di Christopher Nolan
con: Christian Bale, Tom Hardy, Anne Hathaway, Gary Oldman, Joseph Gordon-Levitt, Michael Caine, Morgan Freeman, Matthew Modine.
Azione
Usa (2012)
---SPOILERS INSIDE---
Se con il precedente "Il Cavaliere Oscuro" (2008) Nolan era riuscito nell'ardua impresa di coniugare esigenze spettacolari ad un racconto squisitamente d'autore, con "Il Ritorno" imbastisce un'opera dalle pretese, se possibile, ancora più ambiziose: un kolossal che affonda saldamente le sue radici nella matrice fumettistica per farsi specchio deformante della realtà; impresa titanica, che malauguratamente fallisce miseramente proprio a causa del poco e superficiale impegno profuso nella sua realizzazione.
Per imbastire il palinsesto della trama, Nolan e Goyer si rifanno a due degli story-arc più importanti dell'intera vita editoriale di Batman: "Knightfall", per il confronto tra Batman e il villain di turno, Bane, e sopratutto "No Man's Land", la "saga del terremoto" che alla fine degli anni '90 scioccò tutti i lettori del Crociato Incappucciato; ambientato circa 8 anni dopo la fine della precedente pellicola, "The Dark Knight Rises" (il titolo italiano non permette di cogliere la citazione tratta da "The Dark Knight Returns" di Miller) si stacca clamorosamente dalla storia principale de "Il Cavaliere Oscuro", ignorando del tutto la figura del Joker (qui neanche nominato) per riprendere solo la sottotrama sulla trasformazione di Harvey Dent; per evitare la condanna dell ex procuratore da parte dell'opinione pubblica, Batman si addossa gli omicidi dei polizziotti corrotti, divenendo una sorta di nemico pubblico n°1; l'astio verso il giustiziere permette il varo di un decreto ad hoc ("Decreto Dent") che prevede il carcere duro per tutti i criminali, rinchiusi ora nel penitenziario di massima sicurezza di Blackgate; Bruce Wayne (Bale) decide così di ritirarsi a vita privata e trincerarsi nella sua villa; sarà suo malgrado costretto a indossare di nuovo la maschera e il mantello quando il mercenario Bane (Tom Hardy), nuovo capo della Setta delle Ombre, decide di ultimare il vecchio piano di Ras Al'Ghul: la distruzione di Gotham City, ora simbolo del capitalismo impazzito.
Con una consapevolezza ancora maggiore del personaggio e delle sue possibili implicazioni, Nolan tenta lo spaccato sociale e lo mischia con un'ulteriore crescita interiore di Batman; ora il giustiziere mascherato deve fare i conti con il dolore fisico: non solo quello inflittogli dal confronto con Due Facce e dal massacrante duello con Bane, ma anche quello provato in passato, quel dolore che lo ha reso forte, ma al contempo insensibile al punto di non temere più la morte; mancanza di paura che si rivela un difetto fatale, perchè lo porta a sottovalutare i suoi avversari; Batman deve quindi fare i conti con sé stesso, con ciò che ha guadagnato e che ha perso, per poter tornare davvero a rappresentare un simbolo di speranza.
Tuttavia, i forti difetti narrativi che affliggono la sceneggiatura sono evincibili già da una lettura superficiale della trama: si parte da un incipit debolissimo, dove si da per scontato che basti una semplice legge per ripulire dal crimine le strade, come se tutta la retorica fatta a partire da "Batman Begins" sull'impossibilità di abbattere il crimine organizzato con mezzi ordinari sia andata perduta; poco credibile è anche la figura di Batman, che per 8 lunghi anni si ritira nel suo antro come se nulla fosse; credibilità che si infrange totalmente una volta che la storia prende il via: molti dei fatti e delle situazioni mostrate cozzano clamorosamente con il tono serio e realista con cui Nolan ammanta, al solito, tutto il film; davvero non si riesce a credere alla guarigione "miracolosa" di Batman durante la sua prigionia nel Pozzo, e ci si interroga su come possa correre e saltare nonostante una ferita alla gamba che lo immobilizza per tutto il primo atto; si stenta a credere alla rivolta popolare che infiamma tutto il secondo atto, che prende vita dalla lettura di un pezzo di carta scritta a mano da Gordon, in cui confessa la vera natura di Harvey Dent; si arriva finanche a ridere per un finale in cui un'esplosione nucleare colpisce la costa di Gotham senza nessuna conseguenza di sorta, come se si trattasse di un petardo esploso per sbaglio; quando poi nel finale si decide di far ricorso alla violenza estrema e finanche autocompiaciuta per sconfiggere i cattivi, mandando alle ortiche tutto il discorso antimanicheo visto durante il confronto tra Batman e Joker nel precedente film, la sensazione di scherno di cattivo gusto è davvero difficile da scacciare. Delude persino la caratterizzazione, scialbissima, delle figure di contorno: da Alfred che abbandona di punto in bianco il suo figlio putativo ad un Lucius Fox evanescente, che entra ed esce di scena senza continuità, passando per il personaggio di Miranda Tate, puramente riempitivo anche quando svela la sua vera identità; senza contare l'inutile aggiunta al cast di Matthew Modine, il cui personaggio dovrebbe incarnare un idea di giustizia che ha perso la sua natura, adagiandosi all'utilitarismo più futile per poi redimersi nello scontro finale: tutto molto significativo... sulla carta, in immagini risulta tutto raffazonato.
I risvolti politici della storia sono forti e ben rappresentano la società attuale, totalmente dipendente dalla finanza informatizzata; l'assalto alla borsa di Gotham dovrebbe rappresentare la disanima di una possibile forma di rivolta da parte dei gruppi organizzati ("Occupy Wall Street" et similia) contro lo strapotere della finanza; così come la ribellione che Bane innesca nel secondo atto vorrebbe essere una riflessione sul concetto stesso di rivoluzione sempre più simile al terrorismo (e qui i paragoni con "V per Vendetta" si sprecano) e su come questa possa rivoltarsi contro i propri stessi fautori; la dissezione della follia totalitaria è lucida e visionaria: alcune trovate sono a dir poco geniali, come la liberazione dei prigionieri di Blackgate, novella Bastiglia, o i processi di popolo, con il dittatore/liberatore tenuto in disparte e il giudizio condotto da un magistrato d'eccezione: lo Spaventapasseri, ossia l'incarnazione stessa del concetto di paura; tuttavia, anche qui ogni forma di credibilità viene azzerata da una sceneggiatura contraddittoria: il vero fine di Bane e della Setta delle Ombre non è la vendetta sociale, ma la distruzione totale ed indiscriminata; lo spettatore conosce il retroscena fin dal prologo, e sa che l'esplosione atomica rende vana ogni forma di rivincita sociale; risulta impossibile inquadrare così gli atti dei rivoltosi come realmente rivoluzionari, e le loro azioni da machiavelliche ben presto si palesano come semplicemente malvagie, dunque impossibili da considerare come metaforiche.
A deludere maggiormente è però il piglio registico di Nolan; abbandonata la cura estrema per i dettagli e il gusto per il montaggio alternato de "Il Cavaliere Oscuro", qui Nolan si limita a girare inseguimenti e fughe senza guizzi, con un montaggio lineare ed un ritmo neanche troppo elevato, svolgendo il tutto come un compitino scipito, che non stupisce né emoziona; persino la direzione del cast risulta lacunosa: Bale, per la terza volta nei panni dell'Uomo Pipistrello, al pari di Nolan si limita a svolgere il suo compito senza particolare convinzione, non riuscendo mai a dare al personaggio il carisma necessario; Joseph Gordon-Levitt (che insieme a Tom Hardy, Marion Cotillard e Michael Caine aveva già lavorato con Nolan nel precedente "Inception") dà vita ad un personaggio non semplice (il poliziotto innamoratosi del "lato oscuro" di Batman) senza però riuscire a colpire, nemmeno quando decide di andare al di là della legge, in una catarsi che ricorda il finale di "Ispettore Callaghan il caso Scorpio è tuo!", sfiorando il cattivo gusto.
Per fortuna il resto del cast riesce a stupire; Michael Caine, in primis, qui ridotto ai limiti della comparsa, buca lo schermo dando vita ad un Alfred complesso e dilaniato dai sensi di colpa; Anne Hathaway, negli attillatissimi panni di Catwoman, riesce ad essere sexy e al contempo a donare credibilità ad un personaggio ai limiti della caricatura; Oldman riesce a rendere drammatico un Gordon mai così piatto sulla carta; ma su tutti a farla da padrone è Tom Hardy: recitando sempre con la maschera in volto, Hardy dà vita ad un villain inquietante, a cui dona un carisma smisurato usando solo gli occhi e le spalle, come un moderno Douglas Fairbanks jr.; per la prima volta in un film, Bane perde ogni connotazione ridicola e cartoonesca e vive nella sua caratterizzazione originaria di cattivo spietato e dall'intelligenza sopraffina, a cui Nolan concede persino un tocco di romanticismo miracolosamente mai fuori luogo, anche grazie alla bravura di Hardy.
A conferire vero spettacolo restano un prologo adrenalinico come davvero non se ne sono visti da anni sul grande schermo, e sopratutto il duello tra Batman e Bane a metà film: duro, violento e magnificamente immerso nelle tenebre grazie alla superba fotografia di Wally Pfister, è un combattimento tra bene e male in cui l'esito non è scontato e proprio per questo riesce a colpire; merito della perfetta coreografia e dello stile plastico di Nolan, che solo qui si ripresenta prepotente, a ricordarci che sotto sotto è ancora un autore capace di stupire.
Spiace dirlo, ma l'epilogo della trilogia del "Cavaliere Oscuro" è anche il capitolo più deludente: superficiale nei contenuti e sciatto nella forma, resta comunque una spanna sopra la media del kolossal americano medio, che surclassa per stile ed intelligenza; anche se di fronte alla povertà di pellicole quali "The Avengers" o "Battleship" non è che ci voglia poi tanto a fare la "figura d'autore".
EXTRA:
Ah! Quindi l'ha diretto Nolan per davvero!
Una volta rinchiuso nel Pozzo, Batman fa amicizia con questo prigioniero:
Lo riconoscete? Proviamo con una foto di qualche anno fa:
Esatto: è Tom Conti, il Mr.Lawrence di "Furyo" (1983); in pratica: il buon vecchio colonnello, rilasciato dai Giapponesi, si è fatto acciuffare dalla Setta delle Ombre; dopo trent'anni di prigionia è finalmente riuscito ad allacciare un rapporto umano con un altro prigioniero:
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