con: Nicole Tompkins, Rowan Smyth, Dan Istrate, Shu Sakimoto, Circus-Szlalewski.
Canada 2018
Pensare che nel 2020 il mockumentary possa ancora dire qualcosa di fresco ad un pubblico oramai smaliziato e cosciente della falsità su schermo, sembrerebbe improbabile. Eppure, "Antrum" riesce a creare qualcosa se non originale, quantomeno riuscito, prendendo in prestito il registro mockumentaristico e inserendolo come cornice di un simpatico esperimento vintagexploitation.
Centro nevralgico è, appunto, "Antrum", film nel film, anzi leggenda fatta realtà. Una pellicola girata (per finta) negli anni '70 e che ha causato sciagure e drammi ogni volta che è stata proiettata. I punti di riferimento dei registi Amito e Laicini sono citati esplicitamente, ossia "Ringu" e, sopratutto, il "Cigarette Burns" di John Carpenter, anche se l'antecedente più diretto è il misconosciuto "La Rage du Démon" del 2016, vera ricerca su di un film maledetto attribuito a George Meliés. I due autori, però, non si limitano a riproporre un modello collaudato, introducendo una nota di originalità mostrato il film maledetto nella sua interezza.
Qui il gioco metafilmico si fa ancora più gustoso, con messaggi subliminali e simbolismi satanici celati all'interno delle immagini e esplicitati nel finale, dove il registro falso-documentaristico viene ripreso per spiegare parte di ciò che (non) si è visto.
Il pezzo forte resta la costruzione del film nel film, dove la patina vintage dona a tutto un tocco retrò che ben si sposa con l'atmosfera sinistra.
"Antrum" è un vero e proprio omaggio a tanto cinema di genere degli anni '70; si incontra, ovviamente, il filone demoniaco post "Rosemary's Baby", ma anche rimandi espliciti agli horror di Fulci, con il piccolo Nathan truccato a immagine e somiglianza di Giovanni Frezza.
Piuttosto che affidarsi agli spaventi o puntare unicamente sullo straniamento dato dagli inserti invisibili, i due autori decidono di creare un horror campestre tutto basato sull'atmosfera. I boschi canadesi divengono così un'incarnazione terribilmente terrena dell'Inferno e da lussureggianti macchie si fanno, piano piano, lande claustrofobiche bruciate dal sole. L'orrore resta sempre celato, persino quando le incarnazioni demoniache sono visibili. Tutto rimane ancorato ad una forma di terrore astratto, invisibile eppure tangibile, sottolineato dallo score inquietante e da un sonoro (curatissimo) in grado di far accapponare la pelle.
"Antrum" si pone quindi come un gustoso esperimento che sa essere coerente e riuscito pur prendendosi terribilmente sul serio. Un gioco divertente, per una volta non afflitto da ambiziosi troppo grandi in un filone che troppo spesso ha cercato l'intelligenza trovando solo la furbizia.
Pensavo di fare la fine di Synergo, che si è beccato l'orzaiolo guardandolo XD.
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