di Takahiro Imamura.
Animazione/Fantastico/Splatter/Postapocalittico
Giappone 2006
Chissà se nell'ormai lontano 1983, Buronson e Tetsuo Hara immaginarono che il loro "Hokuto no Ken" sarebbe diventato una pietra miliare della cultura pop; e se non in tutto il mondo, almeno in Italia, dove i numerosi passaggi televisivi dell'omonimo anime (arrivato con il titolo "Ken il Guerriero") hanno formato un'intera generazione a suon di ultraviolenza e melodramma.
Ed è proprio questo accostamento, apparentemente impossibile, che rende "Hokuto no Ken" un manga riuscito: a fronte di una storia esilissima, il lettore non può che restare affascinato dalla caratterizzazione certosina dei personaggi e dai loro drammi personali, mentre si confrontano tra loro in combattimenti furiosi.
E' facile perdersi nella lettura di questo manga che comincia come una semplice storia di vendetta, con Kenshiro, maestro del kenpo di Hokuto, in cerca del suo amore Julia rapita dall'ex amico Shin, per poi divenire altro, una sorta di epica post-atomica dove dei giganti, ognuno dotato di una propria caratura morale, si affrontano per motivi ideali, primo fra tutti l'amore, sia esso quello per una donna, come quello fraterno. Il tutto incarnato da un cast a dir poco carismatico: il protagonista Kenishiro, a conti fatti il personaggio più piatto, è un angelo vendicatore in grado di massacrare orde di barbari per difendere i più deboli; il gigantesco Raoh, despota la cui ambizione conosce come confine solo il cielo; il saggio Toki, messia salvatore che usa le tecniche di Hokuto per curare più che per distruggere; Rey, che si sacrifica per amore; Yuza la Nuvola, libero come un nembo e in grado di dare del filo da torcere persino a Raoh; l'altruista Shu, pronto a morire pur di salvare dei bambini e, infine, il perfido Souther, la cui cattiveria è però figlia dell'assenza di amore. Oltre che Julia, la donna-ideale, incarnazione dell'amore materno, in grado di redimere chiunque.
Redenzione che tutti i "cattivi" trovano dopo il confronto: nel mondo di "Hokuto no Ken" la sconfitta non è foriera di disonore, ma di realizzazione, con i malvagi che si rendono conto dei loro errori per morire in pace, quasi da eroi; ed il protagonista finisce per essere, oltre che un protettore, un redentore... benchè redima i suoi avversari a suon di cazzotti.
Riuscita è anche l'ambientazione post-apocalittica: rifacendosi al "Mad Max" di Miller (il costume di Kenshiro è praticamente lo stesso indossato da Mel Gibson in "Mad Max 2"), Buronson e Hara immaginano un mondo del dopo-bomba popolato dal caos, con orde di punk motorizzati che depredano selvaggiamente tutto ciò che capita a tiro. La loro è una violenza spicciola, usata per appagare i bassi istinti, tant'è che persino la caratterizzazione grafica di questi "minion" è ai limiti del grottesco.
Dall'altro lato della barricata c'è la violenza delle antiche scuole di combattimento, ossia Hokuto, Nanto e Gento, tecniche micidiali che permettono ai relativi maestri di fare a pezzi il corpo dell'avversario, ma che vengono usate per portare ordine nel caos. I signori della guerra che Ken affronta di volta in volta (Shin, Raoh e Souther, poi Falco e Kaioh), benchè antagonisti, cercano di ripristinare un ordine in un mondo in preda alla barbarie; Ken diviene così un redentore e liberatore non perchè uccide questi nemici, ma perchè spezza il giogo che questi hanno usato: quello della paura. Se infatti non c'è onore tra gli sgherri, i capi hanno loro stessi un codice morale che li porta a creare imperi, sicuramente per appagamento personale, ma che sono lo stesso una forma di società.
Il successo ha baciato persino gli adattamenti filmici della serie. Un primo lungometraggio arrivò nelle sale nipponiche (in Italia e Usa direttamente in VHS) già nel 1986: piccolo capolavoro di estetica ed animazione, "Ken il Guerriero- Il Film" mostra per la prima volta il gore della scuola di Hokuto senza censure, riassumendo la prima parte della storia del manga, sino al primo incontro tra Ken e Raoh. Per forza di cose, molti elementi essenziali vengono lasciati fuori dalla narrazione, la quale risulta ancora più piatta e stereotipata. Poco male: quel che conta è il divertimento dato dalle sequenze action, perfettamente riuscite, godibili anche a fronte di una storia misera e di una caratterizzazione dei personaggi più blanda (su tutte, quella di Raoh, che diviene un semplice arcidemonio).
Pellicola che racconta una storia incompiuta, tanto che per vederne il seguito su grande schermo bisognerà aspettare ben 20 anni: solo nel 2006, per il ventesimo anniversario dell'anime, vengono prodotti una serie di film e OAV antologici che chiudono il primo arco narrativo del manga, tutti arrivati con buon successo anche in Italia; e per il 35° anniversario della serie, dieci anni dopo l'esordio nei cinema italiani, il primo film, "La Leggenda di Hokuto", torna al cinema, dimostrandosi ancora spettacolare.
I primi due film, "La Leggenda di Hokuto" e "La Leggenda di Raoul" nascono come ideali sequel del film dell'86, dove però il punto di vista si ribalta: al centro di tutto, troviamo Raoh (Raoul in italiano) e la sua lotta di potere, dapprima contro Souther di Nanto, poi contro lo stesso Kenshiro. Questo almeno stando alle intenzioni degli autori (il titolo originale difatti è per entrambi "La Leggenda di Raoh" a significare il suo ruolo centrale); di fatto, entrambi i film si limitano ad ampliare gli eventi narrati nel manga, dando spazio in più al Re di Hokuto e ai suoi sottoposti, in particolare a Reina, personaggio inedito creato per i film da Tsukasa "City Hunter" Hojo. La storia è la medesima del manga e dell'anime, con il maestro di Hokuto alle prese con la dittatura di Souther e la ribellione di Shu ed lo spettacolare scontro con il primo a chiudere il film.
La storia, di conseguenza, è quella di un film-episodio dove, come accadeva nel primo lungometraggio, parte della caratterizzazione originaria dei personaggi purtroppo si perde: a fronte di un'ottima scrittura per i protagonisti, quella del villain resta appiattita sul classico "boss di fine livello"; per motivi di minutaggio è stato impossibile includere i flashback che ne mostravano l'addestramento, rifinendone il carattere. Souther diviene quindi ciò che Raoh era nel primo film, nulla più dell'incarnazione del male in Terra.
Resta intatta la buona caratterizzazione del resto dei personaggi; su tutti svetta l'eroico Shu, la stella del sacrificio, protagonista di una commovente immolazione che smuove persino gli animi più duri. Buona anche la caratterizzazione della new entry Reina, donna-generale forte e sensuale, che ama di un amore puro il suo re e la cui love-story viene lasciata squisitamente dietro le quinte del racconto principale.
A rendere godibile il prodotto resta la regia, che pur essendo di impianto televisivo riesce a rendere bene le sequenze action, su tutte il combattimento finale tra Ken e Souther.
"La Leggenda di Hokuto" vive così per compiacere sopratutto i fan dell'eroe dalle sette cicatrici: un lungometraggio celebrativo che concede nuovo lustro al mito di Buronson e Hara, tutto sommato rispettoso del materiale di partenza; al contempo anche apprezzabile da parte di un pubblico più generalista in cerca di emozioni forti, a patto di aver già visto il lungometraggio dell'86.
Chissà se nell'ormai lontano 1983, Buronson e Tetsuo Hara immaginarono che il loro "Hokuto no Ken" sarebbe diventato una pietra miliare della cultura pop; e se non in tutto il mondo, almeno in Italia, dove i numerosi passaggi televisivi dell'omonimo anime (arrivato con il titolo "Ken il Guerriero") hanno formato un'intera generazione a suon di ultraviolenza e melodramma.
Ed è proprio questo accostamento, apparentemente impossibile, che rende "Hokuto no Ken" un manga riuscito: a fronte di una storia esilissima, il lettore non può che restare affascinato dalla caratterizzazione certosina dei personaggi e dai loro drammi personali, mentre si confrontano tra loro in combattimenti furiosi.
E' facile perdersi nella lettura di questo manga che comincia come una semplice storia di vendetta, con Kenshiro, maestro del kenpo di Hokuto, in cerca del suo amore Julia rapita dall'ex amico Shin, per poi divenire altro, una sorta di epica post-atomica dove dei giganti, ognuno dotato di una propria caratura morale, si affrontano per motivi ideali, primo fra tutti l'amore, sia esso quello per una donna, come quello fraterno. Il tutto incarnato da un cast a dir poco carismatico: il protagonista Kenishiro, a conti fatti il personaggio più piatto, è un angelo vendicatore in grado di massacrare orde di barbari per difendere i più deboli; il gigantesco Raoh, despota la cui ambizione conosce come confine solo il cielo; il saggio Toki, messia salvatore che usa le tecniche di Hokuto per curare più che per distruggere; Rey, che si sacrifica per amore; Yuza la Nuvola, libero come un nembo e in grado di dare del filo da torcere persino a Raoh; l'altruista Shu, pronto a morire pur di salvare dei bambini e, infine, il perfido Souther, la cui cattiveria è però figlia dell'assenza di amore. Oltre che Julia, la donna-ideale, incarnazione dell'amore materno, in grado di redimere chiunque.
Redenzione che tutti i "cattivi" trovano dopo il confronto: nel mondo di "Hokuto no Ken" la sconfitta non è foriera di disonore, ma di realizzazione, con i malvagi che si rendono conto dei loro errori per morire in pace, quasi da eroi; ed il protagonista finisce per essere, oltre che un protettore, un redentore... benchè redima i suoi avversari a suon di cazzotti.
Riuscita è anche l'ambientazione post-apocalittica: rifacendosi al "Mad Max" di Miller (il costume di Kenshiro è praticamente lo stesso indossato da Mel Gibson in "Mad Max 2"), Buronson e Hara immaginano un mondo del dopo-bomba popolato dal caos, con orde di punk motorizzati che depredano selvaggiamente tutto ciò che capita a tiro. La loro è una violenza spicciola, usata per appagare i bassi istinti, tant'è che persino la caratterizzazione grafica di questi "minion" è ai limiti del grottesco.
Dall'altro lato della barricata c'è la violenza delle antiche scuole di combattimento, ossia Hokuto, Nanto e Gento, tecniche micidiali che permettono ai relativi maestri di fare a pezzi il corpo dell'avversario, ma che vengono usate per portare ordine nel caos. I signori della guerra che Ken affronta di volta in volta (Shin, Raoh e Souther, poi Falco e Kaioh), benchè antagonisti, cercano di ripristinare un ordine in un mondo in preda alla barbarie; Ken diviene così un redentore e liberatore non perchè uccide questi nemici, ma perchè spezza il giogo che questi hanno usato: quello della paura. Se infatti non c'è onore tra gli sgherri, i capi hanno loro stessi un codice morale che li porta a creare imperi, sicuramente per appagamento personale, ma che sono lo stesso una forma di società.
Ma cercare metafore giuridico-sociologiche in "Hokuto no Ken" è piuttosto fuorviante: quel che conta sono i personaggi ed i loro spettacolari conflitti, che culminano in combattimenti al fulmicotone, uno più spettacolare dell'altro, resi magistralmente sia nelle splendide tavole originali di Hara, che nella bella serie anime degli anni'80.
Il successo ha baciato persino gli adattamenti filmici della serie. Un primo lungometraggio arrivò nelle sale nipponiche (in Italia e Usa direttamente in VHS) già nel 1986: piccolo capolavoro di estetica ed animazione, "Ken il Guerriero- Il Film" mostra per la prima volta il gore della scuola di Hokuto senza censure, riassumendo la prima parte della storia del manga, sino al primo incontro tra Ken e Raoh. Per forza di cose, molti elementi essenziali vengono lasciati fuori dalla narrazione, la quale risulta ancora più piatta e stereotipata. Poco male: quel che conta è il divertimento dato dalle sequenze action, perfettamente riuscite, godibili anche a fronte di una storia misera e di una caratterizzazione dei personaggi più blanda (su tutte, quella di Raoh, che diviene un semplice arcidemonio).
Pellicola che racconta una storia incompiuta, tanto che per vederne il seguito su grande schermo bisognerà aspettare ben 20 anni: solo nel 2006, per il ventesimo anniversario dell'anime, vengono prodotti una serie di film e OAV antologici che chiudono il primo arco narrativo del manga, tutti arrivati con buon successo anche in Italia; e per il 35° anniversario della serie, dieci anni dopo l'esordio nei cinema italiani, il primo film, "La Leggenda di Hokuto", torna al cinema, dimostrandosi ancora spettacolare.
I primi due film, "La Leggenda di Hokuto" e "La Leggenda di Raoul" nascono come ideali sequel del film dell'86, dove però il punto di vista si ribalta: al centro di tutto, troviamo Raoh (Raoul in italiano) e la sua lotta di potere, dapprima contro Souther di Nanto, poi contro lo stesso Kenshiro. Questo almeno stando alle intenzioni degli autori (il titolo originale difatti è per entrambi "La Leggenda di Raoh" a significare il suo ruolo centrale); di fatto, entrambi i film si limitano ad ampliare gli eventi narrati nel manga, dando spazio in più al Re di Hokuto e ai suoi sottoposti, in particolare a Reina, personaggio inedito creato per i film da Tsukasa "City Hunter" Hojo. La storia è la medesima del manga e dell'anime, con il maestro di Hokuto alle prese con la dittatura di Souther e la ribellione di Shu ed lo spettacolare scontro con il primo a chiudere il film.
La storia, di conseguenza, è quella di un film-episodio dove, come accadeva nel primo lungometraggio, parte della caratterizzazione originaria dei personaggi purtroppo si perde: a fronte di un'ottima scrittura per i protagonisti, quella del villain resta appiattita sul classico "boss di fine livello"; per motivi di minutaggio è stato impossibile includere i flashback che ne mostravano l'addestramento, rifinendone il carattere. Souther diviene quindi ciò che Raoh era nel primo film, nulla più dell'incarnazione del male in Terra.
Resta intatta la buona caratterizzazione del resto dei personaggi; su tutti svetta l'eroico Shu, la stella del sacrificio, protagonista di una commovente immolazione che smuove persino gli animi più duri. Buona anche la caratterizzazione della new entry Reina, donna-generale forte e sensuale, che ama di un amore puro il suo re e la cui love-story viene lasciata squisitamente dietro le quinte del racconto principale.
A rendere godibile il prodotto resta la regia, che pur essendo di impianto televisivo riesce a rendere bene le sequenze action, su tutte il combattimento finale tra Ken e Souther.
"La Leggenda di Hokuto" vive così per compiacere sopratutto i fan dell'eroe dalle sette cicatrici: un lungometraggio celebrativo che concede nuovo lustro al mito di Buronson e Hara, tutto sommato rispettoso del materiale di partenza; al contempo anche apprezzabile da parte di un pubblico più generalista in cerca di emozioni forti, a patto di aver già visto il lungometraggio dell'86.
Abbastanza discutibile la dicitura "HD Remaster" neanche fosse un videogioco, col tutto che era già uscito il blu-ray..
RispondiEliminaSpero almeno gli incassi (mi dicono discreti per essere una cosa a costo zero) convinca Yamato Video al recupero film richiesti da anni quali Perfect Blue, Lamù Beautiful Dreamer e il Patlabor di Mamoru Oshii.
Dovrebbe essere stato rimasterizzato da un master 4k e trasposto in digitale, prima esisteva solo su pellicola. La qualità non cambia molto alla fin fine.
EliminaE si, speriamo che ridistirbuiscano almeno Perfect BLue, vergognosamente fuori catalogo da anni.
Hai visto i disastrosi adattamenti live action di City Hunter e Hokuto no Ken?
RispondiEliminaSi, davvero pessimi, sopratutto quello di Hokuto no Ken. Proprio oggi è uscito il trailer di un adattamento francese di City Hunter che, tutto sommato, non sembra malvagio.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaVisto al cinema. Nonostante la regia fin troppo televisiva sono rimasto contento della visione, sopratutto per l'interessante sviluppo sul personaggio di Raoul.
RispondiEliminaIl film di City Hunter, quello del 93' con Jackie Chan, ha veramente poco in comune con la controparte cartacea.
RispondiEliminaSi tratta del solito film di Jackie Chan.
Jackie Chan ha fatto di meglio, soprattutto nel periodo cinese.
Quanto al film di Hokuto no ken, forse ha come unica giustificazione il budget inesistente.Forse.
Poi per il livello di stupidità e idiozia, non ha niente da invidiare alla mega-produzioni milionarie targate Marvel/Disney.
Si, il film di CH, tra l'altro, entrò in produzione perchè Chan chiese ai fan in quale film avrebbero voluto vederlo e risposero in coro in un adattamento del manga di Hojo, robe da pazzi.
EliminaQuello di Hokuto no Ken non è giustificato neanche dal budget inesistente:nel corso degli anni '80 c'è stata una pletora di imitatori di "Mad Max 2", tra i quali anche molti italiani, girati con due soldi, tutti molto più dignitosi di quel film, il cui orrore è dovuto all'incapacità di chi lo ha scritto e diretto.
Quanto all'idiozia, hai perfettamente ragione.