venerdì 17 dicembre 2021

Diabolik

di Antonio & Marco Manetti.

con: Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastandrea, Claudia Gerini, Alessandro Roja, Serena Rossi, Roberto Citran, Luca Di Giovanni.

Noir

Italia 2021
















Aspettando che la Bonelli decida di dare forma filmica concreta (e dignitosa) ad una qualsiasi delle sue proprietà intellettuali, a cercare di tenere vivo il filone dei comic-movie in Italia ci pensa, come al solito, il Re del Terrore, che dopo una travagliatissima gestazione, un vero e proprio development hell durato quasi dieci anni, torna in sala a quasi 60 anni dall'exploit di Mario Bava.
Ad avere l'onore e l'onere di rendere giustizia al ladro in nero delle sorelle Giussani, alla fine l'hanno spuntata i Manetti bros., che con un occhio agli albi originali e uno al loro ormai classico stile, creano una storia divertente che, tutto sommato, rende giustizia al mito a cui si ispira.


Storia che viene divisa in due parti. Nella prima assistiamo all'incontro tra Diabolik e Eva Kant, al loro corteggiamento, soprattutto alla creazione del mito di Diabolik, con la sua fama di "mostro" che lo precede, con una costruzione da thriller dove la regia strizza l'occhio proprio a Bava e alla sua rielaborazione delle influenze hitchcockiane.
Nella seconda, più ritmata, viene ricostruito il primo colpo del Re del Terrore con la sua bionda femme fatale, in un heist movie talmente puntuale nella costruzione da divenire quasi parodistico, anche se diretto con una forma di serena serietà.


E' proprio lo stile dei Manetti a conferire a tutta l'operazione un'aura di originalità. 
La recitazione dei personaggi secondari è volutamente teatrale, caricata sino al caricaturale, trasformandoli in macchiette dalla sicura piattezza, ma dalla grande espressività. Di tutt'altro calibro e direzione sono invece le performance dei tre protagonisti. Marinelli come al solito sorprende con un'interpretazione laconica, trattenutissima: il suo Diabolik parla poco e non lascia trasparire emozioni, è una macchina dedita al furto che, come in un polar, lascia le emozioni sepolte sotto una maschera di inespressività. Eva Kant, nelle mani di Miriam Leone, diventa una donna in cerca di emozioni forti, controaltare espressivo allo stoicismo del partner; e perfino Valerio Mastandrea per una volta perde la sua proverbiale espressione annoiata (forse perché non deve interpretare il fratello malato di Marco Giallini per l'ennesima volta) e crea un Ginko pacato ma implacabile, perfettamente credibile e riuscito.



La storia bene o male funziona, sia per i neofiti che per gli appassionati: i primi riusciranno davvero ad apprezzare in pieno la statura iconica del personaggio, i secondi ritroveranno tutti i suoi punti di forza. E dare quel qualcosa in più, ci pensa lo stile.
I Manetti ricreano la fine degli anni '60 in modo efficace, con una tendenza estetizzante attentissima ai costumi e alle scenografie, tutte rigorosamente d'epoca. Complice anche la scelta di lasciare le ambientazioni originali, "Diabolik" finisce così per vivere in un limbo fuori dal tempo e dallo spazio, come il "Batman" di Burton, trovando una propria cifra stilistico estetica che ha un unico limite nella scelta, azzardata e perdente, di usare la camera a mano per le sequenze dialogiche, persino nei master, che fa scadere in parte l'efficacia stilistico-estetica.
Piuttosto che abbracciare il campo come faceva Bava, i Manetti conducono la storia in modo serio, lascinado che siano le singole situazioni a conferire un'aura ironico al tutto; e la sensazione di esagerazione viene restituita anche dall'ottimo registro musicale, perfettamente d'antan nello score e con canzoni che sembrano davvero uscite da un juke-box dell'epoca. Pur tuttavia, la giustapposizione tra serietà ed estetizzazione crea un effetto che può essere recepito come straniante.


Ne consegue un film anomalo, un comic-movie che rende giustizia alla fonte, ma che a causa del suo stile particolare potrebbe risultare indigesto al pubblico meno preparato. Il che è un peccato, perché il lavoro svolto dai Manetti è in un certo senso inappuntabile e trasuda amore per la cultura popolare da ogni fotogramma.

Nessun commento:

Posta un commento