di Andrew Niccol
Con: Justin Timberlake, Amanda Seyfried, Cillian Murphy, Vincent Kartheiser, Olivia Wilde, Alex Pettyfer, Johnny Galecki.
Fantascienza
Usa (2011)
Usciti (in patria) a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro, "Looper" e
"In Time" sono la prova che l'influenza di Philip K.Dick sulla
fantascienza sta tornando ad esercitarsi con forza; ma se il film di
Rian Johnson altro non è che un hard-bolied con un'ambientazione
fantascientifica (avvicinandosi così più a William Gibson che a Dick),
quello di Niccol (già sceneggiatore di "The Truman Show" e regista di
"SimOne", ove l'influenza di Orwell e Dick è palese) è un film di
fantascienza vero e proprio, dove il tema alla base altro non è che una
metafora del capitalismo "darwinista" che affligge l'odierna società.
In un futuro prossimo, il denaro viene sostituito dal tempo: ogni
essere umano ha un timer incorporato nel braccio che comincia a scorrere
a ritroso quando si compiono 25 anni, lasciando un solo anno di vita;
per aumentre il tempo a propria disposizione bisogna lavorare; ciò crea
una forte disparità sociale: da una parte i ricchi, pressocchè
immortali, dall'altra i proletari del ghetto, che letterlamente "campano
alla giornata" rischiando di non sopravvivere oltre le dodici ore; il
protagonista Will Sales (Justin Timberlake) salva la vita ad un ricco
che, stanco della sua plurisecolare esistenza, gli regala più di un
secolo; Joe decide così di tentare un'impossibile scalata sociale verso
la "Città Alta", dando il via ad una serie di imprevedibili conseguenze.
La metafora del tempo come capitale è di per sè stessa geniale: il
denaro permette all'uomo di vivere, di allungare la propria vita; la
ricerca spasmodica della felicità altro non è che una lotta per la
sopravvivenza per i più poveri, mentre i ricchi, dotati di tutto ciò che
un essere umano possa desiderare, sono annoiati dalla vita stessa
proprio perchè non hanno mai dovuto combattere per avere ciò che
posseggono; il denaro è vita, la vita è tempo: chi non ha tempo muore
fisicamente, chi ne ha troppo muore spiritualmente poichè si tramuta in
un automa capace solo di accumulare ricchezza; lo status quo di
disparità tra chi ha tutto e chi non ha nulla va mantenuto tale: "i
molti devono sacrificarsi per l'immortalità di pochi" viene detto nel
film, un darwinisimo sociale, appunto, che porta alla totale immobilità
delle classi di appartenza, un determinismo vero e proprio, poichè chi
nasce ricco vive in eterno, chi nasce povero lo resta per sempre;
metafora potente, che oggi come oggi, tra crisi economica, nepotismi
assortiti ed incapacità del ricambio generazionale nella classe
dirigente, suona ancora più forte.
Niccol dirige la pellicola con
mano salda: non si fa tentare dalle scorciatoie propire del cinema di
genere anche quando, nella seconda parte, la pellicola si avvicina ai
territori del gangster movie; la metafora è presente in ogni scena del
film fino alla fine; eppure a tratti sembra che l'autore abbia paura di
essere troppo graffiante: molti aspetti che potevano essere approfonditi
(la lotta di classe, gli stilemi che la classe dominante usa per
mantenere inalterato il suo controllo, la figura del poliziotto) vengono
solo accennati, generando un forte senso di mancanza, quasi di vuoto;
ed è un peccato perchè con un pizzico di enfasi in più questo "In Time"
sarebbe potuto diventare la perfetta distopia moderna.
Quel che
resta è comunque una pellicola forte e godibile, sopratutto
coinvolgente, anche grazie all'ottima prova del cast, su cui spicca un
Justin Timberlake particolarmente ispirato.
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