lunedì 18 febbraio 2013

In Time

di Andrew Niccol

 

Con: Justin Timberlake, Amanda Seyfried, Cillian Murphy, Vincent Kartheiser, Olivia Wilde, Alex Pettyfer, Johnny Galecki.

 

Fantascienza

Usa (2011)

 








Usciti (in patria) a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro, "Looper" e "In Time" sono la prova che l'influenza di Philip K.Dick sulla fantascienza sta tornando ad esercitarsi con forza; ma se il film di Rian Johnson altro non è che un hard-bolied con un'ambientazione fantascientifica (avvicinandosi così più a William Gibson che a Dick), quello di Niccol (già sceneggiatore di "The Truman Show" e regista di "SimOne", ove l'influenza di Orwell e Dick è palese) è un film di fantascienza vero e proprio, dove il tema alla base altro non è che una metafora del capitalismo "darwinista" che affligge l'odierna società.



In un futuro prossimo, il denaro viene sostituito dal tempo: ogni essere umano ha un timer incorporato nel braccio che comincia a scorrere a ritroso quando si compiono 25 anni, lasciando un solo anno di vita; per aumentre il tempo a propria disposizione bisogna lavorare; ciò crea una forte disparità sociale: da una parte i ricchi, pressocchè immortali, dall'altra i proletari del ghetto, che letterlamente "campano alla giornata" rischiando di non sopravvivere oltre le dodici ore; il protagonista Will Sales (Justin Timberlake) salva la vita ad un ricco che, stanco della sua plurisecolare esistenza, gli regala più di un secolo; Joe decide così di tentare un'impossibile scalata sociale verso la "Città Alta", dando il via ad una serie di imprevedibili conseguenze.




La metafora del tempo come capitale è di per sè stessa geniale: il denaro permette all'uomo di vivere, di allungare la propria vita; la ricerca spasmodica della felicità altro non è che una lotta per la sopravvivenza per i più poveri, mentre i ricchi, dotati di tutto ciò che un essere umano possa desiderare, sono annoiati dalla vita stessa proprio perchè non hanno mai dovuto combattere per avere ciò che posseggono; il denaro è vita, la vita è tempo: chi non ha tempo muore fisicamente, chi ne ha troppo muore spiritualmente poichè si tramuta in un automa capace solo di accumulare ricchezza; lo status quo di disparità tra chi ha tutto e chi non ha nulla va mantenuto tale: "i molti devono sacrificarsi per l'immortalità di pochi" viene detto nel film, un darwinisimo sociale, appunto, che porta alla totale immobilità delle classi di appartenza, un determinismo vero e proprio, poichè chi nasce ricco vive in eterno, chi nasce povero lo resta per sempre; metafora potente, che oggi come oggi, tra crisi economica, nepotismi assortiti ed incapacità del ricambio generazionale nella classe dirigente, suona ancora più forte.




Niccol dirige la pellicola con mano salda: non si fa tentare dalle scorciatoie propire del cinema di genere anche quando, nella seconda parte, la pellicola si avvicina ai territori del gangster movie; la metafora è presente in ogni scena del film fino alla fine; eppure a tratti sembra che l'autore abbia paura di essere troppo graffiante: molti aspetti che potevano essere approfonditi (la lotta di classe, gli stilemi che la classe dominante usa per mantenere inalterato il suo controllo, la figura del poliziotto) vengono solo accennati, generando un forte senso di mancanza, quasi di vuoto; ed è un peccato perchè con un pizzico di enfasi in più questo "In Time" sarebbe potuto diventare la perfetta distopia moderna.
Quel che resta è comunque una pellicola forte e godibile, sopratutto coinvolgente, anche grazie all'ottima prova del cast, su cui spicca un Justin Timberlake particolarmente ispirato.

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