lunedì 18 febbraio 2013
Moon
di Duncan Jones
Con: Sam Rockwell, Kevin Spacey, Dominique McElligott, Kaya Scodelario.
Fantascienza
Inghilterra (2009)
Da qualche decennio a questa parte la fantascienza nel cinema ha subito un processo di ibridazione con altri generi che, a differenza di quanto accaduto anche in letteratura, ha portato la stessa ad una metamorfosi completa e alla perdita della sua intrinseca originalità; si pensi ad esempio agli innumerevoli fanta-horror usciti dalla fine degli anni '70 ad oggi (la saga di "Alien" in primis), o agli action con ambientazione futuribile ("Interceptor" o i terribili adattamenti di classici letterari quali "Io, Robot" e "Io sono Leggenda") o, sopratutto, ai fantasy con navi spaziali (l'infinita saga di Star Wars, che, per intenderci, con la fantascienza vera e propria non ha nulla ha che spartire); in sintesi: quello che era un genere strettamente codificato è divenuto l'emblema stesso del postmodernismo nell'accezione peggiore del termine; per fortuna Duncan Jones, figlio del mitologico David Bowie e al suo esordio nel lungometraggio, ci dimostra come la fantascienza "classica" abbia ancora molto da dire.
Ambientato interamente in una stazione mineraria lunare, "Moon" segue le vicende di Sam Bell (Sam Rockwell), unico operio sul satellite; giunto quasi alla fine del suo contratto di lavoro, Sam comincia ad essere preda di attacchi di panico e strane allucinazioni: sta impazzendo o non è davvero solo lassù?
Su una storyline da thriller, Jones innesta una trama totalmente introspettiva: il mistero alla base della storia è svelato nei primi minuti della pellicola; quello che interessa davvero all'autore non è spaventare o intrigare lo spettatore con i soliti mezzucci o con l'originalità dell'ambientazione: Jones scava nella mente del protagonista e nelle sue angosce tramite un percorso che porta lo stesso a confrontarsi con le sue certezze ed i suoi limiti; non ci sono mostri da sconfiggere, nè veri colpi di scena: tutto la vicenda poggia sulle azioni e reazioni del personaggio; Jones, in pratica, ripulisce il genere di partenza da ogni influenza postmoderna: la fantascienza torna ad occuparsi di scenari futuri credibili (la crisi energetica che porta a cercare nuove fonti di risorse) e, sopratutto, dei misteri dell'uomo, della sua natura e della sua identità; la bravura del regista sta anche nell'evitare ogni forma di derivatività: non si rifà mai totalmente ai classici del passato; sebbene possano siano forti le influenze di "2001: Odissea nello Spazio" e sopratutto "Solaris" (quello di Tarkosky, non l'orrido remake con George Clooney), Jones si distacca dai modelli evitando di ragionare per massimi sistemi e restando ancorato alla vita privata del protagonista, ai suoi sogni e alle sue aspettative individuali.
"Moon" è un film coraggioso e riuscito, purtroppo poco conosciuto dal grande pubblico e che per questo merita di essere (ri)scoperto da tutti quello che pensano che la fantascienza al cinema possa generare solo film con robottoni ritardati che fanno battutacce a caso o horror con mostri assortiti.
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