venerdì 19 gennaio 2018

Madre!

Mother!

di Darren Aronofsky.

con: Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Ed Harris, Michelle Pfeiffer, Brian Gleeson, Domnhall Gleeson, Amanda Chiu.

Usa 2017














---CONTIENE SPOILER---


Nel cinema di Aronofsky esiste un'unica costante: la totale mancanza di compromessi. La sua visione è sempre e comunque personale, mai filtrata, ammorbidita o edulcorata in alcun modo; un processo totalmente autoriale, che lo ha portato a dirigere pellicole spiazzanti e strazianti quali "Requiem for a Dream" e "The Wrestler", a sperimentare con influenze religiose new age e non con "The Fountain" e "Noah", oltre che ad allontanarsi da progetti più squisitamente commerciali ogni qual volta non sia riuscito ad ottenerne il pieno controllo, come nei casi di "Batman Begins", "The Wolverine" e "RoboCop".
Un cinema forte, il suo, vibrante e doloroso, che non concede pietà alcuna nè allo spettatore, tantomeno ad i suoi personaggi (il più delle volte); un cinema di stampo squisitamente espressionista, benchè si debba anche a lui la creazione del registro oggettivista che tanto spadroneggia nel cinema indie e non americano da qualche anno a questa parte (camera ad altezza d'uomo e nuche perennemente in primo piano).
In tal senso, "Madre!" è la quintessenza del cinema di Aronofsky, dove la sua mano calca maggiormente i toni, infischiandosene di ogni conseguenza (il che purtroppo gli ha causato l'alienazione dei favori di critica e pubblico) per creare un registro dirompente, disturbante, mai conciliativo, eppure inesorabilmente espressivo.



Una storia totalmente metaforica, quella di "Madre!", dove ognuno può leggervi un significato differente a seconda della propria cultura e sensibilità, tanto che lo stesso Aronofsky ha dovuto rilasciare un'intervista spiegando qual'è l'interpretazione "ufficiale" da attribuire agli eventi narrati, senza però escludere la possibilità di leggerli in modo differente.
E sono almeno tre le interpretazioni possibili alla storia della Madre (la Lawrence), del Poeta (Bardem), della loro fatiscente abitazione isolata dal mondo e dei loro ospiti poco desiderati.
La Madre è l'Ispirazione, una musa che dona allo scrittore lo strumento primordiale per generare un'opera d'arte, simboleggiato dal cristallo. Da qui il parallelo con la gravidanza, la nascita di una creatura concepita da due soggetti e pronta a liberarsi nel mondo. Allo stesso modo, anche la casa è creatura vivente, frutto del lavoro della Madre, quindi essa stessa opera, nello specifico un rifugio dal mondo e dai suoi orrori. Ma l'Arte non può essere popolarizzata, pena la sua distruzione. Da qui le figure dei due ospiti (Ed Harris e Michelle Pfeiffer) e dei loro figli (i fratelli Gleeson), che portano la violenza e la malattia in un sancta sanctorum dedicato alla pura generazione della vita. E da qui il catastrofico finale, con le parole del poeta che divengono mezzo per redimere e distruggere al contempo, sino ad una catarsi in cui l'opera d'arte viene cannibalizzata dal pubblico per poi essere dimenticata e quanto di buono costruito nel tempo viene distrutto, in un ciclo continuo che è il percorso artistico di un autore.




Ancora, la storia può essere una metafora della gravidanza, della creazione di un'opera, sia essa una vita, uno scritto o un'abitazione, che se lasciata libera nel mondo viene da questo cannibalizzata, fatta a pezzi, insozzata per il gusto di farlo, allo stesso modo in cui l'innocenza viene distrutta dalle brutture del mondo.
Infine, l'interpretazione più calzante, quella di stampo biblico-ecologico, che ricollega "Madre!" a "Noah". La Madre è la Natura, il Poeta è Dio, la casa è la Terra. I due ospiti sono Adamo ed Eva, che colgono il frutto proibito, ossia il cristallo, ed hanno generato due figli che sporcano di sangue il creato ed i cui compagni sono causa di un diluvio. Il figlio della Madre e del Poeta è il Cristo, la sua venuta sulla Terra porta a guerre e massacri perpetrati in suo nome; ed alla fine viene ucciso dai suoi stessi adulatori e divorato, come nel sacramento della Comunione. Gli umani si rivoltano contro la Madre Natura, ne strappano via i frutti (i pezzi della casa) senza ritegno, la percuotono per distruggerla e per questo la casa comincia a crollare, ma Dio la salva, finchè la stessa natura decide di ribellarsi, di massacrare quegli umani che tanto l'hanno detestata, dando fuoco al Creato. Dio ovviamente sopravvive e dalla madre terra estrae il frutto della vita, l'Amore, pronto a ricominciare un ciclo di creazione/distruzione, pur conoscendone già l'esito.




Metafora pretenziosa? Sicuramente, ma almeno questa volta il tono non è predicatorio. Aronofsky non conia un bizzarro j'accuse contro i carnivori o i miscredenti (o i credenti, qui cattivi in una bizzarra inversione dei ruoli rispetto al film precedente), si limita a creare una metafora potente, un racconto allegorico totalmente basato sulla percezione e sul punto di vista. Che qui è quello di Jennifer Lawrence, chiusa in primissimi piani, con la macchina da presa che ne pedina costantemente i movimenti o ne scruta la fisicità dall'erotismo trabordante.
"Madre!" è un film su Jennifer Lawrence, sulla musa e su come convive con l'uomo che deve ispirare, su come reagisce alla graduale ed inevitabile distruzione di tutto ciò che ha costruito e che per questo rappresenta. Situazione che prende vita nelle forme di un thriller dove i piccoli gesti sono più disturbanti dei colpi di pistola. Ogni piccolo gesto porta con sè una sensazione di malessere, di cattiveria strisciante, sia esso quello che porta a gettare i panni umidi in terra, sia quello dell'assenza del partner lì dove lo si era lasciato; quasi come Bergman, Aronofsky riesce a creare un'atmosfera sottilmente inquietante, dove è talvolta il nulla a suggerire un pericolo mai identificabile e sempre presente.



Da qui la perfetta riuscita dell'opera; "Madre!" è anzitutto un ottimo thriller, poi una metafora aperta ad ogni interpretazione dal tono disturbante e, per questo, sempre vibrante, per quanto la spocchia del suo autore sia avvertibile in ogni fotogramma.

5 commenti:

  1. Complimenti, analisi condivisibile su tutti i fronti anche se non ho notato alcuna presunzione di Aronofsky, almeno che l'aver realizzato una sorta di "Divina Commedia" cinematografica possa significare essere spocchiosi.

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    1. Ti ringrazio. Un pò di compiacimento c'è in tutti i suoi film (escluso "The Wrestler"), qui sta nel fatto che non pare importargli se il pubblico capisce o meno le sue metafore. Il che non è però un difetto mortale ;)

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  2. Hai colto nel segno.

    Aronofsky non concede nessun alibi allo spettatore, è come se gli dicesse "Osserva, rifletti e trai le conclusioni, io non ti aiuto di certo.".

    D'altronde Lynch, Von Trier o Cronenberg non sono stati da meno (tutt'altro) quindi sono dell'opinione che l'immenso lavoro del regista americano meriti ampio rispetto: se non si capiscono 2001 o la Divina Commedia non è certo per colpa di Kubrick o Dante.

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    1. Infatti sono pienamente convinto che sia uno dei migliori registi americani viventi, proprio per il fatto che, come quasi tutti gli autori europei ed asiatici, ha uno stile proprio, antinconvenzionale ed improntato a spronare lo spettatore. Spero di poter recensire i suoi altri lavori al più presto.

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