di Pedro Almodòvar.
con: Julianne Moore, Tilda Swinton, John Turturro, Alessandro Nivola, Juan Diego Botto, Raùl Arévalo, Esther McGregor.
Drammatico
Usa, Spagna 2024
Il passaggio al cinema in lingua inglese è quasi sempre traumatico per un autore affermato, soprattutto quando questo avviene in una fase avanzata della sua carriera. Per Almodòvar, fortunatamente, questo trauma non si è verificato.
La Stanza Accanto è infatti un suo ennesimo exploit clamorosamente riuscito, un dramma intimista sulla paura della morte che riesce a convincere certamente grazie alle ottime prove di Tilda Swinton e Julianne Moore, ma anche per il tono che il regista spagnolo adotta nell'approcciarsi ad una materia fortemente sentita.
Ingrid (la Moore) è una affermata scrittrice, la quale incontra dopo anni la vecchia amica Martha (Tilda Swinton). Quest'ultima è malata terminale e la coinvolge, suo malgrado, nella sua vita quando le chiede di assisterla nelle sue ultime ore di vita. Martha ha infatti deciso di sospendere le cure e suicidarsi avvelenandosi prima che il tumore la stronchi.
Alla base di tutto c'è la morte. Non solo la "dolce morte" dell'eutanasia, preferita ala deperimento incalzante dato dal cancro, quanto la morte come concetto onnipotente e inevitabile.
Con la sua scrittura fluviale, Almodòvar crea un dialogo costante tra Ingrid e Martha, ma anche con il personaggio di Damian (John Turturro), ex amante di entrambe e ora amico; un dialogo che porta a galla paure e insicurezze riguardo la fine della vita e al modo in cui bisognerebbe approcciarvisi; ed è in quest'ultima sfaccettatura che il film sorprende.
Il tono è elegiaco, ma mai davvero patetico, anzi talvolta sconfina persino nel buffo quando i personaggi sono chiamati a compiere gesti in apparenza inutili o superflui che ne rivelano l'attitudine vitale.
Per Almodòvar la morte è una tragedia inevitabile, ma non bisogna affrontarla con sfiducia, né con gioia. Nella sua ottica atea, la morte è la fine, ma è anche un termine ineluttabile, per questo è inutile esserne frustrati. Da qui la visione ambivalente dell'eutanasia: essa è sicuramente un diritto che va riconosciuto a chi decide di voler evitar l'inutile sofferenza dello sfiorire della vita, ma non deve essere vista per forza come una liberazione, né il suo ricorso rende meno tragica la dipartita di un amato. Il perno, di conseguenza, è la libera scelta che deve essere sempre lasciata al morente e Almodòvar, ad ogni modo, si concentra anche e forse maggiormente sugli effetti che la fine della vita ha sugli affetti.
Il ruolo più consistente, alla fine, finisce per averlo la figlia di Martha, presenza fantasma che si disvela solo nel finale, dove viene interpretata dalla stessa Swinton. In un'ottica stranamente positiva e quasi sovrapponibile ad una visione propria dei tanto detestati conservatori, la visione di una figlia che sopravvive alla genitrice diventa una sorta di continuazione di quella vita troncata prematuramente.
Di conservo, la vera tragedia la vive chi è chiamato ad assistere al lutto, quel compagno che Martha non ha mai avuto e che viene surrogato dall'amica Ingrid.
La visione che la donna elabora della morte è, appunto, forte e a suo modo originale ed in essa che il film finisce per stupire. La morte è inevitabile, sia essa intesa come tragedia privata che collettiva (diversi i rimandi al collasso ambientale imminente), eppure non la si può e non la si deve vivere come la fine assoluta di ogni speranza, bensì cercare di trarne, poco alla volta e per quanto possibile, quanto di buono ci possa essere. O anche non essere. Poiché forse l'unica vera morte è quella dello spirito umano.
Almodòvar non rende però la riflessione meno dolorosa, cerca semplicemente di portarla avanti in modo umano e maturo. Riuscendoci in pieno: quando la tragedia si compie, avviene sempre fuori schermo, eppure riesce a colpire.
Proprio per questo, La Stanza Accanto è un piccolo capolavoro di sensibilità matura messa al servizio di una tematica universale. Una visione particolare e quanto mai condivisibile, immessa in un melodramma asciutto e proprio per questo potente.
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