di Ryan Coogler.
con: Michael B.Jordan, Miles Caton, Hailee Steinfield, Delroy Lindo, Tenaj Jackson, Omar Benson Miller, Jack O'Connell, Yao, Li Jun Li, Lola Kirke, Saul Williams.
Horror
Usa, Australia, Canada 2025
---CONTIENE SPOILER---
Nell'ottica de I Peccatori, cos'è davvero il peccato e chi sono i veri peccatori?
E' da tale quesito che bisogna partire per comprendere davvero il lavoro di Ryan Coogler, nuovamente portato avanti dal corpo statuario di Michael B.Jordan.
Un lavoro che nasce da un'esigenza sentita, quella di emanciparsi dal cinema mainstream per ritrovare un dimensione più personale, in questo caso quella della contaminazione tra generi e registri, usati, ribaltati e fusi per portare in scena una metafora sicuramente abusata, ma non per questo disprezzabile. Un cinema a là Jordan Peele, per intenderci, che contamina horror metaforico con inserti grotteschi, nel quale si cimenta dimostrando però tutti i limiti possibili.
1932. I gemelli Smoke e Stack (Michael B.Jordan) tornano nel natio Mississippi dopo aver fatto fortuna nella malavita di Chicago. Dollari alla mano, aprono un juke joint per soli neri e arruolano come musicista il cugino Sammie (Miles Caton), vero e proprio talento della chitarra blues. Ma nei dintorni si aggira un vampiro (Jack O'Connell) stranamente attratto dalla musica afroamericana.
La musica è il perno essenziale del racconto di Coogler. La musica come fil rouge universale in grado di unire le culture e di trascenderle, la musica come strumento sciamanico per raggiungere vette di coscienza più alta. Non per nulla, il film si apre direttamente con un rimando alla figura del cantore, statuendo come alcune melodie siano in grado di trascendere il confine tra il mondo immanente e quello sovrannaturale.
La musica è in grado di unire, la musica è in grado di abbattere ogni barriera. E' per questo che è stato facile per i bianchi assimilare il blues, è stato facile, storicamente parlando, appropriarsene e rimodellarlo alle proprie esigenze. I peccatori sono dunque in primis coloro i quali hanno spogliato un popolo di una loro identità per omologarlo a sé, coloro che ne hanno "vampirizzato" lo spirito originario.
Nell'ottica del film, i peccatori sono così tanto i bianchi del Ku Klux Klan che perseguitano gli stessi neri dei quali ballano le note, quanto i Cristiani che sottomisero mezzo mondo in passato: il vampiro è irlandese e nel finale ricorda come il suo popolo venne sottomesso e culturalmente colonizzato; i più attenti sapranno poi come fossero stati proprio gli Irlandesi i primi "schiavi" in America, prima dell'inizio della tratta umana dall'Africa.
I peccatori sono poi ovviamente coloro che cedono al male. In ogni cultura esiste un discrimine tra bene e male in senso assoluto e tutti i personaggi del film sono, a loro modo, peccatori. I gemelli sono due gangster figli di un padre violento, l'innocente Sammie è un fedifrago irredento, il vecchio musicista Delta Slim è un alcolizzato perso. Senza contare come praticamente tutti i bianchi siano membri del Klan. Forse l'unico personaggio privo di vere macchie è la Mary di Hailee Stainfield, la quale è però anch'ella moglie infedele. Ed è proprio quando Coogler trasla il concetto di peccato nel campo strettamente personale che il discorso comincia a sfaldarsi.
Perché suonare la musica blues è atto di ribellione contro il conformismo imposto da una cultura alla quale non si appartiene anche in un contesto che riesuma le radici "diaboliche" del genere. Ma la chitarra usata da Sammie apparteneva al padre del gemelli, un uomo la cui malvagità ha plasmato gli aspetti peggiori dei figli. L'abbraccio di quel simbolo, in un contesto dove si dice chiaramente che il male può essere trasmesso in linea diretta, non è solo ribellione, non è solo assimilazione di un peccato inteso nel modo romantico del termine, quanto anche accettazione di un male oggettivo e non strettamente correlato né all'arte, né alla cultura.
Per essere artisti bisogna abbracciare la propria parte peggiore? Coogler non sembra voler dire davvero questo, nonostante i dialoghi vertano spesso sull'infelicità causata da una vita dedita all'arte. Perché se così fosse, il vampiro non avrebbe valenza totalmente negativa.
Nel mondo descritto, invece, esistono un bene e un male assoluti, ma solo quando ciò porta convenienza. Tanto che persino la comunità dei vampiri, la quale abbraccia ogni colore e ogni cultura, viene sempre e comunque descritta come negativa, quasi un insulto al multiculturalismo moderno. E se per l'affermazione individuale di un afroamericano è necessario abbracciare il peccato e superare quella dicotomia tra bene e male che un religione estranea hanno imposto, non si capisce perché i protagonisti non abbraccino la proposta del vampiro e la sua idea di società. Una società, questa, che nasce proprio in opposizione a convenzioni che hanno distrutto culture e individui. La risposta è in realtà semplice: perché nella visione di Coogler, il vampiro è il bianco e il bianco ha sempre torto, ma ciò crea inevitabilmente una contraddizione interna al sistema di metafore.
Si potrebbe così etichettare tale sistema come malriuscito, ma l'impressione che si ha guardando il film è più semplicemente quella di una mancanza di corretta articolazione. Come in Black Panther, anche qui Coogler dimostra di non saper maneggiare a dovere le metafore e finisce per creare un film che potrebbe persino essere scambiato per conservatore (non per nulla, è sempre bene ricordare come il primo Black Panther fosse praticamente un film reazionario).
Quanto ai punti di riferimento cinematografici, inutile negarlo, I Peccatori altro non è se non un Dal Tramonto all'Alba rimaneggiato a dovere: inizia come un mix tra dramma e gangster movie, scivola di punto in bianco nell'horror con vampiri che prendono d'assedio un locale notturno, con un paio di criminali che divengono di punto in bianco eroi chiamati a salvare la situazione, anche loro fratelli e anche qui uno dei due viene vampirizzato. Ma se il cultissimo del duo Tarantino/Rodriguez maneggiava a dovere ogni singolo aspetto di tale commistione, Coogler si dimostra più avvezzo a portare in scena il dramma umano che il film d'assedio con i mostri. La prima parte, la lunga preparazione alla serata, nella sua impostazione drammaturgica da romanzo d'appendice riesce a convincere, nonostante Michael B.Jordan abbia dalla sua praticamente solo il fisico da macho.
Quando poi le cose dovrebbero destabilizzarsi e azione e la suspense dovrebbero entrare in scena, Coogler non regge il lavoro e finisce con il dirigere il tutto senza guizzi, senza dare la giusta enfasi all'orrore, senza riuscire a comunicare davvero il senso di disperazione e ineluttabilità del tutto.
I Peccatori resta così un'opera più interessante che riuscita. Un tassello nel nuovo cinema afroamericano che ha le idee chiare, ma che non sa come svilupparle a dovere, finendo per intrattenere in modo fin troppo convenzionale.