lunedì 28 agosto 2023

Oppenheimer

di Christopher Nolan,


con: Cillian Murphy, Emily Blunt, Matt Damon, Florence Pugh, Robert Downey Jr., David Krumholtz, Josh Hartnett, Alden Herenreich, Jason Clarke, Kenneth Branagh, Kurt Koehler, Tom Conti, James D'Arcy, Benny Safdie, Tony Goldwyn, Macon Blair.


Biografico


Usa, Regno Unito 2023







Reduce dal suo peggior film, Christopher Nolan ha comunque ben poco da dimostrare sia a chi lo ama che ai suoi detrattori. Se "Tenet" rientra il quel nugolo di pellicole (assieme a "Inception", "Il Cavaliere Oscuro- Il Ritorno" e in parte "Interstellar") che potrebbero tacciare la sua nomea di "più grande cineasta degli ultimi vent'anni" come estremamente esagerata, il suo mestiere e il suo ruolo di autore in una Hollywood oramai allo sbando sono un faro per chi il cinema vero lo ama visceralmente.
Con "Oppenheimer" si confronta con un passato scomodo e non solo per la storia americna, la rievocazione del Progetto Mahattana e la figura dell'uomo che più di tutti contruibui alla creazione della bomba atomica, quel J. Robert Oppenheimer che fu anche il primo a prendere coscienza dell'inaudita pericolosità della fissione dell'atomo.





Inglese di nascita, americano d'adozione, Nolan si incammina a piedi nudi in un sentiero irto di rovi: è davvero facilissimo sbagliare qualcosa raccontando la storia dell'uomo responsabile di una delle più grande sciagure dell'intera storia della razza umana. E di fatto le critiche (a torto, va subito specificato) non sono neanche mancate.
Per le tre ore di durata, si ha come l'impressione che lo script sia sempre pronto a deragliare, ritraendo Oppenheimer come un eroe, una vittima, un martire o comunque a riabilitarne la figura in qualche modo. Questo perché la storia è strutturata in modo non lineare (in una ripresa del racconto spezzato solitamente usata ai tempi della collaborazione con il fratello Jonathan) partendo dalle accuse che, nel Secondo Dopoguerra, vengono mosse allo scienziato in merito ai suoi trascorsi comunisti. Nolan sembra voler dare il tipico ritratto eastwoodiano di un eroe la cui caratura non viene riconosciuta da coloro che ha salvato; e "Oppenheimer" a tratti potrebbe essere davvero letto in chiave eastwoodiana, se non fosse che il suo protagonista non viene caratterizzato come un eroe neanche per sbaglio.







Se per tutta la durata del film la psicologia fragile e ambigua del protagonista verso la sua opera viene spesso solo suggerita e solo mostrata nella scena del "trionfo", è quella scena finale, con il disvelamento del "dialogo segreto" con Einstein che Nolan fuga ogni dubbio: Oppenheimer è pienamente cosciente del male assoluto che sta per liberare. Continua i suoi esperimenti, così, solo per i suoi doveri di patriota e scienziato, nella speranza che la coscienza di un potere distruttivo così grande possa unire i popoli, cosa che ovviamente non avverrà.
Nel ritrarre queste vane speranze, Nolan prende la decisione di non mostrare il bombardamento di Hiroshima, mossa che gli è costata anche severe critiche, ma che è pienamente comprensibile: mostrarla avrebbe significato spettacolarizzare la tragedia. Restando invece aderente ai fatti storici, la lascia fuori campo e immette la catarsi nella scena, visionaria e struggente, nella quale gli scienziati festeggiano il successo, con le visioni dei morti che si riverberano a chilometri di distanza (scena genialmente contrapposta alla quella precedente, nella quale il protagonista viene portato in trionfo dalla folla con una bandiera a stelle e strisce che gli sventola sulla testa) e quel cadavere carbonizzato su cui lo stesso Oppenheimer poggia il piede come simbolo della sua colpa decisamente più esplicativo di quanto la visione diretta dei morti avrebbe potuto essere. E quando la deflagrazione nucleare viene portata in scena, questa viene confinata in dettaglia, mai mostrata in quella che sarebbe la sua titanica interezza, proprio per non trasformare il simbolo di un massacro in uno spettacolo, cosa che può avvenire davvero solo all'interno delle coordinate di un cinema di puro genere senza scadere davvero nel cattivo gusto (come fatto da James Cameron in "Terminator 2- Il Giorno del Giudizio").
Tanto che, se di cattivo gusto si vuole davvero parlare, questo si affaccia solo nella scena del primo amplesso con il personaggio di Florence Pugh, dove quest'uiltima si eccita udendo la tristemente famosa frase "Now I'm become death, destroyer of worlds", trovata che non si capisce davvero cosa stia ad indicare.
L'Oppenheimer di Nolan è così un colpevole che sa di essere colpevole, che prova invano a scrollarsi di dosso i sensi di colpa senza mai riuscirci. E che quando viene perseguitato, non diventa martire perché eroe non lo è mai stato.







Il conflitto con Lewis Strauss rientra nell'ottica dello scontro ossessivo di tanto cinema nolaniano, come i più celebri scontri tra Angier e Borden in "The Prestige" e Batman e il Joker ne "Il Cavaliere Oscuro": un uomo decide di distruggerne un altro del quale potrebbe essere l'immagine speculare e lo fa senza ritegno umano o morale alcuno. La causa? Un dialogo mai udito, quello con Einstein, il quale poi si scoprirà riguardare le colpe dell'oggetto dell'odio, ma che si percepisce a torto come lesa maestà, il cui contenuto effettivo viene mostrato e contemporaneamente celato fino all'ultimo con il solito, ottimo, piglio depalmiano.
La narrazione si spacca così in due tronconi, due punti di vista a posteriori, quello di Strauss e quello di Oppenheimer, rivolti a ricostruire le vicende che hanno portato alla costruzione e al lancio dell'atomica. E se Strauss è un Salieri privo di redenzione alcuna, Oppenheimer anche quando filtrato dal punto di vista del nemico resta l'uomo distrutto dai sensi di colpa che lui stesso vede. E quando il punto di vista è il suo, alle colpe pubbliche si aggiungono quelle private.







Anche nel privato, l'Oppenheimer di Nolan porta le cicatrici di scelte di vita sbagliate, come le relazioni con parenti e amici, l'abbandono del fratello e della cognata, comunisti convinti, nonché con la "spia" Chevalier. E su tutto, le relazioni sentimentali: quella con Jean Tatlock, "tossica" e carnale, che sfocia nel suo suicidio (o forse omicidio), la quale lo segnerà a vita, nonché con la moglie Kitty, donna solo in apparenza debole, il cui ruolo nel finto processo si rivela essenziale, con buona pace di tutti coloro che continuano a tacciare Nolan di misoginia.







Nolan porta in scena l'anti-parabola dello scienziato dalla coscienza sporca con il suo solito ritmo andante, riuscendo ad imprimere una cadenza sempre veloce ad una storia densa per tutte e tre le ore di durata. Le redini della narrazione sono sempre salde, persino più che in passato, con l'autore che deve districarsi praticamente da solo con due punti di vista e ben tre tracce narrative. Il montaggio, qui come non mai, è veloce e sincopato, forse talvolta persino troppo, impedendo a tratti alle singole scene di avere il giusto respiro, ma tutto funziona sempre benissimo.
Il cast corona poi l'ottima visione, capitanato da un Cillian Murphy che sfoggia un'intensità inedita, che lo porta oltre lo stereotipo del "bell'uomo" che la fama datagli dal successo di "Peaky Blinders" ha finito per cucirgli addosso, dimostrando definitivamente (anche se in realtà non ce n'era bisogna) di poter essere un ottimo attore protagonista.
La sperimentazione nell'uso del formato IMAX raggiunge qui il culmine, con la pellicola 65mm usata per l'intero film e la fotografia di Hoyte Van Hoytema che crea immagini talmente vivide che anche se non viste sullo schermo migliore finiscono lo stesso per bucarlo, alternando colori saturi ad un bianco e nero cristallino, una festa visiva resa ancora più sfavillante dagli effetti totalmente analogici, con l'esplosione nucleare più realistica mai portata su schermo a rendere la visione definitivamente memorabile.







"Oppenheimer" si configura come uno degli esiti migliori nella filmografia di Nolan. Non un capolavoro, questo è certo, ma lo stesso una lezione di cinema e di sottigliezza morale infinitamente penetrante.

4 commenti:

  1. hai fatto il "Barbienheimer" sul tuo blog, ottima idea ;-) Tra i due titoli caldi, ho preferito questo a mani bassissime, una non competitiva e non per motivi di schieramenti, ma per puro e semplice cinema ;-) Cheers

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    1. Era un'operazione dovuta XD

      Anch'io ho preferito Nolan, pur se il paragone tra i due film è praticamente impossibile.

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  2. Splendida rece, la migliore che ho letto in giro. (Compresa quella del Cassidy :P )
    Speravo sinceramente che la possibilità di usare una scrittura di base decisamente superiore alle sue solite, gli permettesse di esprimere al meglio il suo Mestiere.
    Continua a non starmi simpatico, ma almeno ha "il manico" :D

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    1. Ti ringrazio.

      Si, Nolan può stare antipatico, ma il suo mestiere è innegabile.

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