di Ken Russell.
con: William Hurt, Blair Brown, Bob Balaban, Charles Haid, Thaao Penghilis, Charles White-Eagle, Drew Barrymore.
Fantastico
Usa 1980
La storia delle ricerche di John C.Lilly è talmente sorprendente e bizzarra che non poteva che infiammare l'immaginazione di un visionario come Ken Russell.
Neuropsicologo e neuroanatomista, tra gli anni '60 e '70 ha portato avanti una serie di resperimenti pionieristici sugli stati alterati di coscienza e sulla comunicazione tra uomo e animali. Il suo lavoro più famoso, il progetto "E.C.C.O." (Earth Coincidence Control Office) ha portato all'elaborazione della teoria secondo cui negli strati più reconditi della coscienza è possibile trasformare in verità effettiva ciò che si crede sia vero, ovviamente entro dati limiti. Per dimostrare tale teoria, ha creato la famosa "camera di deprivazione sensoriale", strumento essenziale per lo studio dell'attività cerebrale in assenza di stimoli esterni. Sperimentando la vasca su se stesso, ha scoperto come in assenza di sollecitazioni il cervello continui di fatto a funzionare e, anzi, elabora uno stato onirico marcato che porta ad un'alterazione profonda della coscienza. Da cui la sua teoria sulla possibilità di percepire, in tale stato, gli elementi essenziali della realtà, quelle forze "occulte" che governano in segreto le vite degli esseri umani e non. Esaltando tale stato con l'uso di allucinogeni, ha poi studiato le correlazioni tra la coscienza e la mente all'interno del singolo essere umano, per poi porlo in correlazione con forme di realtà esterna, persino extra-terrestre, andando ad indagare in modo oculato quelle intuizioni che molti scienziati "lisergici" avevano elaborato nello stesso periodo.
Pure fantasticherie? Chi può dirlo. Fatto sta che le suggestioni riportate nei suoi studi sono davvero irresistibili. "Stati di Allucinazione" rielabora le ricerche e le esperienze dirette di Lilly e lo fa attraverso il registro fantastico, vertendo direttamente nel cinema "di genere" per creare un'esperiena sensoriale destabilizzante ed evocativa, riuscendo in pieno a restituire la pienezza delle intuizioni della sua fonte di ispirazione, senza però darle la giusta dimensione "filosofica".
Alla base del film c'è uno script di Paddy Chayefsky, prolifico sceneggiatore hollywoodiano, il quale rielabora la storia di Lilly come una love-story a tinte sovrannaturali, anticipando parte del lavoro di David Cronenberg nel successivo "La Mosca". Script che Russell pare non amasse e i cui limiti sono palesi: non c'è vera coesione tra le aspirazioni "fantastiche" e l'esporazione del rapporto tra i due protagonisti. Non aiuta il fatto che la catarsi viene semplificata in un classicissimo "l'amore vince su tutto", sminuendo intuizioni di base e potenzialità latenti nella storia.
Eddie Jessup (William Hurt, al suo esordio sul grande schermo) usa una camera di privazione sensoriale per studiarne gli effetti sulla psiche. Associandone gli effetti a quelli di un allucinogeno originario di una tribù nativa del Messico, arriva a scoprire gli aspetti genetici della memoria cellulare: sia la sua mente che il suo corpo cominciano a sperimentare una regressione verso l'origine ancestrale della vita.
Origine che ha una triplice forma. Dapprima quella di tipo mistico-religiosa: Jessup, pur cresciuto da atei, aveva sviluppato una forma di fede in gioventù, che pur scomparsa alla morte del padre riaffiora anni dopo grazie agli esperimenti. Le visioni apocalittiche mischiano i concetti di bene e male supremi configurandosi come una sorta di inconscio religioso totalizzante, dove il rimorso e il senso di colpa per la morte del genitore si mischia con visioni apocalittiche, da cui la duplice figura di un "capro dai mille occhi martire", simbolo di salvezza e dannazione, coacervo di tutte le suggestioni religiosi possibili.
Più indietro, si tocca la prima forma umana, o "proto-umana", un ominide che si risveglia nel corpo di Jessup e ne prende il controllo per un breve periodo. Sottotrama che un po' stona con il resto, con una digressione su di un uomo primitivo a piede libero per la città che aggiunge poco sia alla storia che allo spettacolo.
Il tutto per poi arrivare oltre, sino all'origine ultima (o primigenia) della vita, il vuoto cosmico da cui tutto è generato. Russell da così vita ad un viaggio allucinante a ritroso nella coscienza, che si spinge al di là di essa in quella zona di confine tra allucinazione e realtà (da cui la duplice valenza del titolo, persino di quello italiano, più azzeccato di quanto si possa di primo acchito pensare). Ed il suo estro è indiscutibile, tra effetti speciali di certo non rivoluzionari ma altrettanto certamente efficaci nel dare vita alla follia sensoriale di Jessup ad immagini di repertorio usate per ampliare le visoni infernali (riprese da "La Nave di Satana" del 1935) , passando per l'immancabile tributo al finale di "2001: Odissea nello Spazio", "Stati di Allucinazione" è un perfetto esponente del filone lisergico anni '70, presentando immagini ammalianti ed ipnotiche.
Laddove il film mostra il fianco è nella caratterizzazione dei personaggi. Jessup è il più classico "scienziato pazzo" che si fa assorbire dalla sua ricerca sino alle estreme conseguenze. Un "moderno Prometeo" che vuole toccare l'assoluto e come Icaro finisce per cadere nell'oblio. A controbilanciare questa sua freddezza, l'amore della bella Emily (Blair Brown), che gli rinfaccia costantemente il suo attaccamento in una serie di dialoghi ridondanti, acclusi in sequenze talvolta superflue e che mal si conciliano con la storia cardine.
La relazione tra i due diventa quella di Orfeo ed Euridice a ruoli invertiti, con la donna che salva l'uomo dagli inferi (e viceversa, nell'epilogo), ma finisce inevitabilmente per appiattire tutti gli spunti più interessanti del film. Il concetto di divinità, il rapporto tra l'uomo e l'assoluto, la possibilità di esplorare l'universo esterno tramite quello interiore sono così pure speculazioni usate per creare immagini spettacolari, con le relative tematiche che non vengono mai davvero affrontate nel modo corretto, senza mai cercare una forma di approfondimento che vada al di là della semplice suggestione.
"Stati di Allucinazione" resta così un film bello ma vuoto, interessante ma superficiale, che trasforma la base di ispirazione in belle immagini, ma non cerca mai di darle vera dignità, quantomeno oltre quella meramente estetico/tematica. Il che, visti i nomi coinvolti, è un peccato grave. Perlomeno, resta perfettamente riuscito come esperienza puramente sensoriale, oggi ancora perfettamente godibile e affascinante.
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