Shivers
di David Cronenberg
con: Paul Hampton, Joe Silver, Susan Petrie, Lynn Lowry, Alan Migicovsky, Barbara Steele, Fred Doederlein, Cathy Graham.
Horror
Canada (1975)
Organi che mutano sino a diventare creature indipendenti, corpi che si trasformano in modo irriconoscibile, emozioni che diventano carne, carne che diventa informazione, identità frammentate e ricostruite ed esseri umani che perdono le loro connotazioni fisiche per diventare pura informazione. Il cinema di David Cronenberg è, in una parola, mutazione, un enorme saggio sul corpo, il suo rapporto con la mente e l'identità e la conseguente percezione del reale, che cambia a seconda di come cambiano gli organi che la registrano e la mente che la riproduce.
Una carriera divisibile in tre fasi: una prima (fino a "La Mosca") caratterizzata dall'uso del "genere" come strumento per analizzare le proprie ossessioni, una seconda (da "Inseparabili") dove esplora i concetti di mente e identità, anche ma non limitatamente in relazione all'organismo ed una terza (che inizia più o meno con "A History of Violence") nella quale la sua attenzione si sposta sull'essere umano in toto ed il suo rapporto con ciò che lo circonda e come questo lo influenzi anche a livello fisico.
Se oggi il suo nome è riverito sia nei circuiti del cinema d'autore, sia tra in fanboys del cinema horror, come per molti cineasti anche per Cronenberg non è stato facile approdare alla fama. Laureatosi in lettere all'università di Toronto, esplora la sua passione per l'arte dapprima tramite la letteratura, per poi autoprodurre e dirigere un pugno di cortometraggi e due piccoli mediometraggi, tutt'oggi interessanti, ossia "Stereo" del 1969 e "Crimes of the Future" del 1970.
Nel 1975 riesce finalmente a vendere lo script di "Shivers", suo primo lungometraggio, alla Cinépix, piccola casa di distribuzione canadese che cerca di fare il botto con il cinema di genere, sulla falsariga della New World Pictures di Roger Corman. Accordo che però non è inizialmente a suo vantaggio: data la sua inesperienza nel circuito professionale, la produzione cerca dapprima di far dirigere il film a qualcun altro e solo dietro le sue insistenze gli affianca un produttore con più esperienza che lo possa aiutare nel corso delle riprese. Quel produttore altri non è che Ivan Reitman, che in questa prima fase della carriera del genio canadese si rivela figura essenziale per la sua formazione.
"Shivers" arriva così nelle sale a partire dal 1976 e riscuote in buon successo, configurandosi inizialmente come il più grande incasso per una produzione canadese fino allora. Come esordio, è il perfetto biglietto da visita dell'intero cinema cronenberghiano, una tesi sulla fallacia della mente dinanzi alle pressioni della carne, le quali distruggono l'essere umano e lo fanno regredire a puro istinto.
Nella periferia di Toronto sorge lo Starliner Towers, un moderno complesso residenziale dotato di ogni genere di comodità, che permette ai residenti di vivere al di fuori della caotica città senza dover rinunciare a nulla. Ma al suo interno, qualcosa di sinistro accade: degli strani parassiti vermiformi cominciano a fuoriuscire dai corpi di alcuni persone per attaccarne altre, risvegliandone i sensi sopiti e trasformandole in bestie assetate di sesso.
Una trama semplice, che ribalta il topos de "La Notte dei Morti Viventi": l'assedio da parte delle creature affamate avviene al di dentro della casa, così come i mostri altro non sono che creature generate dal corpo umano e che al corpo ritornano.
L'origine della malattia è al contempo essenziale ed inutile: un esperimento fallito di uno scienziato ai limite del folle, il Dr. Hobbes (il riferimento al giusnaturalista è pienamente voluto), il quale cercava di sostituire gli organi umani con dei parassiti autosufficienti, ma che contemporaneamente cercava di risvegliare la parte sopita dell'essere umano, quella più legata all'istinto. Da qui l'infezione della sua amante/cavia Annabelle, una ragazzina disinibita che ha avuto rapporti con molti uomini del complesso residenziale, diffondendo la malattia tra le mura. Ma più che alla causa, Cronenberg è interessato agli effetti, alle conseguenze di questo esperimento folle su vittime ignare.
Si parte da un presupposto intrigante. Lo Starliner Towers come "mondo fuori dal mondo", un società a sé stante purgata dalla violenza e dalle oscenità di quella contemporanea, un nuovo Eden dove la civiltà più rinascere in modo sicuro e sterilizzato, abbandonando quel male sociale connesso con il male fisico, ossia violenza e tossicodipendenza (non per niente, nella versione italiana prende il nome di "Arca di Noè", a sottolinearne la funzione di avanguardia verso un nuovo mondo).
Beffardamente, questa "violenza" viene generata proprio all'interno del complesso, dalla lascivia degli inquilini. E da qui la funzione profetica dell'orrore cronenberghiano, che ben sei anni prima della prima diagnosi ufficiale, immagina una malattia simile al HIV in grado di distruggere corpo e mente e che si diffonde attraverso l'afflato sessuale.
Il parassita, verme falliforme, è un vero e proprio organo ulteriore, quella carnalità che si vuole rimuovere per il tramite del mezzo sociale e che ora ritrova una sua dimensione del tutto distruttiva. Un'incompatibilità, sembra sottolineare Cronenberg, tra l'istinto della carne e il contratto sociale è intrinseca nei rapporti umani, da qui la necessaria soppressione dell'uno a favore dell'altro.
L'essere umano che riacquista la piena carnalità è così una belva, un essere perso nello "stato di natura" pre-sociale che vive per appagare solo i propri istinti. Da qui la mostruosità prende non più le forme di una creatura orrenda pronta ad uccidere, bensì quelle conturbanti di un essere (per lo più femminile) la cui concupizione, pur eccitante, è altresì fatale, portando con sé la distruzione definitiva del raziocinio, la trasformazione in essere di puro istinto. Da qui la nascita del "body horror", della trasformazione del corpo umano in un elemento estraneo, foriero di orrore e repulsione.
Con un budget striminzito a disposizione, Cronenberg si barcamena come può per far funzionare una messa in scena ancora acerba. E in realtà ci riesce appieno. Lui stesso si lamenterà in seguito di come la sua inesperienza abbia spesso portato a fargli sottovalutare l'importanza delle immagini, ma allo stato dei fatti non gli si può rimproverare più di tanto.
In primis, gli effetti speciali, pur artigianali, rendono perfettamente il senso di disgusto e pericolo necessario e riservano anche qualche bella sorpresa, come la scena dei movimenti interni al personaggio di Tudor, tutt'oggi riuscita.
L'inesperienza, semmai, si nota nella composizione del quadro, talvolta blando, nonché in un uso del montaggio alternato forzato, forse dovuto all'eccessiva durata delle singole scene. E anche qui, il genio dell'autore riesce a trovare spazio, con la prima sequenza data dall'incrocio dell'omicidio di Annabelle inframezzato al giro espositorio del costruttore assieme ai neoinquilini, con la promessa di tranquillità alternata alla violenza quasi insostenibile tra Hobbes e la vittima.
Tanto che, alla fin fine, l'unico vero difetto di questo suo esordio consiste nell'aver sprecato, anche se solo in parte, il potenziale dato dalla presenza di Barbare Steele, che con la sua bellezza conturbante avrebbe potuto rendere ancora più memorabile una pellicola già da sé riuscita.
Cronenberg inaugura così in modo quasi impeccabile una carriera tutt'oggi florida e, al contempo, dà il via al filone del body horror. Un duplice esordio ancora oggi formidabile.
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