con: Millie Bobby Brown, Chris Pratt, Stanley Tucci, Giancarlo Esposito, Woody Norman, Ke Huy Quan, Woody Harrelson, Jason Alexander, Anthony Mackie.
Fantastico/Avventura
Usa 2025
---CONTIENE SPOILER---
Con circa 320 milioni di dollari di budget, The Electric State è la produzione Netflix più costosa di sempre. Un budget da kolossal da sala che invece è stato dato ad un prodotto riversato direttamente nella rete dello streaming per chissà per quale ragione.
Perché, a differenza del quasi coevo Uno Rosso, la megaproduzione della N rossa ha dalla sua dei valori produttivi che quasi ne giustificano la spesa astronomica: questo bizzarro mondo retrofuturistico, uscito dalla penna di Simon Stålenhag, sul piano visivo riesce davvero a convincere. Peccato però che per il resto l'exploit dei fratelli Russo faccia acqua da tutte le parti.
Sono gli anni '90 di un mondo alternativo. Walt Disney ha praticamente inventato dei robot tuttofare, i quali nel corso degli anni si sono evoluti sino all'autocoscienza. La guerra con gli umani, ovviamente, non è tardata ad arrivare.
In questo contesto, il giovane genio Christopher (Woody Norman) sostiene un test che ne qualifica il QI come fuori dall'ordinario. Anni dopo, a guerra finita, sua sorella Michelle (Millie Bobby Brown) vive i rottami di una vita segnata dal lutto per la perdita dell'intera famiglia, Questo finché uno strano robot non le si presenta in casa dicendo di essere suo fratello. I due iniziano così un viaggio verso la zona nella quale gli automi sono stati confinati, aiutati dal riluttante contrabbandiere Keats (Chris Pratt).
Uno script che (probabilmente come il romanzo che ne è alla base) presenta tutti i luoghi comuni e le annesse ingenuità della tipica narrazione sullo scontro tra uomo e macchina, con in più alcune di inedite.
Ci si chiede come sempre perché gli esseri umani non si limitino a "spegnere" i robot, visto che in questo caso non sono che delle semplici mascotte semoventi. Perché, a guerra, finita, decidano di confinarli tagliando fuori dal mondo una parte degli Stati Uniti, quando ben avrebbero potuto rottamarli. Perché la superiorità bellica umana passi attraverso l'uso dei droni, praticamente degli androidi pilotati da remoto con un visore VR, quando avrebbero potuto imbracciare le stesse armi con le proprie braccia.
Scenario poco credibile che fa il paio con una costruzione della storia che procede di forzatura in forzatura. Si parte con Michelle che impiega letteralmente tre secondi per convincersi che l'automa che le ha invaso caso sia suo fratello, nonostante questi non riesca neanche a parlare. Si continua con un Keats che si unisce al duo praticamente perché si e con una protagonista che prima ammette di non saper guidare un'automobile, ma poi non ha problemi a schiantare un bulldozer contro i nemici. Si arriva ad un finale dove per aumentare il tasso di drammaticità si decide come l'unica soluzione sia quella di uccidere il vero corpo di Christopher, quando sarebbe bastato estromettere il vero villain Ethan Skate, sorta di fusione tra Jeff Bezos e Mark Zuckenberg fautore del sistema di controllo VR del quale il cervello di Christopher è praticamente un mainframe.
Qualche spunto sci-fi intrigante c'è, come appunto l'idea di un cervello umano usato come strumento computazionale e persino l'uso dei droni-soldato, ma il tutto è annacquato da una serie di banalità disarmanti.
C'è il trito e ritrito discorso su come i veri umani siano coloro che provano empatia verso il prossimo, c'è l'atto d'accusa verso un'umanità che predilige dichiarare guerra ad una minoranza piuttosto che riconoscerne i diritti, ma senza che gli automi diventino mai davvero la metafora di qualcosa di concreto nonostante siano confinati in un deserto dietro un muro (manco i Russo ci credono davvero, evidentemente), c'è persino un timidissimo accenno a come l'abuso della realtà virtuale porti alla disintegrazione dei rapporti umani, ma nulla diventa mai davvero il focus di un film che vuole essere principalmente un'avventura escapista d'antan, da cui il setting ucronico e timidamente nostalgico. Tanto che a tratti sembra di vedere una sorta di Ready Player One che però non crede davvero in quello che fa e che dice.
Anche nella costruzione del semplice racconto avventuroso, The Electric State fallisce proponendo uno script abbozzato, che procede di spiegazione in spiegazione, con un nuovo personaggio che fa procedere l'esilissima trama ad ogni fermata, in una formula artificiosa e prevedibile.
Il colpo di grazia definitivo lo infligge la direzione dei Russo. Fortunatamente, i tempi di The Grey Man e del dittico su Thanos sono lontani e i due prediligono una messa in scena che non sia fatta solo in postproduzione. Ma la loro regia manca costantemente di tensione e le scene clou proseguono senza che ci siano brividi o vero coinvolgimento: tutto scorre in modo freddo a causa di una costruzione che manca di mordente.
Questo anche a causa dell'estrema blandezza dei personaggi. La Michelle di Millie Bobby Brown è l'abbozzo di uno stereotipo sulla Gen X e, spiace dirlo, lei è fuori parte, visto che pur ad appena 20 anni è fisicamente improbabile come adolescente. Keats è praticamente uno Star Lord che come compagno di avventure ha un robottino anziché un cyberprocione umanoide. Skate è la quintessenza dell'imprenditore malvagio, mentre l'integerrimo sceriffo Bradbury di Giancarlo Espostio il classico gerarca di ferro ma dall'indole incorruttibile, praticamente una parata di figure viste ovunque. E persino quel piccolo automa giallo che si esprime solo tramite frasi pre-registrate non può che riportare alla mente Bumblebee, facendo salire il tasso di vecchiume alle stelle.
Quanto alla spettacolarità, la situazione è complicata. Perché gli effetti speciali risultano davvero convincenti in ogni singola inquadratura, ma le scene d'azione sono sempre rigorosamente dirette con il pilota automatico: non c'è inventiva, non c'è verve, tutto è freddo, quindi nulla risalta, nulla è davvero spettacolare.
The Electric State è così un compitino ben fatto sulla superficie, che tuttavia cela un'incredibile mancanza di idee nel profondo. Un blockbuster che di grande ha praticamente solo i numeri e dove tutto, ma proprio tutto sa di già visto.
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