lunedì 10 ottobre 2022

Hellraiser

di David Bruckner.

con: Jamie Clayton, Odessa A'Zion, Adam Faison, Drew Starkey, Brandon Flynn, Aoife Hinds, Jason Liles, Goran Visnjic, Selina Lo, Vukasin Jovanivic, Yinka Oloruniffe.

Horror

Usa, Serbia 2022















E' forse un'affermazione poco condivisibile, ma probabilmente la serie di "Hellraiser" è sempre stata sopravvalutata. Già il primo film, datato 1987, non è il capolavoro che molti declamano; ha sicuramente dei pregi, ma anche il grosso difetto di trattare la tematica della devianza sessuale senza mai riuscire ad essere davvero morboso o realmente spiazzante. Il che è anche strano visto che dietro la macchina da presa c'è proprio Clive Barker, l'autore di quel "The Hellbound Heart", racconto lungo che ha dato vita al tutto e che certo non si è tirato indietro sull'argomento nelle relative pagine. Non un brutto film, sia chiaro, quanto il tipico esempio di pellicola che non riesce a mettere a frutto tutto  il suo potenziale. Ma va anche dato merito al merito: Barker è davvero riuscito a creare qualcosa di atipico in un panorama ancora dominato dallo slasher nudo e puro e al contempo ha creato delle icone horror immediatamente riconoscibili. Merito anche di Dough Bradley nei panni di quel "lead cenobite" che poi prenderà il nome di Pinhead, che caratterizza come un sacerdote dai modi eleganti e dall'indole tanto calma quanto implacabile.



Quando poi il titolo ha cominciato ad ingranare, anche perché è stato in grado di appassionare fin dall'esordio, si è avuto giusto un seguito riuscito, quel "Hellbound: Hellraiser II" che alza l'asticella dello spettacolo, ma non riesce ancora a convincere come horror tout-court. Per il resto si ha la classica routine: un terzo capitolo del 1992 che riprende i topoi dello slasher appiattendo maggiormente il tutto, un quarto, decisamente ambizioso, "Bloodline" del 1996, letteralmente maciullato dai Weinstein tra reshoot, cambiamenti dell'ultimo minuto ed un montaggio alla bene e meglio, per poi virare verso lo straight-to-video... in maniera alquanto stramba.



Con una mossa tanto strana quanto inedita, i Weinstein decidono di mettere in cantiere tutta una serie di sequel low-budget, usando però degli script di loro proprietà i quali presentavano storie originali e non correlate all'immaginario barkeriano in alcun modo, chevengono riscritti solo per aggiungere le apparizioni dei Cenobiti di volta in volta; con la conseguenza che se nei primi film l'orrore era basato sulla fisicità, sulle torture inferte ai corpi di vittime ignare o complici che fossero, ora è totalmente basato sulla psicologia, con storie che spesso prendono le forme di una discesa in un inferno personale nel quale i Cenobiti sono dei mostri della mente, rappresentazione di traumi talvolta repressi.
I primi due capitoli sono in tal modo estremamente chiarificatori: "Hellraiser: Inferno" (paradossalmente uno dei migliori di tutta la serie) è un viaggio nella psiche di un poliziotto corrotto i cui traumi infantili e non cominciano a riaffiorare alla mente, mentre "Hellraiser: Hellseeker" è il più classico thriller psicologico nel quale un protagonista psichicamente a pezzi rielabora il trauma della perdita.
Formula simile viene usata in "Hellraiser: Deader", la quale viene però declinata come un mystery dove la protagonista deve svelare l'arcano di un gruppo di ragazzi che sembrano essere divenuti immortali. Il successivo "Hellraiser: Hellworld" è invece uno slasher estremamente convenzionale che baratta le suggestioni psicologiche per una storiella di vendetta da due soldi, caratterizzandosi come il peggiore di tutta la serie. Almeno fino agli ultimi due capitoli targati Dimension Film.




"Hellraiser: Revelations" viene prodotto con un miserevole budget di circa 350 mila dollari e con l'unico scopo di non perdere la licenza di sfruttamento dei diritti del franchise, tanto che persino Doug Bradley decide di non prenderci parte. In parte found-footage da accatto, in parte kammerspiel da due soldi, vorrebbe essere una sorta di "Teorema" virato all'horror e dalla sua ha anche un colpo di scena abbastanza significativo, ma non riesce davvero mai a coinvolgere o convincere.
In compenso, il successivo "Hellraiser: Judgement" cerca di svecchiare la formula introducendo ulteriori elementi sovrannaturali alla mitologia, ma fallisce miseramente nell'intento di dare dignità ad una storiella poliziesca stravista e condotta davvero con troppi pochi mezzi per risultare davvero interessante.
Un reboot della serie era quindi necessario prima ancora che auspicabile, avendo terminato ogni possibile interesse nelle mani di una casa di produzione che, tra uno scandalo e una maldicenza, sembrava non avere davvero interesse a ridare linfa vitale ai demoni del piacere di Clive Barker.
Arriva quindi Hulu, che acquista i diritti delle opere di Barker e mette subito in cantiere un remake del primo film, che doveva inizialmente essere diretto dallo stesso Barker, oltre che un adattamento della celebre serie dei "Books of Blood".
Sfortunatamente non tutto va come previsto: "Books of Blood" viene ridimensionato ad un singolo film e l'idea di creare una sorta di "Clive Barker Cinematic Universe" del tutto scartata. Il nuovo "Hellraiser" perde poi la partecipazione dell'autore, per motivi ancora ignoti, ma trova manforte in David Bruckner, chiamato a prenderne le redini, il quale dimostra entusiasmo fin dai primi momenti. E, purtroppo, trova anche la collaborazione di David S. Goyer, non proprio la persona più adatta ad un progetto del genere, il quale però viene fortunatamente arginato in ruolo di autore del soggetto originale. Ed così che questa resurrezione del mito di Clive Barker riesce lo stesso a rivelarsi interessante.


Non un remake nel primo film, né un nuovo adattamento del racconto originario, questo "Hellraiser 2022" è più che altro una reinterpretazione della mitologia barkeriana con al centro nuovi personaggi ed un intreccio inedito.
La Configurazione del Lamento, i Cenobiti e persino il loro dio Leviathan assumono un nuovo ruoloe nuove forme. Non più "demoni per alcuni, angeli per altri", portatori di un piacere talmente estremo da sfociare oltre la soglia della distruzione fisica, i Cenobiti sono ora come dei "geni della lampada" maligni, votati ad ottenere sacrifici di sangue per Leviathan donando in cambio una serie di desideri, ovviamente contorti verso il sangue.
Il piacere e l'autodistruzione sono comunque al centro del racconto. Seguendo la storia di Riley (Odessa A'Zion), ex alcolizzata e tossica che cerca di sbarcare il lunario, la quale finisce al centro delle macchinazioni demoniache suo malgrado e tenta di salvare il fratello Matt (Brandon Flynn), si è introdotti per prima cosa alla carnalità di questi personaggi e all'indole masochista della protagonista. Purtroppo, proprio come accadeva nel primo film, anche qui gli aspetti più estremi vengono usati come contorno e la tematica della devianza adoperata al massimo come strumento di trama. Ma fortunatamente, ciò non inificia più di tanto la visione, la quale semmai trova un limite in uno script a tratti troppo lungo e dove alcuni elementi essenziali vengono dati per scontati, come, su tutti, la capacità delle inferriate nella villa di respingere i Cenobiti.




La tensione è gestita abbastanza bene, benché quasi sempre basata sull'aspettativa piuttosto che sulla suspense vera e propria; e per una volta, persino la trovata di celare il gore fino per tutta la prima parte alla fine paga. 
A funzionare ottimamente è invece la reinvenzione dell'iconografia barkeriana: Pinhead torna ad essere il lead cenobite e ad avere aspetto femminile come nel racconto originario e trova un volto ed un copro perfetto in un'ottima Jaimie Clayton, unica vera e più che degna erede di Doug Bradley. Gli altri mostri trovano anch'essi una perfetta reinvenzione, calibrata tra l'omaggio al passato ed una vena di novità che li rende al contempo familiari ed originali.




Alla fin fine, la reinvenzione funziona e il franchise ha di nuovo dignità. E si spera che la buona accoglienza riservata a questo reboot sia il preludio ad ulteriori adattamenti delle opere di un maestro dell'horror ancora oggi sin troppo di nicchia.

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