di Andrej Tarkowsky
con: Aleksandr Kaydanovskiy, Anatoliy Solonitsyn, Nikolay Grinko, Natasha Abramova.
Unione Sovietica (1979)
Il desiderio spinge gli uomini oltre i propri limiti; l’essere umano,
pur di raggiungerlo, è capace di qualsiasi cosa; ma cosa accade una
volta che questo obiettivo viene raggiunto? Andrej Tarkoskj, geniale
cineasta russo e maestro indiscusso a livello mondiale, nel 1979 con
“Stalker” cerca di rispondere a tale quesito, generando uno dei suoi
capolavori.
In uno scenario post-apocalittico, in una città
militarizzata e cupa, un uomo si guadagna da vivere come guida verso “la
zona”, un misterioso luogo situato al di là dei confini della
metropoli, dove si dice che ogni desiderio possa avverarsi; due uomini,
uno scienziato ed uno scrittore, decidono di raggiungere la zona guidati
dall’uomo.
Il viaggio dei tre protagonisti è la perfetta metafora
della ricerca del desiderio: inizialmente i tre “stalkers”
(letteralmente “inseguitori”) devono fuggire dai soldati che impediscono
loro di uscire dalla città; la società è, dunque, il primo ostacolo
verso la realizzazione dell’uomo, chiaro simbolismo che allude al
totalitarismo sovietico in cui Tarkovskj è nato e cresciuto; la
metropoli, quasi una Stalingrado post-bellica, è dipinta mediante una
splendida fotografia monocromatica: il marrone e il grigio si affiancano
generando figure smorte e a tratti inquietanti, perfetta metafora di un
mondo in cui le passioni, e quindi i desideri, non esistono più; il
territorio antistante la zona è invece selvaggio: a testimonianza del
passato bellico, scorgiamo rovine di una civiltà passata ora totalmente
assorbite da uno scenario naturale; piante e specchi d’acqua si fanno
così portatrici del mistero, dell’ignoto che attende i protagonisti,
magnificamente dipinto dall’autore come un oggetto indistinto che può
appena intravedersi nel corso di un fiume; giunti nell’anticamera della
zona, si entra in luoghi cupi e claustrofobici: la ricerca della
realizzazione sembra così strozzare l’uomo, sul cui cammino cominciano a
frapporsi pericoli mortali; una volta superati questi ultimi, si giunge
dunque alla conquista dell’ambizione: ed è qui che la vena pessimistica
di Tarkoskj viene fuori con inusitata prepotenza; i due viaggiatori
sono il prodotto e il simbolo di una società malata e morente: uno
scienziato, baluardo dell’evoluzione umana che, però, antepone il
successo personale al progresso, e un intellettuale, coscienza della
società che, anziché esortarla al cambiamento, pensa solo ai propri
interessi e si chiude in sé stesso.
La guida diviene così il simbolo
dell’uomo comune, stretto tra questi due opposti, tra lo spirito e la
materia ormai corrotti; i desideri dei tre non si avverano, il viaggio è
inutile: la zona si mostra come una camera buia, piena di macerie e
sporcizia, poiché, come la guida stessa ammette, questo mondo non ha più
la capacità di sognare e desiderare; l’inerzia interiore dell’uomo
viene simboleggiata dall’autore mediante una messa in scena geniale: gli
attori sono perennemente impallati, le loro figure si sovrappongono
come a creare un unico essere semovente ma immobile, perfetto esempio
di un’umanità incapace di evolversi; la costruzione delle inquadrature,
inoltre, esalta magnificamente il contrasto tra figura umana e paesaggio
antistante: i personaggi sono come alieni che si muovono in un mondo a
loro sconosciuto e che non riescono a comprendere né a cambiare.
Pessimismo “cosmico” e totale che viene mitigato solo nell’epilogo della
pellicola: la figlia della guida, menomata a causa delle radiazioni,
si scopre essere dotata di poteri psicocinetici, emblema della speranza
per un futuro in cui una nuova generazione di individui, forgiata dagli
atti barbarici perpetrati da quella precedente ormai condannata
all’estinzione, potrà forse riportare la luce nel mondo.
“Stalker”
è, in definitiva, un capolavoro del cinema mondiale e una delle vette
della filmografia del geniale autore russo, da vedere per comprendere
davvero il significato del cinema allo stato dell’arte e per riflettere
sullo stato delle cose.
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