con: Sheri Moon Zombie, Bill Moseley, Sid Haig, Richard Brake, Danny Trejo, Jeff Daniel Phillips, Pancho Moler, Dee Wallace, Clint Howard, Kevin Jackson, Tracey Leigh, Sylvia Jeffries, Emilio Riviera, Austin Stocker.
Usa 2019
Avevamo lasciato i Devil's Rejects 14 anni fa, su una stradina di campagna, fiondati a mille kilometri all'ora verso il mito, in un'elegia del cinema horror reminiscenza de "Il Mucchio Selvaggio". Una morte che li elevava a icone di un cinema oramai e per la prima volta crepuscolare, ultimi eroi di un "genere" già allora morente. E nel frattempo molte cose sono cambiate: il successo della Blumhouse e della sua filosofia di horror a basso budget è riuscito a ridare linfa vitale al cinema d'orrore americano, almeno su di un piano squisitamente produttivo. Rob Zombie, dal canto suo, ha avuto una carriera di tutto rispetto, imponendosi come l'ultimo vero autore del cinema di tale genere. Ma la nostalgia verso quel branco di cannibali sboccati era forse troppa per resistere. Bruciata l'opportunità di trasportali nel simil torture porn "31", Zombie riesuma i suoi eroi per un ultima cavalcata, divertente ma, purtroppo, non all'altezza delle aspettative.
Crivellati da decine di colpi a testa, Baby (Sheri Moon Zombie), Otis (Bill Moseley) e il capofamiglia Capitan Spaulding (Sid Haig, nella sua ultima apparizione) riescono miracolosamente a sopravvivere alla loro cattura da parte delle forze dell'ordine. Otis e Spaulding vengono condannati a morte, sentenza eseguita però solo verso quest'ultimo; Baby è invece dichiarata folle e rinchiusa a vita in un manicomio criminale.
Dopo dieci anni dietro le sbarre, Otis riesce a fuggire grazie all'intervento del fratellastro Wilson "Wolfman" Coltrane (Richard Brake). I due riescono poi a liberare la sorella e fuggono in Messico, dove un altro confronto li attende...
Se con il capitolo precedente Zombie glorificava i suoi personaggi, ora si scontra con il lascito di quel mito. Scoperti i loro crimini, saliti alla ribalta durante il processo, i Firefly divengono celebrità, come successo con Charles Manson e Ted Bundy. Sapulding, in particolare, diviene perfetta maschera del circo mediatico che trasforma gli assassini in superstar, recitando un monologo che riporta alla mente quelli dei coniugi Knox di "Natural Born Killers", ma anche quelli di Amanda Knox.
Ma la critica, sottile e mai furibonda, verso una popolazione ammaliata dalla figura del male viene relegata al solo primo atto, in un film diviso in tre capitoli quasi a sé stanti.
Il secondo concerne solo la vendetta dei "3 dall'Inferno" verso i loro carcerieri, ed è qui che Zombie mostra il suo lato più anticonvenzionale. Le scene del massacro presso l'abitazione del direttore del carcere e della fuga dall'ospedale psichiatrico, così come quella del pestaggio fallito, vengono letteralmente smontate e rimontate in fase di montaggio, spezzettate in vere e proprie "schegge di follia omicida" che esplodono improvvisamente su schermo, per poi essere contestualizzate solo in un secondo momento. L'effetto è straniante e riesce a rendere la cattiveria dei personaggi ancora più feroce.
Peccato che, nel terzo atto, storia e messa in scena scadano nel convenzionale.
Come i pistoleri di Peckinpah, anche i cannibali di Zombie si spostano verso sud, oltre quel confine con il Messico che promette salvezza e libertà, solo per rivelarsi anch'esso ispido di violenza. Ma il confronto con una nemesi simile allo sceriffo Wydell del film precedente appare puramente pretestuosa, balzando fuori all'improvviso in una chiara carenza di idee. E l'esecuzione del massacro finale è meccanica e priva dell'ispirazione, nonché priva della brutalità che ha sempre contraddistinto i personaggi. Persino l'epilogo è fuori luogo, con quella camminata sgraziata in teoria trionfante, in realtà frettolosa conclusione degli eventi.
Anche a causa del budget ristretto, lo stile di Zombie si fa più secco; al bando lunghi e sinuosi movimenti di macchina, ora la messa in scena si compone esclusivamente di inquadrature sghembe, primi piani strettissimi e campi medi che incorniciano solo i corpi dei personaggi, tutti ottenuti con camera multipla; la plasticità cede il posto definitivamente al montaggio spezzato, il quale si rivela scelta felice quando si tratta di ritrarre l'efferatezza degli omicidi, ma decisamente anticlimatica durante la scena d'azione finale, la quale risulta si brutale, ma anche priva di vera tensione, divenendo subito fredda.
Manca, in definitiva, la vera ispirazione, come se Zombie avesse perso il feeling verso le sue amate creature, richiamate solo per un'ultima (ma si spera non ultima in definitiva) avventura, decisamente non altezza dei capitoli precedenti, né dei migliori esiti di un autore ancora oggi sin troppo sottovalutato.
Già, grossa delusione :(
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