venerdì 5 aprile 2013

Il Pasto Nudo

Naked Lunch
 
di David Cronenberg

con: Peter Weller, Judy Davis, Ian Holm, Julian Sands, Roy Scheider, Nicholas Campbell, Michael Zelniker, Monique Mercure, Robert A.Silverman, Joseph Scorsiani.

Canada, Inghilterra, Giappone (1991)
















"[...] la droga è un affare colossale. [...] Oggi il virus della droga rappresenta il problema sanitario numero uno al mondo. Dato che "Pasto Nudo" è incentrato su questo problema, esso è necessariamente brutale, osceno e ripugnante. Con i suoi dettagli spesso disgustosi, la Malattia non è adatta a stomaci delicati". Con queste parole William S. Burroughs descriveva il suo capolavoro in una postfazione datata 1960. 
"Pasto Nudo" è, in un dato senso, la cronaca di una malattia, la descrizione della tossicodipendenza dal punto di vista di un tossico filtrata tramite il suo delirio, le sue visioni incontenibili e le sue pulsioni irrefrenabili.



Burroughs, poi divenuto perno della Beat Generation, la tossicodipendenza la conobbe ben presto, già negli anni '40, verso i 30 anni. Dopo un relazione con Allen Ginsberg, con il quale restò amico a vita e gli permise di pubblicare i primi lavori, lo scrittore si immerse nell'underground newyorkese mantenendosi come criminale di mezza tacca e piccolo spacciatore, al solo fine di potersi permettere le dosi di morfina. La quale, a sua volta, lo portò tra le braccia dell'eroina. Non per nulla, il suo primo romanzo pubblicato, "Junkie", è una lucida cronistoria della sua dipendenza. 
Ma è ovviamente "Pasto Nudo", del 1959, che ridefinì il concetto stesso di letteratura beat, sia per la forma che per i contenuti e, soprattutto, per le circostanze che ne hanno portato al parto.
Ultimato "Junkie", Burroughs si ritrovò a Città del Messico con la seconda moglie Joan Vollmer. Forse in preda alle sostanze, i due decidono, letteralmente, di rievocare il Guglielmo Tell con una pistola, il che finisce inevitabilmente in tragedia, con la Vollmer morta sul colpo dopo essere stata colpita alla testa. Burroughs scontò per l'accadatuo appena 13 giorni di prigione e non venne mai condannato per uxorcidio, ma, corroso dalla colpa, abbandonò il paese e trovò riparo, alla fine, a Tangeri, ossia la capitale mondiale dei tossici dell'epoca.
Qui Ginsberg lo ritrovò in stato confusionale e letteralmente ricoperto dai fogli sui quali annotava i suoi deliri, le sue visioni distruttive, i suoi incubi malsani fusi con ricordi ed esperienze personali. Tale è il principio di "Pasto Nudo", il parto deviato della disperazione più nera di un autore che sa di aver toccato il fondo.



Nel romanzo non c'è una condanna esplicita all'uso di stupefacenti, nè un tono apertamente moralistico. Burroughs si limita a dare corpo alla sua esperienza in un racconto astratto, fatto di personaggi elusivi, situazioni intangibili ed impressioni infuocate dei fatti piuttosto che i fatti medesimi. Ne risulta un caleidoscopio di situazioni che risucchiano il lettore in un mondo altro, popolato di creature aliene in grado di distruggere fisicamente il partner tramite un orgasmo fatale, tossicomani persi nel vizio, poliziotti violenti e sesso virato allo sfruttamento umano e materiale del prossimo, con lo spettro della morte sempre pronto a spuntare senza preavviso. 
Non c'è un'azione portante, né una tematica centrale, tantomeno personaggi ricorrenti veri e propri. Il dottor Benway e William Lee, perni di alcuni capitoli, sono per lo più ombre senza scopo che si muovono come sotto ipnosi, spinte dai bisogni più basilari.
Su tutto vige però una contrapposizione netta, quella tra l'uomo comune e il potere, dove quest'ultimo tende a stritolare il primo, a ridurlo a oggetto su cui sperimentare le proprie pulsioni ed ossessioni, visione filtrata del maccartismo attraverso l'occhio deformato e deformante del delirio tossico.



L'eredità di "Pasto Nudo", inutile dirlo, è immane, ma ancora maggiore è stato il carico di guai che ha procurato al suo autore, primo fra tutto un processo per oscenità, conclusosi solo nel 1966 con un'assoluzione, dovuta anche all'intervento di Ginsberg, proprio lui che dovette difendersi giusto qualche anno prima dalle stesse accuse per il suo "Howl".
David Cronenberg, dal canto suo, aveva subito l'influenza dell'opera di Burroughs già in "Scanners" e con "Inseparabili" aveva già dato corpo nel 1988 ad una storia di autodistruzione tramite la droga. La volontà di traslare "Pasto Nudo" sul grande schermo si palesa verso la seconda metà degli anni '80, ma si scontra da subito con l'estrema difficoltà insita nel tradurre in racconto le pagine del romanzo, troppo astruse per una pellicola mainstream, troppo evanescenti per creare una narrazione pur anticonvenzionale che sia. Il progetto era sull'orlo del naufragio, finché il grande regista canadese decide di optare per una trasposizione libera, che fonde le immagini del libro con la biografia del suo autore, in modo da creare una storia più coerente. 
Ottenuti i fondi grazie ad un accordo senza precedenti con le autorità canadesi e affidata la produzione al mitico Jeremy Thomas (già fautore di "Merry Christmas Lawrence"), Cronenberg riesce a dare vita ad un'opera scostante e ipnotica, un viaggio allucinato eppure al contempo lucido nella vita di Burroughs, nei meandri della tossicodipendenza e verso i limiti della follia che ad oggi potrebbe ben costituire il suo capolavoro.




William Lee (interpretato da un ottimo Peter Weller, il quale ammetterà con franchezza di non amare la sua performance, la quale invece si adatta perfettamente al personaggio) diventa l'alter ego di Burroughs e attraversa un'allucinazione che è vita di mezzo tra la sua vita e i suoi scritti. La realtà, come in "Videodrome" , è mera percezione del reale, l'abuso di stupefacenti porta così ad una mutazione della realtà stessa, da cui un viaggio verso Tangeri e la famosa "Interzona" che altro non è se non un vagabondaggio tra le strade di una New York filtrata tramite gli stupefacenti. 
Il linguaggio filmico di conseguenza muta (nuovamente) in qualcosa di diverso, tanto familiare quanto alieno, perfettamente ancorato ad una messa in scena "classica", purgata di virtuosismi sino ali limiti dello ieratico, eppure perennemente usata come veicolo per ritrarre la distorsione mentale del protagonista.
Il suo intento, forse, è davvero l'eradicazione di ogni pensiero razionale, l'abolizione di una percezione di una realtà oggettiva e coerente in favore di un pensiero puro, non filtrato da nulla che non sia prettamente inconscio (come esplicitato nel dialogo iniziale). Da cui la percezione di una realtà che per forza di cose si fa alterata al pari dell'alterzione mentale, ingabbiata nei bisogni della dipendenza, che diventa input principale da inseguire e soddisfare.




Nella rielaborazione cronenberghiana delle esperienze di Burroughs, l'atto della scrittura diventa forma sessuale, esplicitazione laterale di un impulso che la droga sopisce e che si sfoga mediante la parola scritta piuttosto che con la penetrazione. La macchina da scrivere diventa feticcio carnale, organo esterno eppure connaturato alle pulsioni corporali, il quale detta gli impulsi e dà loro sfogo definitivo. Da cui la sessualizzazione della scrittura, con la sequenza del coito tra Hank (alter ego di Jack Keruac) e Joan mentre Martin (a sua volta alter ego di Allen Ginsberg) recita dei versi. E, in seguito, l'uso della parola come mezzo per stimolare sessualmente la macchina-insetto e il partner sessuale.





La "nuova carne" è così nuovo linguaggio messo al servizio di un nuovo corpo avente nuovi bisogni. E, a sua volta, la carne non più umana, ma quella del Mugwump ("Moscibecco" nella traduzione italiana del libro e che a partire dalla letteratura burroughsiana diverrà un neologismo nella lingua inglese per indicare i repubblicani e, in un secondo momento, coloro che non supportano nessun partito politico) o del millepiedi nero, viatico per la distruzione della razionalità.
Il subconscio prende così il sopravvento e Lee è chiamato a confrontarsi con il senso di colpa per l'omicidio della moglie. Da cui la creazione di un doppio, Joan Frost in quella Tangeri che è puro luogo della mente, con la quale intreccia una relazione che a sua volta si arrotolerà su sé stessa per tornare al punto di partenza, in un finale che crea un perfetto loop, un purgatorio nel quale Lee è costretto a dimenarsi senza continuità.




Laddove la scrittura è sublimazione sessuale, l'identità sessuale si frammenta. A Lee viene chiesto di farsi passare per un omosessuale, da cui l'identità sessuale di Burroughs, apertamente omosessuale in un periodo di gretta intolleranza. Da cui la rielaborazione di Lee della sua identità sessuale come copertura, come maschera volta a svolgere una "missione", la quale risulta più vera di quella effettiva e che è a sua volta "maschera reale" dell'autore.
Al contempo, la lotta tra fazioni politiche di cui Lee è il centro e agente diventa incarnazione della paranoia latente nel primo periodo della Guerra Fredda, con le azioni individuali che si teme mosse da agenti esterni, il realtà pura estrinsecazione di un sentimento inconscio.
"Il Pasto Nudo" diventa così un luogo filmico rivolto a dare corpo al luogo della mente di un autore letterario filtrato dal pungo di vista di un autore filmico, il quale non solo dimostra di comprenderne pienamente la poetica, ma anche di saper riuscire a dare a questa un corpo filmico compiuto e definitivo.





Nella sua disanima silente di un'esperienza distruttiva, Cronenberg non celebra la tossicodipendenza (come qualche critico miope ha pure cercato di affermare), ne da piuttosto un ritratto a tinte forti usando un punto di vista esterno e distaccato, non giudicando, ma mostrando senza veli né abbellimenti la deriva mentale che porta con sé. Il biasimo, di conseguenza, è connaturato al ritratto in sé stesso, ma viene lo stesso lasciato totalmente in mano allo spettatore, il quale, dinanzi alle immagini torbide e violente, sa da solo come giudicare.




Con la sua capacità di rappresentare una psiche alla deriva, le immagini splendide magnificamente accompagnate dalle note di Howard Shore e contrappuntate dal sax acido di Ornette Coleman, "Il Pasto Nudo" è un capolavoro di stile che restituisce alla perfezione la statura di un autore unico e la sua esperienza mortifera e affascinante.

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