sabato 7 maggio 2022

Doctor Strange nel Multiverso della Follia

Doctor Strange in the Multiverse of Madness

di Sam Raimi.

con: Benedict Cumberbatch, Elizabeth Olsen, Benedict Wong, Chiwetel Ejiofor, Xochitl Gomez, Rachel McAdams, Michael Stuhlbarg.

Fantastico

Usa 2022














Esattamente venti anni fa, lo "Spider-Man" di Sam Raimi inaugurava l'era del comic-movie Marvel al cinema. Si potrebbe parlare dell'inizio di un'era, ma sarebbe corretto anche parlare della fine di un'altra, della fine del cinema di Raimi, che già all'epoca reduce da un paio di lavori sottotono ("Gioco d'Amore" e "The Gift"), avrebbe di li a poco finito per dirigere unicamente pellicole commerciali su commissione. O, per essere più precisi, giusto altri tre film, due dei quali sequel del blockbuster che ne ha ridefinito la carriera, uno quello che resterà il suo ultimo lavoro cinematografico per i successivi undici anni, ossia "Il Grande e potente OZ" ("Drag Me to Hell" è stata più che altro una parentesi isolata).
Sul fatto che nella trilogia sull'Arrampicamuri lo stile di Raimi risulta annacquato e incapace di sorprendere, sostituendo la sperimentazione visiva con un piattume estetico-stilistico sconsolante, si è scritto anche troppo. Meglio guardare i fatti: il cinema di Raimi non è esistito più e quel suo stile anarchico ha trovato una valvola di sfogo solo nel medium televisivo, con quel "Ash vs. Evil Dead" durato troppo poco.
Poi avviene l'impensabile: licenziato Scott Derrickson dal sequel di "Doctor Strange" per le canoniche "divergenze creative", ecco salire a bordo del progetto niente meno che il padre putativo del MCU, di ritorno in cabina di regia dopo una pausa durata anche troppo. E poi il paradosso nel paradosso: anche al netto degli evidenti difetti di scrittura, "Nel Multiverso della Follia" non solo è uno dei film migliori dei Marvel Studios, ma ha in sé più Sam Raimi in due ore che l'intera trilogia su Spider-Man in quasi nove.


E Raimi di certo non si risparmia. Complice un soggetto che gli permette più di quanto le avventure dell'Uomo Ragno avrebbe mai potuto concedergli, tira fuori dall'armadio il suo repertorio di inquadrature sghembe, soggettive demoniache e movimenti di macchina isterici. Lo stile di questa seconda avventura in solitario dello Stregone Supremo è puro Raimi, non filtrato, né annacquato. Tanto che i risvolti horror gli consentono anche di giocare con la tensione e di inserire richiami al suo cinema eccessivo e visionario: gustosissimi gli inserti splatter celati tra le righe di una messa in scena da film per ragazzini, con l'occhio cavato a Shuma Gorath che ci riporta direttamente ai tempi de "La Casa 2" e degli omaggi del nostro al cinema di Lucio Fulci. O, ancora, la visione del cadavere rianimato dello Strange "alternativo", gloriosamente creato con make-up fisico e dai movimenti goffi e dinoccolati, nonché circondato da demoni infernali che sembra debbano esclamare "I'll swallow your soul!" da un momento all'altro. Ma su tutto, sono gli scontri magici a stupire, con la regia pronta a immaginare i duelli tra maghi in modo sempre originale, senza mai scadere nelle "sparatorie magiche" simil film di Harry Potter.
Sono lontani, per fortuna, i tempi in cui Derrickson immaginava le avventure di Stephen Strange in un mondo ricopiato sulle visioni Nolan. Quello di Raimi è un multiverso vivo e ameno, dotato di un'identità marcata che lo distacca da un buon 90% della piatta produzione targata Kevin Feige.


Sul piano visivo, dunque, questo sequel non solo supera decisamente l'originale, come era lecito aspettarsi, ma riesce anche a riservare qualche gustosa sorpresa, con il pieno ritorno alla forma del suo autore. Sul piano narrativo le cose non sono altrettanto rosee.
Non che la  storia non funzioni, anzi. Solo che da un lato è di una semplicità talvolta disarmante, con lo Stregone Supremo chiamato unicamente a scortare l'imberbe America Chavez e a proteggere la sua capacità di muoversi nel Multiverso Marvel. Dall'altro, è ovviamente necessario aver visto praticamente tutte le incarnazioni del MCU cinematografiche e seriali per capirci qualcosa. Prima fra tutte, la serie di "WandaVision" per comprendere chi sia davvero Scarlet Witch e cosa sia il Darkhold, sorta di Necronomicon marvelliano. Cui si aggiungono ovviamente tutti i film sugli Avengers da "Age of Ultron" in poi e magari anche qualche altro vecchio comic movie Marvel pre-MCU. 



Paradossalmente, proprio quei capitoli che trattavano il tema del multiverso in modo diretto risultano i meno necessari: non c'è quasi nessun riferimento a "Spider-Man: No Way Home", tanto che persino il personaggio di Ned Leeds è del tutto assente; così come i rimandi alla serie "What if..." sono praticamente nulli. E viene persino da ridere se si tiene conto della mancanza di coerenza con i restanti film nei quali Strange è apparso: di certo, quello qui ritratto non è l'incapace che resta prigioniero della tela dell'Uomo Ragno per tre giorni, né lo smemorato che si dimentica dei suoi poteri dinanzi a Thanos.




Se i fan Marvel possono gioire nel vedere un'altra incarnazione spettacolare dei loro personaggi preferiti, i veri cinefili per una volta possono dirsi altrettanto soddisfatti: Sam Raimi è tornato ed è sempre in forma. E si spera continui così per il resto della sua carriera.

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