domenica 15 aprile 2018

War Horse

di Steven Spielberg.

con: Jeremy Irvine, Emily Watson, Peter Mullan, Niels Arestrup, Celine Buckens, David Thewlis, Benedict Cumberbatch, Tom Hiddleston, Toby Kebbell.

Avventura/Guerra

Usa, India 2011















Sembrava che con "Le Avventure di TinTin" Spielberg avesse ritrovato un gusto per il cinema d'avventura che si credeva ormai estinto, oltre che la voglia di sperimentare soluzioni visive ardite, che solo il cinema d'animazione può permettere.
Con "War Horse", invece, il Re Mida di Hollywood ritorna ad un cinema classico, adattando un famoso libro per ragazzi di Michael Morpurgo, in quello che è uno dei suoi exploit peggiori.




Il target del film deve essere sempre tenuto a mente: giovani ragazzi e bambini; ecco perchè la premessa della storia è labile, ossia le peripezie di un cavallo che vaga per l'Europa della Prima Guerra Mondiale, mentre il suo giovane padrone (Jeremy Irvine), quasi innamorato di lui, si arruola per ritrovarlo.



Una trama ai limiti dell'idiozia, che però serve ad imbastire un racconto sui buoni sentimenti: il cavallo Joey attraversa la guerra risvegliando il meglio di coloro che incontra, rappresentando una metafora dello spirito dell'essere umano, che può essere ferito ma mai distrutto; ecco dunque Joey spaccare in due un masso con l'aratro come se niente fosse, arare in un giorno un intero campo, scavalcare un carro armato e sopravvivere ad un ginepraio di filo spinato.
Se la metafora è forte e condivisibile, decisamente pacchiano e al contempo misero è il racconto che Spielberg imbastisce.




Tutti i personaggi che il buon cavallo incontra sono delle macchiette: due fratelli inseparabili, due amici buoni, una ragazzina malata ma vitale, suo nonno filosofo, soldati buoni ed altri cattivi e persino un commilitone equino di colore, giusto per non mancare nessuno stereotipo.
Personaggi piatti, privi di mordente, prigionieri di una caratterizzazione monodimensionale che ne imprigiona le azioni nella prevedibilità più pura; impossibile empatizzare con loro, in primis con il protagonista, sin troppo ottimista e buono.




Se la sostanza diviene subito fredda, la forma è quantomai ricercata; Spielberg si rifà al classicismo americano, caricando le inquadrature di una vis epica, allargando il campo il più possibile e regalandoci un finale talmente barocco nei colori e nelle forme da sfiorare il ridicolo; molte delle immagini, sopratutto quelle della campagna irlandese, appaiono posticce, sciupate da un eccesso di color correction per esasperarne i colori, sino a divenire cartoline patinate.




Decisamente più riuscito è il racconto bellico; confrontandosi per la prima volta con la Grande Guerra, colui che si è autoproclamato depositario della memoria storica della Seconda Guerra Mondiale abbandona ogni retorica e dipinge un conflitto dove non ci sono nè buoni, né cattivi, solo soldati chiamati a morire; non per nulla, le sequenze più riuscite sono quelle con protagonisti i due giovani fratelli tedeschi, disertori, la cui morte viene "celata" per pudore; nonchè l'assalto alla trincea nemica, dove giunge l'omaggio al Kubrick dell'immenso "Orizzonti di Gloria", tra camera a mano che anticipa i movimenti dei personaggi nei fossati ed un maestoso crane che li segue durante la carica.




L'affiatamento di Spielberg è tangibile, ma il suo racconto langue; a differenza di Joey, si accascia subito nei luoghi comuni per farsi smielato e fin troppo improbabile, anche per essere un film per ragazzi.
Il ridicolo involontario non fa sempre capolino, ma davvero non si riesce a credere ad una storia del genere; ben si sarebbe potuto alzare il tiro, creare un'epica bellica da un punto di vista neutrale omettendo parte del racconto, la più inutile, quella della fattoria; ma l'enfasi forzata sull'amicizia tra uomo e animale e la mano pesante di Spielberg rendono il tutto, alla fine, indigeribile.

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