con: Margherita Buy, John Turturro, Giulia Lazzarini, Nanni Moretti, Beatrice Mancini, Stefano Abbati.
Drammatico
Italia, Francia, Germania 2015
Dopo la parentesi di "Habemus Papam", Moretti decide di tornare ad un racconto più intimista, più vicino alle corde del suo cinema post "Caro Diario", che sappia mettere a nudo i suoi sentimenti per il tramite di un avatar, questa volte femminile e interpretato da Margherita Buy. Ma se le intenzioni sono buone, l'esecuzione è carente, rendendo questo "Mia Madre" come un film in cui il cuore è accordato, ma il cervello no.
Il personaggio di Margheita è Moretti, o almeno il suo lato più sensibile, più vulnerabile e, al contempo, irrazionale. Un personaggio chiamato a vivere una profonda crisi interiore quando la propria madre si avvia verso il capezzale, nel bel mezzo delle riprese di un film sulla lotta di classe e mentre la propria vita sentimentale va a rotoli.
Un personaggio in teoria complesso, stretto tra le necessità lavorative e artistiche, il ruolo di genitore, di figlia e, non ultimo, di donna, inteso nel senso universale di persona. Margherita è colta all'improvviso dalla malattia della figura materna proprio come avveniva con il protagonista de "La Stanza del Figlio". Ma, laddove nel film del 2001 il lutto giungeva immediato e senza preavviso, qui si consuma un po' alla volta, con una persona che si spegne lentamente, perdendo, di volta in volta, ogni capacità cognitiva.
La descrizione degli stati d'animo è credibile e condivisibile, con gli incubi sulla morte improvvisa a fare sovente capolino nella storia e con il complesso intreccio di affetti che viene messo costantemente alla prova. Moretti porta su schermo un'esperienza personale e lo fa, al solito, con dovizia e, questa volta, con una sensibilità inedita, lontana da ogni possibile polemica per farsi genuinamente umana. Peccato che il resto della narrazione non funzioni altrettanto bene.
La storia del film nel film appare pretestuosa, volta unicamente a dare una nota di colore ad un personaggio che, altrimenti, vivrebbe solo in funzione della madre; alternativa che forse calzava troppo stretta al Nanni nazionale, il quale decide di allungare il brodo andando dietro le quinte di un film che, sulla carta, è forse più interessante di quello nel quale viene raccontato. La figura di John Turturro, divo capriccioso e affetto da amnesia cronica, appare così inutile, una mezza caricatura messa in mezzo al racconto per cercare di concedergli più aria, ma che finisce per arenarlo nella spiaggia dell'inutile. Almeno Turturro, nei panni di questo strambo divo mezzo cane, si diverte un mondo e regala una performance incisiva.
Laddove Moretti inciampa clamorosamente, invece, è nell'alternanza tra il piano reale e quello onirico; tralasciando i casi in cui la confusione è voluta, non c'è davvero differenza tra i due sul piano stilistico, tant'è che gli inserti finiscono così per non aggiungere mai davvero nulla né alla narrazione, nè alla caratterizzazione di un personaggio le cui falle e paure sono perfettamente avvertibile anche senza simbolismi e neanche ad un racconto talmente asciutto da funzionare benissimo anche senza.
Proprio l'estrema asciuttezza del racconto finisce, poi, per essere un limite, fallendo nel trasmettere talvolta i sentimenti più vivi e facendosi, incontrovertibilmente, freddo, in uno stoicismo ostentato come distanza autoriale verso una materia che, alla fine, non può essere distante più di tanto dai sentimenti.
"Mia Madre" finisce così per essere incolore, esangue, privo di stile e dai contenuti ovvi; un esercizio di stile utile più al suo autore che a qualsiasi altro spettatore, il quale difficilmente si lascerà catturare da un racconto privo di verve e di vera forza drammatica.
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