venerdì 13 luglio 2018

Unsane

di Steven Soderbergh.

con: Claire Foy, Amy Irving, Joshua Leonard, Juno Temple, Sarah Stiles, Zach Cherry, Matt Damon.

Thriller

Usa 2018
















La sperimentazione sfrenata non sempre porta a buoni risultati, anche per un cineasta eclettico come Steven Soderbergh; basti ricordare, in proposito, quell'immenso strafalcione che fu l'esperimento di "Intrigo a Berlino", dove la voglia di ricreare un cinema d'altri tempi con i mezzi di una volta non era accompagnato da uno script all'altezza. Lo stesso si potrebbe dire per "Unsane", che propone soluzioni tecniche ardite a fronte di una storia piuttosto banale, non tanto nella premessa quanto nello sviluppo.
Eppure, questa volta la mano di Soderbergh è ferma e ispirata, riuscendo così a filmare un thriller canonico ma lo stesso interessante.



L'avvio della vicenda è quanto mai intrigante: la giovane Sawyer (Claire Foy) chiede un consulto ad uno psichiatra a causa di un recente episodio di stalking; il che porterà inavvertitamente ad un suo ricovero forzato in una struttura psichiatrica dove nulla è ciò che sembra.
La paura, quanto mai attuale nella società americana, di un TSO abusivo ed intrusivo si materializza in pieno, lasciando però, almeno nelle battute iniziali, lo spazio per una squisita ambiguità: non è dato sapere se ciò che accade sia reale o il frutto di una mente plagiata da manie di persecuzione. Alla comparsa repentina dello stalker possono essere attribuite ragioni del tutto paranoiche, lasciando lo spettatore letteralmente in balia degli eventi.
Il punto di riferimento è lo splendido "Il Corridoio della Paura" di Fuller, che ritorna anche nelle forme della sottotrama che vede un giornalista internarsi volontariamente per studiare i metodi di custodia dell'ospedale. Ma manca quell'attenzione per i personaggi secondari, così come uno stile visionario a dare corpo alla follia.



Soderbergh predilige infatti una messa in scena oggettiva, con solo qualche concessione espressionista nelle scene di furore della protagonista; movimenti chirurgici (tra cui l'uso di una steady "kubrickiana") ed una insistita profondità di campo danno vita allo straniamento di Sawyer in modo diretto, ma mai virato verso l'espressionismo, restando sempre ancorati ad una percezione ai limiti dell'oggettivo della realtà.
Laddove la messa in scena è attenta, altrettanto non si può dire per lo script, che abbandona quasi subito l'ambiguità di fondo per virare verso territori più convenzionali e rassicuranti, rendendo il tutto prevedibile.



Più interessante è invece il discorso che Soderbergh sembra voler fare sul mezzo filmico; o, meglio, sulla ripresa digitale; lui, uno dei pionieri dell'uso del digitale già ai tempi di "Bubble" (2002), ora osa ancora di più ed usa per l'intero film un iPhone al posto della macchina da presa; le limitazioni sono subito avvertibili: la fotografia risente di cromatismi piatti anche quando ricercati (il blu del finale), mentre per creare le immagini profonde è stato comunque necessario adoperare obiettivi professionali.



Limiti a parte, Soderbergh ripensa la messa in scena filmica in un mondo che oramai vive attraverso il cellulare: sia esso strumento di comunicazione che mezzo per incontrare nuova gente o, finanche, unico appiglio di salvezza, lo smartphone è divenuto un vero e proprio filtro che l'essere umano usa per comunicare con il reale. Ne consegue che una messa in scena obiettiva non può prescindere da questo filtro, sorta di occhio cronenberghiano che si frappone tra il reale e lo spettatore; la realtà oggettiva diviene così quella ripresa dall'occhio del cellulare, anche quando è la paranoia ad inquinare la percezione della stessa da parte di chi la vive.



Più interessante che riuscito, "Unsane" resta thriller fin troppo convenzionale, che però riesce a dare un'adeguata lettura all'epoca del digitale e della realtà aumentata, della fine del cinema come lo conosciamo come rappresentazione calzante del reale e della nascita di un nuovo mezzo espressivo, certamente meno raffinato ma perfettamente calzante ai tempi che corrono.

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