giovedì 25 aprile 2013

Crash


di David Cronenberg.

con: James Spader, Deborah Kara Unger, Holly Hunter, Elias Koteas, Rosanna Arquette, Peter McNeill, Yolande Julian, Cheryl Swarts, Judah Katz.

Erotico/Cyberpunk

Canada, Inghilterra (1996)
















---SPOILERS INSIDE---

Nel 1996, David Cronenberg è un cineasta riverito dalla critica e che è riuscito a ritagliarsi un posto d'onore come autore di culto presso il pubblico più smaliziato ed esigente. Ma anche questo status non lo ha certo difeso da critiche, anche feroci, rivolte verso i contenuti di "Crash" e già alla sua presentazione al Festival di Cannes, quell'anno presieduto da Francis Ford Coppola.
Critiche legittime? Forse solo in parte.
Partendo dall'inizio: Cronenberg torna a lavorare con il produttore Jeremy Thomas dopo "Il Pasto Nudo" per adattare su schermo un altro romanzo definito "infilmabile", ossia "Crash", scritto dall'acclamato J.C. Ballard nel 1973 ed inteso da lui come ammonimento verso l'estremizzazione della feticizzazione tecnologica.
Nelle mani di Cronenberg, la storia assume nuovi significati, divenendo un saggio su di una sessualità nuova ed incontenibile e che fonde la sua passione per i motori con la sua filosofia carnale; "Crash" è così il suo film più genuinamente erotico e più incontrovertibilmente disturbante, stretto tra immagini di lussuria e massacro indelebili.




James Ballard (Spader), noto regista pubblicitario, è sposato con la bellissima Catherine (Deborah Kara Unger), con la quale vive una relazione aperta che porta entrambi ad avere più partner e a raccontarsi i rapporti avuti per rendere più spinto il proprio. Dopo un incidente stradale avuto contro il medico Helen Remington (Holly Hunter), grazie a questa conosce il sinistro Vaughan (Elias Koteas) e insieme a loro scoprirà una nuova forma di piacere, dove la carne si intreccia alle lamiere e al motore delle automobili.




Anche la "nuova carne" ha fatto il suo tempo. Il desiderio sessuale, pur esplicitato, non trova piena soddisfazione in una società fatta di cemento e metallo. Il nuovo limite della sessualità viene così dato dal superamento del confine della sola carne per il metallo e il corpo viene mutilato e riplasmato come oggetto nuovo, che ha superato e assimilato questa nuova forma di desiderio. Non il puro e semplice "martirio della carne" come mezzo per tornare a sentire sensazioni sopite che Shinya Tsukamoto decanta in quello stesso periodo con "Tokyo Fist", ma qualcosa di più estremo e diretto.




L'automobile non è più semplice feticcio fallico o mera alcova del piacere, ma nuovo organo sessuale e al contempo nuovo partner. Lo schianto è il nuovo orgasmo, la distruzione materiale del corpo fisico e di quello meccanico è il nuovo coito. Tra Eros e Thanatos, dolore e piacere, amore e morte non c'è più differenza e i profeti di questa nuova sessualità sono le celebrità di Hollywood la cui vita è stata stroncata in un incidente, come James Dean e Jayne Mansfield, le cui morti vengono portate in scena in modo pornografico. L'incidente diventa atto sessuale puro, la distruzione è l'apice del piacere, come nella scena in cui i personaggi guardano i filmati dei test-drive ed Helen non riesce a sopportare il fatto che il movimento si sia interrotto prima dello schianto.
In questa nuova sessualità, le barriere di gender scompaiono, non esistono rapporti omosessuali o eterosessuali, solo rapporti, solo un gigantesco agglomerato di carne e acciaio che porta ad una forma di piacere unica ed universale.




Un piacere che passa anche per la symphorophilia, quella forma di perversione nata nel XX secolo e che porta le persone a provare soddisfazione sensuale nella visione di una tragedia, in particolare automobilistico. La "tesi" si fa così avvenieristica, tanto che "Crash" è assimilabile in tutto e per tutto alla narrativa cyberpunk meno convenzionale, quella più lontana dai luoghi comuni del filone.
La componente tecnologica è data dall'automobile, che oltre tutto è nuovo partner sessuale, da cui la "gelosia" di Vaughan verso il finale.



Oltre la sessualità, c'è nuovamente una mutazione fisica del corpo. Proprio Vaughan afferma inizialmente come il suo intento sia quello di riplasmare il corpo per una nuova era (come i famosi "mad doctors" dei primi film di Cronenberg) e benché smentisca questa volontà (usata per celare la sua perversione), i corpi dei personaggi portano su sé i segni di una "nuova" sessualità. Il più palese è quello di Gabrielle (Rosanna Arquette), storpiato, mutilato e solcato da profonde cicatrici, non il corpo di una sopravvissuta, né di una semplice anormale (come pure si definisce), bensì quello di un essere che ha trasceso i confini della sessualità tradizionale, tanto che la sua cicatrice diventa anch'essa un nuovo organo sessuale.
Cronenberg insiste sin dall'inizio sulle ferite dei personaggi, inquadrandole come veri feticci erotici, come organi temporanei pronti a dare piacere, non mera conseguenza di un piacere raggiunto o marchi del dolore.
E benché la mutazione fisica-ideantitaria sia ancora parte della riflessione, per la prima volta l'autore porta in scena personaggi che non vengono deviati dagli eventi, ma sono già all'inizio persi in forme di perversione. Perversioni "antiche", parte integrante del costume umano, che vengono "solo" elevate ad un livello nuovo e successivo.




La forma di questa riflessione cyberpunk è quantomai rigorosa. I dialoghi sono ridotti all'essenziale, le inquadrature controllatissime, la fotografia del fido Peter Suschitzky crea un'atmosfera invernale e opprimente, togliendo ogni colore dalla palette cromatica che si fa quindi metallica, fredda come i nuovi corpi che ritrae. Non c'è voyeurismo nel mostrare il sesso e, soprattutto, non c'è spettacolarizzazione nelle scene che coinvolgono gli incidenti, spesso anzi lasciati fuori scena. Cronenberg non esalta il brivido della morte su quattro ruote, come i detrattori hanno pur cercato di sostenere, si limita come un chirurgo, qui come non mai, ad osservare questa "nuova umanità" che si distrugge per il piacere. L'unica forma di spettacolo viene data dalle note di Howar Shore, con uno score potente e più ritmato del solito.




Ed è proprio il rigore formale a rendere "Crash" un'opera unica e riuscita, un saggio sulla perversione lontano dalle facilonerie e da ogni forma di scopofilia. Tanto che persino Coppola, che pare lo odiasse, alla fine decise di premiarlo con il Gran Premio della Giuria, ossia il premio più importante di Cannes dopo la Palma d'Oro.

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