con: Betty Gilpin, Hilary Swank, Emma Roberts, Ethan Suplee, Ike Barinholtz, Wayne Duvall, Amy Madigan.
Thriller/Grottesco
Usa 2020
---CONTIENE SPOILER---
Strano constatare come tutte le polemiche che la promozione di "The Hunt" abbia generato si siano disciolte come neve al sole quando questo è stato effettivamente distribuito; forse non tanto perché il film in se stesso non sia scomodo (e lo è, ma solo fino ad un certo punto, per via di una paternità ambigua), quanto per l'estrema attualità delle tematiche che porta in scena; tolta la storia di base, mutuata da quel "La Pericolosa Partita" del 1924, adattato con successo persino da John Woo in "Senza Tregua", sono la caratterizzazione dei personaggi e i dialoghi ad avere un effetto dirompente. Sebbene si tratti pur sempre della storia della classe dirigente che si diverte a divorare i propri sottoposti, la novità è insita nello schieramento politico rappresentato, ossia l'estrema sinistra americana.
Il gioco al rialzo che i radical chic da salotto e i leoni di Internet hanno avviato da una decina di anni a questa parte trova piena rappresentazione: i cacciatori sono tutti ricchi leftist in cerca di facili emozioni, che si divertono a cacciare chiunque non condivida le loro opinioni. L'esercito di Snowflake facilmente indignabili diviene classe armata in grado di distruggere una persona per i suoi tweet o perché nata in Mississipi in condizioni di povertà. La follia di tanta propaganda democratica viene smascherata trasformando gli oltranzisti liberal nella loro nemesi, ossia copie di quei repubblicani assetati di sangue e pazzi per le armi che vedono il prossimo unicamente come carne da macello da sfruttare per il proprio tornaconto.
Zobel tiene bene le redini della regia, sa quando spiazzare e quando alzare il tiro del grottesco. La metafora arriva forte e urlata ma non appare mai davvero compiaciuta: se i liberal sono delle bestie, le prede, tutti gun entusiast simil pro Trump non sono mai davvero esaltati o vittimizzati; sono semplicemente idioti che si sono ritrovati vittime di un gioco più grande di loro, tutti schiavi dei sentimenti del basso ventre al punto di non poterli davvero distinguere da quella classe sinistrorsa che li vuole morti; unica eccezione è data da quella che diviene la protagonista e motore della storia, ossia Crystal, alla quale la bellissima Betty Gilpin riesce a infondere una carica ferina quasi tangibile. E' lei l'unica "buona" in una caccia tra idioti e viziati, zotici e snob.
E dal risultato ottenuto su schermo, "The Hunt" potrebbe ben qualificarsi come un perfetto spaccato non solo della decadenza morale e materiale della sinistra americana, quanto sopratutto del caos ideologico che affligge la politica extraparlamentare americana tutta; se non fosse per un piccolo-grande neo.
Se il curriculum di Zobel rende credibile la sua presa di posizione, altrettanto non si può dire per Damon Lindelof, qui in veste di sceneggiatore, il quale ha firmato anche lo script di quella serie televisiva tratta da "Watchmen" la quale potrebbe essere presa come compendio di tutti i luoghi comuni della narrativa liberal esistenti. Serie che riprende i personaggi di Alan Moore imbastardendoli fino al midollo e calandoli in un contesto dove la distinzione tra buoni e cattivi è nettissima. Abbiamo così un universo dove tutti i maschi bianchi sono razzisti, cattivi o pazzi, il Dr. Manhattan diventa nero perché si e si innamora di una donna solo perché questa è afroamericana, Adrain Veidt, ossia il milionario bianco, diventa un rimbambito ambulante, il senatore repubblicano è cattivissimo e si esprime a frasi fatte e quel Hooded Justice che nei fumetti era un bianco simpatizzante nazista, viene riletto come un nero che si finge bianco per sopravvivere e viene persino sfruttato sessualmente dal solito maschio bianco volitivo e menefreghista.
Lindelof, in sostanza, prima prende una posizione da snowflake convinto solo per poi creare il perfetto contrappasso verso quella fetta di popolazione della quale egli stesso dovrebbe far parte. Non si capisce, di conseguenza, dove sia la sincerità: se il suo "Watchmen" pur non essendo riuscito aveva una forte coerenza interna, questa viene meno nel momento in cui lo si collega con "The Hunt". Forse Lindelof odia quegli ideali che la sinistra extraparlamentare usa come armi verso la classe dirigente e che lui è costretto a riprendere solo per compiacere pubblico e produttori; forse è anche convinto che quegli stessi liberal siano tanto infami quanto la classe dirigente di cui fanno comunque parte. O forse e più probabilmente, egli non è altro che un perfetto mercenario, in grado di scrivere tutto e il contrario di tutto purché sia ben pagato.
Impossibile quindi dire se "The Hunt" sia sincero o meno; di certo la realtà che critica è veritiera e la metafora che porta in scena è potente persino al netto del registro grottesco che ne stempera in parte gli estremi. Ma dinanzi alla firma di Lindelof è sempre meglio prendere i risultati con i guanti.
Mi ero innamorato della Gilpin già con "GLOW", ora le tributo sacrifici umani XD
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