di Aaron Horvath,Michael Jelenic e Pierre Leduc.
Animazione/Fantastico/Commedia
Stati Uniti, Giappone 2023
Ci sono voluti oltre vent'anni per convincere la Nintendo a concedere i diritti di sfruttamento cinematografici di una delle sue proprietà intellettuali e giusto giusto 30 per rivedere Super Mario al cinema. Nel frattempo, il filone dei "videogame movies" ha raggiunto il nadir ed è anche risalito, grazie in primis al "Silent Hill" di Christophe Gans e agli ottimi esiti al botteghino dei film su Sonic. I tempi per un ritorno sono maturi e, in un certo senso, Mario lo fa in grande stile, con un film d'animazione targato Illumination Studio che finalmente ne porta su grande schermo il mondo ameno e colorato in tutto il suo splendore. Ma questa nuova incarnazione filmica della mascotte Nintendo alla fin fine non è nulla se non giusto quello che ci si può aspettare da un film su Super Mario fatto dai creatori dei Minions.
L'operazione è chiara sin dal titolo, quel "The Super Mario Bros. Movie" che urla ufficialità a squarciagola, volendo far dimenticare totalmente l'exploit del 1993. E più Super Mario di così, un film davvero non potrebbe essere: tutti gli elementi estetici dei giochi vengono riproposti in modo diretto, dal design dei personaggi e dei mondi ai movimenti, arrivando persino ad includere i kart e i trucchi usati nei giochi per avvicinarsi alla vittoria. Oltre, ovviamente, ad una miriade di riferimenti, citazioni e easter egg dal mondo della Nintendo, il più gustoso dei quali è il ruolo di Jump Man, la prima incarnazione di Mario.
Passione che fa il paio con una regia che, pur essendo di puro mestiere, non ha sbavature e riesce a convogliare in modo efficace lo stile frenetico dei videogame.
Peccato però che ad una tale presentazione non corrisponda una cura nella storia e nei personaggi altrettanto certosina.
Per tutta la durata si ha l'impressione di assistere ad un film dove la sceneggiatura è una semplice bozza mai sviluppata. Gli elementi per creare un'avventura memorabile ci sono tutti, ma vengono sempre lasciati in fase embrionale, a partire dalla caratterizzazione dei personaggi.
Mario viene introdotto come un fratello maggiore ambizioso e amorevole nei confronti del più piccolo Luigi e che deve sopportare le angherie di un rivale più grosso di lui; base che sembra doversi sviluppare verso una catarsi quando sarà chiamato ad affrontare il gigantesco Bowser, ma che nel corso della durata del racconto viene letteralmente dimenticata.
Donkey Kong viene introdotto come un rivale che ha a che spartire con il protagonista la subordinazione verso la figura paterna e la loro amicizia sembra cementificarsi grazie al comune scorno, oltre che alle avversità che vengono chiamati ad affrontare, ma la sottotrama dove vengono isolati dal resto del gruppo (con tanto di citazione del "Pinocchio" di Collodi) dura troppo poco e non sviluppa nulla per davvero, con i due che alla fine diventano amici solo perché è quello che serve alla storia per proseguire.
Luigi e Peach si invertono i ruoli, con il primo che diventa il personaggio da salvare e la seconda che ne prende il posto come compagno d'avventura di Mario. Trovata che funziona, ma che è stata dettata dallo zeitgeist più che da una scelta ponderata.
L'unico personaggio a risultare davvero sfaccettato finisce per essere, per forza di cose, Bowser, il "cattivone innamorato" che si esibisce in serie di numeri musicali alla Elton John che lo rendono davvero simpatico.
Il viaggio di Mario e Peach, in compenso, è lineare e privo di mordente, anche perché tutto il background della storia è praticamente assente, con il "tubo warp zone" situato nel sottosuolo di Brooklyn e le origini della principessa che non trovano spiegazione alcuna nei 93 minuti di durata.
In generale, tutta la storia è un pretesto per far muovere personaggi dalla caratterizzazione basilare e dai conflitti puramente simbolici; e il fatto che l'audience di riferimento sia data dagli infanti, sembra anche inutile dirlo, non è una scusa per l'aver adoperato uno script palesemente monco.
A rendere la visione piacevole è così il solo mestiere del collaudato trio di registi, due dei quali vengono da Cartoon Network mentre il terzo è uno dei pilastri della Illumination; come da tradizione dello studio, il tutto viene impregnato da una serie di rimandi pop gustosi, a questo giro calati negli anni '80 come omaggio alle origini del personaggio. Anche l'umorismo funziona, benché si decida inspiegabilmente di riciclare qualche gag, come quello dello scontro tra i pinguini e Bowser riutilizzata nello scontro tra Mario e Donkey Kong.
Il tutto finisce così per funzionare, ma mai per stupire o ammaliare davvero. Paradossalmente, il film del '93 risulta così per essere più simpatico e memorabile, grazie ad una storia completa e ad un umorismo decisamente più particolare, sia quando pensato per gli adulti che per i bambini.
Alè! XD
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