con: Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Taika Waititi, Scarlett Johansson, Sam Rockwell, Rebel Wilson, Alfie Allen, Stephen Merchant, Archie Yates.
Commedia/Grottesco
Nuova Zelanda, Usa, Repubblica Ceca 2019
In un periodo storico caratterizzato dal ritorno in auge dell'estrema destra, con le masse popolari che (per ignoranza e ingordigia più che altro) riscoprono vecchi slogan xenofobi e si atteggiano a suprematisti del sabato sera nello sterile tentativo di ottenere un vantaggio (economico o meno che sia), è importantissimo ricordarsi dei disastri passati, di come la cecità mascherata da bisogno abbia condotto all'orrore più nero intere nazioni. E Taika Waititi lo fa nel modo più radicale, riesumando il fantasma di Hitler per sbeffeggiarlo, ridurlo a caricatura folle e fuori da ogni logica per svelarne le ipocrisie, proprie e dei propri seguaci, in una commedia irriverente e riuscita.
Commedia che riprende il punto di vista più scomodo, quello di un bambino cresciuto durante il III Reich, Johannes "Jojo" (interpretato con sfavillante efficacia dal giovanissimo Roman Griffin Davis), virgulto della Gioventù Hitleriana che, a causa di un surreale incidente con una granata, è costretto a ritirarsi dal campo di addestramento e a restare a stretto contatto con la madre (Scarlett johansson); il che lo porta a scoprire un insospettabile segreto: non solo la madre è una fervente anti-hitleriana, ma ha anche nascosto in casa una giovane ragazza ebrea, Elsa (Thomasin McKenzie).
Il racconto viene spezzato in due, con una prima parte più caotica e leggera ed una seconda più stoica e drammatica. Al centro, la storia di un rapporto, quello tra Jojo e Elsa, basato sulla conoscenza dell'oggetto dell'odio. Jojo è un fervente nazista, che ha assimilato le fandonie della propaganda come solo un bambino può, ossia nel modo più radicale. E' pienamente convinto che gli Ebrei siano la razza inferiore, veri e propri mostri parassiti della società in grado di mesmerizzare e divorare il prossimo. La formazione del giovane hitleriano viene cucita in parte addosso agli sketch iniziali, folli e divertenti nella loro cinica impertinenza, in parte dal rapporto con la figura idealizzata del führer, interpretata con trasporto dallo stesso Waititi; una figura caricaturale, che nei suoi istrionismi riesce per davvero a svelare le contraddizioni, ridicole e al contempo spaventose, della dottrina nazista.
Il superamento dell'indottrinamento avviene tramite la graduale conoscenza dell' "altro", l'ebreo, il nemico, figura detestata e al contempo mai davvero conosciuta. Conoscenza che avviene nel modo più singolare, con un primo incontro durante il quale tutte le certezze del giovane nazista vengono sovvertite in un sol colpo; allo xenofobo rampante non resta così che appigliarsi con tutte le sue forze a quella oscurantistica dottrina che tante false certezze inculca, solo per poi esserne gradualmente liberato; il rapporto tra Jojo e Elsa, benché divenga una vera e propria storia d'amore, non si adagia mai su classici schematismi della medesima, essendo sempre narrata come la storia di una scoperta, quella della dignità del presunto avversario.
Nella seconda parte, Waititi carica di orrore la vita del giovane Jojo e dei comprimari, portando in scena una morte improvvisa, dolorosa e spiazzante, solo per poi far precipitare tutto nel vortice della violenza, la quale, condita da visioni grottesche e ciniche, risulta ancora più brutale.
Ma è con l'arma della commedia che Waititi riesce a fare il maggior danno; lo sberleffo, per sua stessa natura, non riconosce la dignità del suo oggetto, il quale viene così ridotto ad una serie di istrionismi privi di senso, gesti e parole (i continui "Heil Hitler!" scambiati dai personaggi) che si fanno meccanica applicazione dell'ottusità mentale, a sua volta causata da principi semplicemente idioti nella loro vis intollerante.
Come Chaplin ne "Il Grande Dittatore", Waititi riesce perfettamente a "mettere a nudo il re" ridicolizzandone i difetti, con una commedia dolceamara irresistibile.
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