lunedì 27 maggio 2024

Furiosa: A Mad Max Saga

di George Miller.

con: Anya Taylor-Joy, Chris Hemsworth, Lachy Hulme, Tom Burke, Charlee Fraser, Elsa Pataky, Alyla Browne, George Shevtsov, John Howard, Angus Sampson, Nathan Jones, Josh Helman.

Fantastico

Australia, Usa 2024
















---CONTIENE SPOILER---

Sono passati nove anni da quando "Fury Road" ha infiammato le sale. Nove anni nei quali il nome di Mad Max è tornato a imprimersi nella memoria collettiva, raggiungendo anche vette di riconoscimenti mai avuti neanche quando "Mad Max 2" aveva ridefinito l'estetica post-apocalittica creando un vero e proprio filone.
Nove anni dopo, George Miller è riuscito a dirigere solo un altro film, il bel "Tremila anni di attesa", mentre lui stesso era in attesa che la Warner gli concedesse il via libera per dare forma a "Furiosa".
Un progetto nato praticamente in parallelo a "Fury Road" (e al prossimo capitolo su Max), con Miller e gli sceneggiatori che hanno creato una lunga e articolata backstory sul personaggio cardine di quel quarto film. E che sembrava dovesse prendere le forme di un film d'animazione, poi trasformato in live-action a seguito del crescente successo di "Fury Road", solo per impantanarsi nel classico "developement hell" dovuto all'incapacità della Warner di capire cosa volesse davvero produrre e come (si vedano i casini del DCEU).
Ora, a circa 78 anni, Miller è finalmente riuscito a cesellare un nuovo tassello di quella che, come il titolo suggerisce, non è più semplicemente la storia di un personaggio, ma una vera e propria mitologia. Che con "Furiosa" raggiunge una nuova vetta.




L'idea di trasformare la storia di Max in una mitologia di un mondo a venire è partita in "Mad Max 2" e già "Fury Road" doveva far leva definitivamente sulla statura mitologica del suo personaggio e delle sue gesta. Nella prima versione, tutto il film era incorniciato dal racconto di un cantastorie, che secoli dopo il verificarsi degli eventi li narrava ad un pubblico dinanzi ad un fuoco; narratore che finiva anche per incrociare Max nel racconto, in uno strano inserto metatestuale. Di questo contesto, alla fine è rimasta solo la citazione che chiude il film, la quale così risulta anche bizzarra.
"Furiosa", d'altro canto, incorpora totalmente in sé il tono epico e quasi aulico che doveva essere proprio del capitolo precedente, come quello del canto di un aedo, tanto che il personaggio del cantastorie diventa parte integrante della storia e del racconto, affiancandosi alla protagonista anche negli eventi oltre che nella narrazione extradiegetica. Questo perché tutto il film, per una volta, non è un action nel quale la storia e i personaggi vengono raccontati e descritti tramite immagini e azioni, quanto un racconto "convenzionale" dove le sequenze d'azione sono quasi un contorno. Ovverosia, quel "Mad Max con la trama" che Miller cercò già di creare una trentina d'anni fa con "Thunderdome".




Come racconto, "Furiosa" è una storia di vendetta e sopravvivenza, ma del tutto antitetica a quella di Max, rispetto alla quale risulta complementare. L'input è dato nuovamente dal mito greco: così come quello delle Pleiadi era alla base di "Fury Road", qui Miller sembra rielaborare quello di Proserpina e del suo rapimento da parte di Plutone. Furiosa vive con le amazzoni vuvalini in un futuribile giardino dell'Eden, ma un invasore la reclama come premio da offrire ad un dio malvagio, da cui la sua odissea e la sua volontà di vendetta. Laddove in "Fury Road" era lei il motore degli eventi, ora è un oggetto che si muove in un gioco più grande, una bambina (poi giovane donna) strappata alla sua vita e chiamata ad adattarsi alle circostanze.
Il suo cammino è quello di una sopravvissuta che riesce a fuggire al suo ruolo prefigurato di vittima e schiava per farsi guerriera. Da cui la parte centrale, per forza di cose la più affascinante, dove impara i trucchi della guerra da strada da Pretoriano Jack, personaggio che altro non è se non una versione alternativa di Max che incarna ciò che gli sarebbe accaduto se si fosse unito ad una qualsiasi tribù anziché percorrere le wasteland in solitaria.
Quando poi il momento della vendetta giunge, la "retribuzione" al signore della guerra Dementus è diversa, sostanziandosi in un suo castigo perenne; non c'è una spirale distruttiva, non c'è annichilimento sadico del colpevole, non c'è la perdita di senno e anima come conseguenza della violenza. Laddove il contrappasso inflitto dal maschio è morte e distruzione, quello inflitto dalla donna genera vita, trasforma l'energia distruttiva in linfa vitale, la morte in speranza per il domani.




Il viaggio di Furiosa è però solo una parte dell'affresco che Miller dipinge con i colori caldi della sua wasteland. Partendo dal concetto di mito e mitologia, crea un canto epico post-apocalittico, un poema di un passato futuro nel quale signori della guerra dell'era post-atomica (e qui, per la prima volta, anche post- crisi climatica) si danno guerra come futuribili condottieri elleni. La storia di "Furiosa" non è essenzialmente la sua storia (così come i tre capitoli precedenti non raccontavano strettamente la storia di Max), quanto la storia di un mondo che vive di guerra e sottomissione violenta. Una sorta di "Iliade" post-apocalittica, con due re che si confrontano per il dominio di una città e una donna contesa tra i due, "Furiosa" abbandona la narrazione lineare fatta di sole sequenze d'azione per farsi racconto più lungo e articolato, diviso in tre atti distinti anche per i personaggi che vi si avvicendano.




In tal senso, si ha una costruzione del tutto antitetica all'essenzialità di "Fury Road" (pur riprendendo il tema dell'assedio da "Mad Max 2"), dove a contare sono si le azioni e gli sguardi dei personaggi, ma non le sequenze (o la sequenza) di inseguimento. L'azione di "Furiosa", anzi, è alquanto scarna e si concentra totalmente nell'ennesimo assalto alla cisterna, che pur ben condotto, mostra i limiti di un budget e di un know how in tema di effetti speciali non adeguato alle necessità di messa in scena, sfoggiando una CGI palesemente finta per sostituire degli stunt impossibili. A Miller va fatto certamente il plauso per non aver portato in scena una semplice replica di quanto visto in passato (come avveniva in "Thunderdome"), con gli assalti aerei a dare un tocco di originalità alla visione, ma quei limiti di messa in scena sottraggono parte del divertimento.
Limite che però risulta relativo: ciò che conta in "Furiosa" è il racconto epico e personale e da questo punto di vista la mano di Miller risulta ancora salda. 




Senza esagerare con l'enfasi, usando i dialoghi ancora come meri strumenti di contorno (coniando tra l'altro un linguaggio ancora più originale che in passato) e con un tono generalmente secco e brutale, Miller riesce davvero a intessere un canto epico, una storia archetipica la quale riesce a coinvolgere con poco e a virare dalla tradizione in modo originale.
Mostrando l'influenza che Ogilvie ha avuto su di lui, utilizza un ritmo sapientemente lento, lasciando che le scene respirino, senza rincorrere gli eventi, lasciando anzi che questi prendano la giusta forma davanti agli occhi dello spettatore, senza però mai scadere nel fiacco nonostante la lunga durata, la quale, davvero, alla fine finisce per non avvertirsi. E se "Fury Road" era un gioco al rialzo nella spettacolarità, "Furiosa" tende quasi a scansare la ricerca della soluzione spettacolare per restare ancorato ad una forma di brutalità più immediata, la quale rende la storia definitivamente coinvolgente.




Le wasteland di "Furiosa" sono in tutto e per tutto uguali a quelle di "Fury Road" e si può certo rimproverare una mancanza di originalità nell'estetica, troppo legata al passato (e non giustificabile dalla natura di spin-off del film, visto che gli altri capitoli avevano comunque tutti un look differente); Miller, fortunatamente, riesce lo stesso ad inserire singoli elementi originali, come l'auriga di Dementus, fantasticamente condotta da motociclette guidate con le sole briglie, o il look punk rock di Octoboss e il suo completo nero che stacca totalmente dai colori caldi dell'ambientazione.
La continuità è qui come non mai ricercata anche sul piano narrativo, ma per forza di cose non tutto torna: Anya Taylor-Joy alla fine del film risulta fin troppo giovane e il cameo di Max è quasi fuori luogo, visto che gli eventi dovrebbero svolgersi in parallelo a "Thunderdome", dove non aveva ancora ricostruito la V8 interceptor. Il cast di "Fury Road" torna al completo, eccezion fatta per il compianto Hugh Keays-Byrne, scomparso nel 2020, ma Nathan Jones è misteriosamente fuori forma e il suo Rictus Erectus è palesemente diverso da come appare nella storia cronologicamente successiva.
Poco male: gli eventi bene o male si incastrano a dovere, la Taylor-Joy riesce a lasciare il segno con una performance fatta praticamente di soli sguardi e azioni e per una volta Chris Hemsworth può mettere il suo incontenibile istrionismo al servizio di una storia dove un personaggio del genere ha senso di esistere.




Il risultato è un'epica tanto sfaccettata quanto immediata, un racconto più complesso che in passato, ma dotato di quella semplicità archetipica che lo rende immediatamente coinvolgente e ammaliante. Miller non ha perso il suo tocco

2 commenti:

  1. Miller era chiamato come minimo al film dell'anno, si è superato a destra sgommando, onore al V8 e a Miller, il George giusto quando si tratta di preque le non solo ;-) Cheers

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