lunedì 22 aprile 2013

Batman Il Ritorno

Batman Returns

di Tim Burton

con: Michael Keaton, Danny DeVito, Michelle Pfeiffer, Christopher Walken, Michael Gough, Pat Hingle, Vincent Schiavelli.

Fantastico

Usa, Inghilterra (1992)
















---SPOILERS INSIDE---

Con più di 300 milioni di dollari di incasso mondiale (record che prima avevano toccato solo "Guerre Stellari" ed "E.T.- L'Extraterrestre") , "Batman" (1989) non poteva che dare vita ad un vero e proprio franchise, che perdurò fino alla fine degli anni'90.
Eppure, il primo sequel generato è un film che molti fan dell'Uomo Pipistrello tendono ad ignorare; il che è strano se si pensa che, in un modo o nell'altro, persino i pessimi exploit poi diretti da Joel Schumacher non sono stati vittima del "silenzio" che ha invece colpito "Batman Il Ritorno", mai citato con fervore nelle retrospettive, quando non apertamente disprezzato.
A cosa è dovuta tale vera e propria "rimozione" dalla coscienza collettiva?
Forse a due fattori che rappresentano invece un duplice punto di forza: "Batman Il Ritorno" è un film che non ha quasi nulla a che spartire con le storie a fumetti di Batman, essendo in realtà più un film di Tim Burton al 100% che un adattamento di queste; ed è una pellicola estremamente cupa ed adulta, che potrebbe addirittura scioccare gli spettatori più giovani.




Non per nulla, alla sua uscita non sono mancate le polemiche da parte delle associazioni dei consumatori americane: i personaggi ed il mondo in cui si muovono sono davvero troppo dark e finanche violenti per poter essere venduti agli infanti; un fatto curioso è in proposito esemplificativo: McDonald's doveva inizialmente vendere nei famosi "Happy Meal" una serie di macchinine ispirate al film, ma dopo averne visto un'anteprima per gli sponsor ha deciso di tirarsi indietro per non associare il proprio brand ad un film per soli adulti.
Oggi come oggi sembrerebbe impossibile concepire un blockbuster estivo dando carta bianca ad un autore come il Tim Burton dell'epoca, che con il suo stile gotico e la sua filosofia pessimista rappresentava mondi e personaggi che, in teoria, erano lontani anni luce dai gusti del pubblico generalista; ed ancora più inconcepibile sarebbe presentare, oggi, alle masse un'opera del genere, effettivamente lontana anni luce dai gusti popolari. Eppure la Hollywood dei primi anni '90 era un posto diverso, nel senso di migliore, dove agli executives (almeno a quelli della Warner bros.) per una volta è interessata la qualità (innegabilmente eccelsa) del proprio prodotto, più che la sua effettiva vendibilità. E per una volta questo coraggio gli ha persino ripagati: tolte le polemiche, "Batman Il Ritorno" è stato comunque un ottimo successo di cassetta (benché abbia incassato meno del suo predecessore) e, al di là di questo, rappresenta tutt'oggi uno dei migliori film di Tim Burton, che ad oltre 20 anni di distanza dalla sua uscita non ha perso un grammo della sua carica visionaria.




Ucciso, malauguratamente, il Joker alla fine del primo film, Burton decide di usare gli altri due villain classici dell'Uomo Pipistrello, creati anch'essi da Bob Kane negli anni'40: Catwoman ed il Pinguino; sulla carta i due erano personaggi alquanto bislacchi: la prima una semplice ladra acrobata che si innamora (dopo anni di vita editoriale) di Batman, il secondo un gangster dall'aspetto buffo e del tutto improbabile per il ruolo che ricopre; nelle mani di Burton i due personaggi subiscono però una metamorfosi completa, che permette loro di acquisire spessore e sopratutto una presenza scenica a dir poco inquietante; Catwoman diviene una non-morta in cerca di vendetta, che sfoga la sua rabbia repressa da segretaria sottomessa tramite il furto e il vandalismo; il Pinguino, invece, diviene un personaggio dalla statura iconica: un reietto nella perfetta tradizione burtoniana, brutto, sgraziato e ripugnante, che vive nelle fogne e cerca disperatamente di trovare un suo posto nel mondo.




A differenza di Edward Mani di Forbice, però, il Pinguino non è un buono: la sua natura selvaggia è foriera di violenza, la sua malvagità è pura nonostante la sua forte voglia di normalità; lo sguardo di Burton verso il freak si fa così (un pò come in "Beetlejuice" e come nel successivo "Sweeney Todd) meno netto e manicheo: il Pinguino è malvagio quanto l'altro vero antagonista della pellicola, quel Max Schreck, miliardario senza scrupoli, che lo utilizza ai suoi fini e poi lo getta via; la sua caratterizzazione è però completa e sfaccettata: la sua cattiveria non è innata, ma dovuta all'abbandono da parte dei genitori in tenera età e, naturalmente, alla sua deformità, che lo hanno portato ad odiare i normali, ad invidiarli piuttosto che a comprenderli. E la perfetta riuscita del personaggio la si deve in parte anche alla magnifica interpretazione di Danny De Vito, che letteralmente sepolto sotto un makeup invasivo ed una tuta che ne modifica radicalmente la corporatura, si perde nei meandri del personaggio, costruendone le movenze ed i versi in modo certosino; interpretazione che, chissà perché, non viene mai lodata né ricordata, a differenza di quella di Nicholson per il Joker, ma che a differenza di quest'ultima è decisamente più graffiante, più originale: De Vito non si limita a rifare se stesso, ma crea da zero il personaggio, ossia compie quel lavoro di caratterizzazione che ogni buon attore dovrebbe fare.




Terzo antagonista, come accennato, è Max Schreck, un personaggio inedito, creato dagli autori apposta per la pellicola; mefistofelico ed opportunista, Schreck è la perfetta nemesi di Bruce Wayne: un ricco che sfrutta la città e i propri privilegi a suo favore e a danno dei molti, la perfetta incarnazione della visione demoniaca che Burton ha del capitalismo sfrenato; un capitalismo che, guarda caso, arriva a manipolare la politica per i propri scopi, usando la forza mediatica del freak, candidato a sindaco di Gotham.... vi ricorda qualcosa?




Punto debole in questo sequel è, al solito, la sceneggiatura, commissionata questa volta da Burton a Daniel Waters, già autore del cattivissimo "Schegge di Follia" (1988); script caratterizzato dalla solita vena venefica dell'autore e che Burton riesce a piegare alla sua filosofia, ma che spesso arranca nella costruzione della storia; oltre a mancare di nuovo il background del personaggio di Batman (che vive ancora esclusivamente sulle spalle del carismatico Michael Keaton e delle intuizioni del solo Burton) è pieno zeppo di errori ed incongruenze, forse dovute alla volontà del regista di soffermarsi più sui personaggi che sulle loro azioni; così, però, ci si chiede perchè, ad esempio, Batman accoglie dapprima il Pinguino come un suo simile e, subito dopo e di punto in bianco, comincia a sospettare della sua ascesa alla ribalta. O che fine faccia la lista dei nemici che il Pinguino compila nel primo atto. Perchè, inoltre, egli odia Batman e decide di distruggerlo prima ancora che questi si metta in mezzo alla sua scalata al potere?
Domande senza risposta, che servono solo a mandare avanti il film fino all'inevitabile epilogo.




Fortunatamente, come accadeva nel primo film, lo stile risolleva nettamente le sorti della pellicola; lasciato libero di fare, Burton crea la sua opera più visionaria e radicale; il gotico vittoriano, proprio dell'autore, qui si fonde perfettamente con l'espressionismo tedesco degli anni'20 (non a caso nel nome del personaggio di Walken vi è un gustoso riferimento al mitico "Nosferatu il Vampiro" di Murnau ed il costume del Pinguino è praticamente ricalcato su quello del Dr. Caligari); le architetture si fanno più maestose e disumanizzanti, come le splendide vedute della Gotham notturna o lo stesso costume di Batman, formato non più da linee curve ad imitazione del corpo umano, ma da una geometria severa e quasi robotica. Le statue del Gotham Plaza arrivano addirittura a somigliare all'immagine più famosa dell'imprescindibile "Metropolis", quella del protagonista quasi dilaniato dalle leve/lancette dell'orologio, in una ripresa dell'oggettivismo post-espressionista che ben si adatta al contesto visionario del resto del film.




L'atmosfera è ancora più cupa che nel predecessore, con colori più contrastati e freddi in esterni splendidamente giustapposti a tonalità calde ed avvolgenti negli interni (come nella magnifica scena del ballo in maschera alla fine del secondo atto); sopratutto, Burton spinge sul pedale della violenza: l'atmosfera a tratti si fa genuinemente horror, come nel finale violento e disperato, che culmina nella scena, onirica e un pò straziante, del funerale del Pinguino, la giusta fine per un personaggio che è al contempo vittima e carnefice, Elephant Man ed assassino, degno al contempo di empatia e ripulsa.




E forse proprio "horror" è il termine adatto per definire la pellicola: una fiaba nera, cupa e livida in cui tutti i personaggi lottano per la loro umanità, senza tuttavia riuscirci; Batman, mai come qui, è un uomo perso nella sua maschera, nei suoi tormenti, chiuso in un senso di giustizia del tutto personale; Catwoman è una vittima degli eventi e della sua stessa natura violenta, una donna sottomessa il cui carattere si ribella a tutto in un fuoco che distrugge innanzitutto sé stessa; da antologia la splendida sequenza del ballo (che persino Nolan citerà in "The Dark Knight Rises" senza eguagliarne la carica), dove Batman mostra la sua vera maschera, quella di Bruce Wayne, mentre Catwoman afferma di essere stata divorata dal suo stesso senso di giustizia violenta; due opposti che sono in realtà lo specchio deformato di un unico personaggio: come dirà Batman nell'epilogo, parte di loro è bene, parte male; e se lui è riuscito a schermare il male, lei ne è stata invece totalmente soggiogata.




Il tutto dipinto con tinte forti e fosche, giustapposte all'atmosfera natalizia in cui la storia è ambientata e dove la speranza esiste solo nelle parole di un vecchio amico, che chiudono il film in una nota in realtà dolente. Un dolore che è quello di tre personaggi uno più disperato dell'altro, per questo uno più umano dell'altro, dove nessuno è davvero un villain, se non Max Schreck, ossia l'unico essere umano la cui identità è normale, nel senso di confacente alla propria natura; il "normale" che, come sempre nel cinema del Burton che fu, fa rima con "mostro".




Tutt'oggi la fantasmagoria visiva di Burton non perde di potenza: l'abuso di CGI che lo stesso autore farà più avanti rende ancora più godibile l'estrema fisicità delle visioni di questo secondo Batman, che restano tra le migliori (se non addirittura LE migliori) che abbia mai concepito.
Assieme a "Il Cavaliere Oscuro" (2008) di Christopher Nolan, "Batman Il Ritorno" rappresenta la migliore incarnazione del mito del fumetto su pellicola; lontana anni luce dalla controparte cartacea, essa splende di luce propria: un film visionario, affascinante, scioccante e sorprendente, come solo il grande cinema sa essere.

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