con: Alexander Skarsgaard, Paul Rudd, Justin Theroux, Seyneb Saleh, Noel Clarke, Dominic Monaghan, Nikki Lamborn, Anja Kaminski.
Noir/Cyberpunk
Inghilterra, Germania 2018
Un progetto a lungo inseguito, quello di "Mute", che Duncan Jones mise in cantiere già all'indomani dell'uscita del suo esordio "Moon"; un progetto che doveva essere il riscatto di un autore che con "Warcraft" ha fallito nell'avviare un franchise e, ancora prima, nel creare un fantasy credibile.
Un film personalissimo, che Jones dedica ai genitori, in cui torna la figura paterna come martire predestinato, segno del suo rapporto difficile con il padre David Jones, alias David Bowie.
Un'opera che, come purtroppo spesso accade con i progetti più personali ed ambiziosi, scivola verso il baratro del malriuscito, senza mai riuscire a rialzarsi, schiacciata da una mole di ambizioni che restano sempre totalmente inespresse.
Se con "Moon" il punto di riferimento era il "Solaris" di Tarkovsky, in "Mute" Jones segue il tragitto di "Blade Runner" (anche se l'uso di auto d'epoca lo fa somigliare più ad "Innocence- Ghost in the Shell 2"); l'impianto è quello di un noir classico, che richiama alla mente anche il "Frantic" di Polanski: in un futuro cyberpunk, a Berlino, l'amish Leo (Skarsgaard) deve ritrovare l'amata Naadirah (Sayneb Saleh) e nella sua ricerca incrocerà Cactus Bill (un baffutissimo Paul Rudd), medico dell'esercito disertore che cerca con tutti i mezzi di lasciare il paese.
Una trama classica, cui si affianca uno svolgimento del tutto lineare, con un unico e duplice colpo di scena per tenere alta la tensione verso il finale.
L'enfasi viene posta più che altro sui personaggi. Da una parte Bill, sboccato ed irriverente genio della chirurgia, ammanicato con il sottobosco criminale berlinese, in grado di compiere ogni gesto malsano pur di dare un futuro alla propria figlioletta. Assieme a lui, lo stralunato Duck (Theroux), ingegnere della bionica nonchè pedofilo irredento, a formare una strana coppia di folli a spasso per la metropoli distopica.
Se lo spassoso duo Rudd-Theroux regge bene la scena, del tutto fuori luogo si rivela la scelta di Alexander Skarsgaard per il ruolo di Leo; un amish che si lascia tentare dalla modernità pur di ritrovare il grande amore della sua vita, che lo statuario interprete finisce per cementificare in giusto un paio di espressioni, una vera e propria maschera di cera che non riesce a comunicare quelle emozioni che si celano nel profondo del personaggio.
Miscasting a parte, è l'esecuzione della storia a lasciare davvero perplessi.
L'ambientazione futuribile non aggiunge nulla alla trama, anzi non si capisce come mai una storia del genere non sia stata ambientata in epoca contemporanea: tutti i temi che tocca non hanno nulla a che vedere con il cyberpunk o la fantascienza in generale e la scelta si rivela puramente derivativa, giusto per dare un tono ancora più cupo alla vicenda.
Trama che già dopo pochi minuti si rivela esilissima. Dopo una prima parte intimista (la più riuscita), Jones tenta malamente di costruire un mistery accumulando personaggi e situazioni viste e straviste, sino ad una forzatura ridicola quando si tratta di unire la storyline di Leo con quella di Bill: non paga davvero quel punto di giunzione del tutto improbabile, così come ancora più improbabile è tutto l'ultimo atto, con una risoluzione degli eventi a dir poco convenzionale.
Ed anche al di là di uno script fallace, ci si accorge sin da subito come vi sia qualcosa di profondamente sbagliato in "Mute", attribuibile alla produzione targata Netflix: tutto il film ha il look di un episodio di una serie televisiva. La fotografia, pur curata, dona a tutte le immagini le sembianze di un prodotto smaccatamente televisivo, un video a 1080p piuttosto che un lungometraggio che ha mancato la sala solo per questioni distributive, difetto che non avveniva di certo con altre produzioni del colosso dello streaming, su tutte il bel "Okja" di Bong Joon-Oh. E come se non fosse abbastanza, a tratti gli effetti in CGI scadono nel trash, risultano vistosamente finti (come nel caso del robot lap dancer), come se non fossero stati ultimati.
Praticamente nulla risulta riuscito in questo strambo esperimento di sci-fi un pò nostalgica e parecchio derivativa. Un'occasione sprecata, un film piatto, improbabile e freddo che finisce inevitabilmente per scadere nel noioso.
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