sabato 4 luglio 2020

Sentinel

The Sentinel

di Michael Winner.

con: Cristina Raines, Chris Sarandon, Arthur Kennedy, Burgess Meredith, Deborah Raffin, Eli Wallach, Ava Gardner, José Ferrer, Jerry Orbach, Sylvia Miles, Beverly D'Angelo, John Carradine, Christopher Walken, Jeff Goldblum, Tom Berenger.

Thriller/Horror

Usa 1977












---CONTIENE SPOILER----

Quanto tempo serve davvero ad una pellicola per diventare un cult? Domanda che ha diverse risposte, che variano a seconda del film preso in esame. Se si pensa, ad esempio, a "Dawn of the Dead" e "Halloween", la passione suscitata è praticamente contemporanea all'uscita in sala. Ma uno dei significati di "cult" risiede proprio nell'attività di "riscoperta" che una parte del pubblico fa verso un'opera che magari alla sua uscita è stata ignorata, per poi divenire amatissima.
"The Sentinel" si pone idealmente a metà di questi due estremi: buon esito commerciale alla sua uscita, comincia però a divenire oggetto di culto solo nel decennio appena trascorso, con recensioni entusiastiche che ne sottolineano l'ottima atmosfera e, sopratutto, la capacità di anticipare tematiche e scelte narrative di altri horror immediatamente successivi.
Riscoperta tutto sommato meritata: l'horror para-psicologico di Michael Winner ben riesce ad amalgamare atmosfera e suggestioni gotiche con efficaci concessioni allo splatter, restando perfettamente godibile anche oggi, nonostante l'estrema classicità della messa in scena.




La trama, adattata per lo schermo dallo stesso Winner, è ripresa dal romanzo omonimo di Jeffrey Konvitz; a New York, la modella Alison Parker (Cristina Raines), decide di allentare la relazione con l'avvocato Micahel Lerman (Chris Sarandon) e di andare a vivere per conto proprio. Trova così, per puro caso, l'ideale abitazione in un vecchio palazzo di Brooklyn, abitato da strani individui, tra i quali spunta un prete (John Carradine) non-vedente eppure perennemente affacciato ad una finestra.




Winner riunisce un cast d'eccezione, che alterna grandi glorie di Hollywood a nuove leve che di lì a poco sarebbero esplose come star: Chris Sarandon aveva già ricevuto una nomination agli Oscar per la sua performance in "Quel Pomeriggio di un Giorno da Cani" di Lumet; Ava Gardner, all'epoca cinquantacinquenne, dimostra ancora di avere fascino; il grande caratterista John Carradine (padre di David, Keith e Robert) è perfetto nei panni del misterioso prelato; Arthur Kennedy, Eli Wallach e José Ferrer risplendono in piccoli ruoli, mentre spuntano i giovanissimi Jeff Goldblum (che lo stesso Winner aveva scoperto qualche anno prima ne "Il Giustiziere della Notte") e Christopher Walken (che giusto un anno dopo avrebbe vinto l'Oscar per "Il Cacciatore"); due ruoli indimenticabili per la conturbante Sylvia Miles e una giovane Beverly D'Angelo, mentre Burgess Meredith appare in un doppio ruolo che ne celebra l'insospettabile duttilità.
Al centro di tutto, come protagonista, Winner porta la bellissima modella Cristina Raines, che sempre nel '77 apparirà ne "I Duellanti" di Scott. E' lei, bella ed espressiva, il punto di vista di una vicenda dove realtà e pure impressioni si mescolano.




Se la messa in scena è talmente classica da apparire talvolta antiquata, sopratutto se messa a confronto con l'horror americano dell'epoca, la storia per se ha una forza visionaria notevole.
L'ispirazione deriva palesemente dal "Rosemary's Baby" di Polanski, ma la creazione di una mitologia satanica terrena anticipa di qualche anno le intuizioni di Argento e Fulci. L'idea di un Inferno situato appena sotto la realtà, materiale e materialistica, di una metropoli moderna appare qui per la prima volta e tutto sommato viene ben sfruttata.
Winner, dal canto suo, non è certo un visionario al pari di coloro che ne riprenderanno l'intuizione: non ci sono vere visioni oltremondane, né vere incursioni nel fantastico a tutto tondo. Tutto viene sapientemente limitato a fugaci visioni e suggestioni che, tuttavia, ben riescono ad ingenerare nello spettatore un senso di disagio, restando sempre sul limite lisergico tra realtà e paranoia. E quando il fantastico esplode, in un trionfo finale di simbolismi macabri, la messa in scena, benché ancorata alla verosomiglianza, non fa rimpiangere incursioni più marcate nel sovrannaturale; Winner adopera con cura la forza espressiva degli attori alla disturbante visione di veri e propri "freaks" adoperati per dare corpo alla dannazione; trovata criticabile quanto si vuole, ma estremamente efficace.




Non meno efficace è il senso di disagio strisciante costruito durante i primi due atti. Con pochi elementi ben enfatizzati, Winner riesce ad ingenerare una perenne sensazione scostante; largo utilizzo è dato alla scenografia, che alterna location eleganti a stanze desolate, senza fare ricorso ad ambienti asettici come invece farà Kubrick in "Shining" ed anzi lasciando che la polvere e il mobilio consunto donino un'aura gotica al tutto.
E quando si decide di calcare la mano, la regia non si tira di certo indietro: conturbante e al contempo disturbante è la scena della masturbazione di Beverly D'Angelo, anch'essa criticabile per il ricorso all'uso dell'omosessualità come devianza, dovuta alla forte indole conservatrice del regista, il quale riesce comunque a spiazzare.



Ottima anche la prova della Raines, che purtroppo non apparirà più in pellicole memorabili: la sua Alison è una donna emancipata e al contempo fragile, non una semplice donzella in pericolo, ma neanche un personaggio forte, alla quale dona un'espressività notevole.
"The Sentinel" merita, tutto sommato, la riscoperta che ha avuto. Dimostra di non essere invecchiato benissimo per alcuni aspetti, mentre per altri riesce perfettamente ad affascinare e spiazzare ancora oggi.

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