con: Jake Schur, Ethan Hawke, Dane DeHaan, Chris Pratt, Leila George, Vincent D'Onofrio.
Western
Usa 2019
Rimettere mano ad una leggenda del calibro di quella di Billy the Kid è un'operazione alquanto rischiosa: troppo facile sarebbe darne una lettura moraleggiante o, peggio, trasformarla in una semplice operazione di nostalgia romantica, una versione imbastardita e più povera rispetto all'elegia commovente del capolavoro di Sam Peckinpah.
Nonostante questo, Vincent D'Onofrio, alla sua seconda prova dietro la macchina da presa, decide di confrontarsi con uno dei miti più famosi del West per darne una declinazione personale, interessante ma a tratti goffa.
La storia di William Bonney (Dane DeHaan) e dello sceriffo Pat Garrett (Ethan Hawke) si intreccia con quella di Rio Cutler (Jake Schur) e sua sorella maggiore Sara (Leila Geroge), in fuga dopo aver ucciso il padre, per difendersi dalla sua furia omicida.
Si assiste così al dipanarsi dei famosi eventi da un punto di vista esterno, quello di Rio, ipotetico doppio del giovane Billy; quest'ultimo è inizialmente ritratto come un fuorilegge scaltro e carismatico, incarnato perfettamente dal sorriso beffardo e dallo sguardo vispo di un perfetto Dane DeHaan. Un bandito che si ritrova in fuga senza sapere il perché, braccato da quello che un tempo era un suo amico per un crimine di poco conto. Pat Garrett. d'altro canto, è ritratto inizialmente come un tutore della legge spietato, pronto a massacrare chiunque si frapponga tra lui e la sua preda; i suoi metodi sono violenti e vili, caratterizzandolo come un antieroe ancora più immorale della sua controparte.
Una visione romantica che si riallaccia direttamente alla tradizione. Finché qualcosa cambia. La coincidenza tra le storie di Billy e Rio porta ad un avvicinamento tra i due, con la confessione del primo del dolore che lo attanaglia sin da giovanissimo, da quando ha intrapreso la carriera di criminale. Un peso dato dal peccato, da quel sentimento di pentimento costante eppure impossibile da abbracciare, non in un mondo violento e aspro come quello in cui è chiamato a muoversi. Billy diventa così figura tragica, la cui morte codarda altro non è se non un amplificatore di quella esistenza balorda dalla quale non è riuscito ad emanciparsi.
Garrett, d'altro canto, finisce per essere l'ancora di salvezza, un tutore della legge chiamato a vestire nuovamente i panni della figura paterna per ridare la vita ai giovani protagonisti. Ma su tutto aleggia un tono mortifero, una coltre di dannazione che non risparmia nessuna e che si configura come unica possibile catarsi per un pugno di personaggi chiamati a sporcarsi le mani quotidianamente pur di sopravvivere.
La rilettura, benché non originale, riesce lo stesso a convincere grazie al tono secco, mai apologetico o inutilmente spettacolare. D'Onofrio tuttavia, non sempre controlla la messa in scena, abbandonandosi talvolta ad uno stile sciatto, reso indigesto da un montaggio impreciso, che taglia con l'accetta molte sequenze. Senza contare come l'epilogo, con la sua nota positiva in coda agli eventi, risulti posticcio, del tutto ingiustificato da quanto visto in precedenza.
Se il racconto finisce per funzionare è, di conseguenza, merito più che altro dello script e del cast, che risolleva le sorti di un film interessante, anche se non memorabile.
Nessun commento:
Posta un commento