milli. Gianluca Gobbi, Leonardo Della Bianca.
Italia, Francia 2011
Chissà cosa ha fatto scattare in Nanni Moretti la molla per scrivere e dirigere un film come "Habemus Papam". Forse l'esperienza collettiva della morte di Giovanni Paolo II e della successione avutasi con il più rigido Ratzinger. Forse una riflessione personale, sbocciata come un'epifania, davanti all'ennesima visione di "Studio di un ritratto di Innocenzo X" di Bacon. Non è dato saperlo. Quel che è certo è che il buon Moretti è riuscito a dare uno spaccato impietoso dell'ambiente religioso in una pellicola ricca di spunti interessanti, purtroppo non sempre sviluppati a dovere.
Duplice è la traccia narrativa. Da una parte abbiamo il neoeletto papa Melville, interpretato da un immenso Michel Piccoli, che dona una espressività incredibile al personaggio. Dalla'altre c'è ovviamente lui, Nanni Moretti, nei panni di uno psichiatra che nella più pura tradizione narcisistica è "il migliore al mondo". Nel mezzo, l'ambiente vaticano perso in una forma di follia data dall'indeterminatezza, con cardinali provenienti da tutto il mondo in preda al panico.
Partendo da Melville, Moretti descrive un personaggio incredibilmente umano e, per questo, incredibilmente fragile. Un uomo chiamato suo malgrado a ricoprire una delle massime cariche di potere al mondo, perso nel panico da prestazione che, per la prima volta, lo porta a confrontarsi con la sua finitezza, con i suoi difetti reali e presunti.
Melville è, letteralmente, l'uomo dietro la carica, la mente singola chiamata ad essere collettiva, a rappresentare in modo definitivo l'istituzione. Una mente che si frantuma, scoprendo il limite del suo stesso ufficio: non c'è, forse, differenza tra un papa chiamato a parlare con i fedeli ed un attore chiamato a salire su di un palco per intrattenere il pubblico. Entrambi rivestono un ruolo preciso nell'economia degli eventi, entrambi usano storie per veicolare una verità, effettiva o anche solo presunta che sia.
Il personaggio di Melville diviene così uno specchio del reale preciso e profondo, nonostante non abbia, di fatto, una caratterizzazione che lo renda indipendente dal simbolismo cucitogli addosso; troppo minimale è la sola backstory sulla sua fallita carriera d'attore; piattezza caratteriale che, fortunatamente, non inificia più di tanto il suo ruolo nella narrazione, perfettamente riuscita.
Se la descrizione di questo protagonista, vera colonna portante del film, è precisa e riuscita, del tutto inefficace è la parte relativa al caos generatosi in Vaticano.
Moretti tenta in ogni scena di rilanciare gli affondi più blandi verso un conclave fatto da persone più interessate al sollazzo che ad altro. Prova persino a buttare il tutto nella pura allegoria, con una stramba partita di pallavolo tra prelati. Ma ogni sua forma di critica e di simbolismo, questa volta, cade a vuoto, non riesce a restituire la carica corrosiva che vorrebbe trasmettere, né a creare immagini davvero memorabili, complice anche l'ormai classica incapacità di Moretti nell'utilizzare il mezzo audiovisivo. In questo, il buon Nanni avrebbe forse dovuto riguardare con attenzione le opere di Ciprì e Maresco, che, letteralmente, giocano nel medesimo campo vincendo in maniera schiacciante.
"Habemus Papam" diviene così, da circa metà in poi, un'opera ai limiti del pretenzioso, che sembra rincorrere a vuoti significati su significati, senza mai riuscire a raccontare altro se non la deriva del protagonista, che, alla lunga, si fa facile e sin troppo insistita. Un'opera nella quale Moretti ben avrebbe fatto a lasciare la sceneggiatura ad altri, sempre ammesso che possa esserne capace.
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