di J.J. Abrams
con: Chris Pine, Zachary Quinto, Benedict Cumberbatch, Peter Weller, Zoe Saldana, Karl Urban, Simon Pegg, Bruce Greenwood, John Cho, Anton Yelchin, Noel Clarke, Leonard Nimoy.
Avventura/Fantascienza
Usa (2013)
---SPOILERS INSIDE---
Nel 2009, "Star Trek- Il Futuro ha Inizio" fu una piccola sorpresa nel panorama dei kolossal mainstream made in Usa: diretto dal Re dei Pacchi J.J. Abrams, scritto dal dinamico duo di imbecilli Orci e Kurtzman (tutt'ora tra i peggiori sceneggiatori di Hollywood) e basato su un concept di sci-fi letteralmente triturato in quasi cinquant'anni di serie televisive ed incursioni cinematografiche, il reboot della saga spaziale per eccellenza era, miracolosamente, un perfetto esempio di pellicola avventurosa divertente, ironica e mai scontata o stupida, ed anzi finanche cpinvolgente; grande, dunque, era l'attesa per questo seguito, "Into Darkness", che si preannunciava come un aggiornamento dei temi della serie televisiva classica (l'esplorazione di luoghi ignoti, l'incontro con forze sconosciute e pericolose, il confronto tra diverse concezioni di "umanità" e di "civiltà") ricco, inoltre, di due gradite new entry nel cast: il veterano Peter Weller e, sopratutto, lo straordinario Benedict Cumberbatch nel ruolo del villain, John Harrison, il disumano superuomo che compariva nel primo episodio della serie tv; attese, neanche a dirlo, del tutto disattese.
Qualche anno dopo la neutralizzazione della minaccia romulana, il capitano Kirk (Pine) si ritrova degradato a ruolo di primo ufficiale per aver disubbidito al regolamento della Federazione durante una missione: ha rivelato la sua presenza agli indigeni di un pianeta in pericolo per salvare la vita dell'amico Spock (Zachary Quinto); Kirk deve inoltre fare i conti con un nuovo avversario: John Harrison (Cumberbatch), ex membro della federazione divenuto terrorista in cerca di vendetta; per fermarlo, l'equipaggio dell'Enterprise è costretto ad effettuare una sortita su Kronos, pianeta natale dell'Impero Klingon, rischiando così di innescare una guerra totale tra questo e la Federazione.
Davvero nulla funziona in questo secondo episodio della riscrittura dell'universo trekkiano: niente ritmo, trama prevedibile e a tratti forzata, personaggi piatti e stereotipati e, sopratutto, un tasso di spettacolarità davvero misero, nonostante il grosso budget e il massiccio ricorso agli effetti visivi, dovuto, neanche a dirlo, ad una regia stanca e poco ispirata.
La storia di base è di per sé stessa intrigante: la caccia all'uomo viene infatti scatenata per rappresaglia verso gli attacchi di Harrison, ossia per puro spirito di vendetta; l'intera prima parte della storia vuole essere una forma di catarsi verso il carattere di Kirk: un ufficiale che si crede al di sopra delle regole a causa del suo talento (ovverosia: lo stereotipo del''eroe americano classico) e che si ritrova a dover affrontare le conseguenze dell'infrazione deliberata dei regolamenti mediante lo svolgimento di una vera e propria black-op, ossia il paradosso perfetto per spiegare il conflitto tra legge ed autorità; la sfrontatezza di Kirk viene per la prma volta messa sotto na luce negativa: le tenebre del titolo dovrebbero essere quelle dell'anima del capitano, nonché quelle portate sulla Terra dall'avvento di un nemico in teoria imbattibile, ma nulla di tutto ciò trova un riscontro effettivo o catartico nel corso della narrazione; l'ombra del conflitto con i Klingon e la volontà guerriera che anima il personaggio di Marcus (Weller), inoltre, poteva portare ad una riflessione riuscita sui controsensi delle "guerre preventive" e sull'ipocrisia dell'autorità militare; temi che vengono, si, tirati in ballo, ma mai approfonditi: essi si caratterizzano, così, come un mero pretesto per avviare la narrazione e, per di più, nemmeno enfatizzati dalla regia, restando relegati a meri contenuti per i dialoghi tra i personaggi.
Proprio i personaggi sono l'ulteriore punto dolente del film; a discapito della sua natura di sequel, "Into Darkness" ripresenta tutti i caratteri del primo film, che così regrediscono ineluttabilmente a stereotipi: Kirk è il coraggioso scapestrato, Spock l'ufficiale scientifico schiavo del suo intelletto, Uhura la donna innamorata, la cui love-story con il vulcaniano diviene subito scontata e finanche tediosa; la sorte peggiore spetta però alle new-entries: Marcus è l'incarnazione del luogo comune del militare guerrafondaio, pronto a tutto pur di distruggere in nome dei suoi ideali e del tutto privo di ogni coscienza; quanto al personaggio di Harrison, merita davvero un discorso a sé.
Nella prima parte, Harrison rappresenta la perfetta incarnazione della minaccia terrorista: risoluto, spietato, inafferabile e laconico, subisce una piacevole mutazione dopo Kronos, quando si consegna nelle mani di Kirk rivelando la sua vera identità: Khan, ossia l'arcinemico del capitano dell'Enterprise nel film "Star Trek II- L'ira di Kahn" (1082); presentandosi come vittima della federazione e burattino di Marcus, Khan acquisisce una tridimensionalità inedita: un uomo che agisce non tanto per rabbia, ma per devozione verso i suoi compagni tenuti prigionieri; e Cumberbatch si dimostra perfetta incarnazione di entrambe le facce del personaggio: implacabile come villain, carismatico come ufficiale in cerca di vendetta e redenzione; peccato che la sceneggiatura non lo assista: nel momento in cui il film diviene un remake non dichiarato della pellicola dell' '82, il personaggio riacquista tutta la sua bidimensionalità di macchietta superomistica, tanto che anch'esso diviene mero pretesto per la prosecuzione della narrazione verso il terzo atto, il peggiore di tutti, nel quale non si ha alcuna catarsi, ma solo una serie di strizzatine d'occhio ai fans (l'apparizione di Nimoy, l'inversione dei ruoli tra Kirk e Spock, un finale tirato via giusto per riconnettersi alla vecchia serie).
Disastro narrativo forse dovuto all'infausto intervento di Damon Lindelof, altro sceneggiatore che tra "Lost" e "Prometheus" (2012) farebbe davvero bene a darsi all'ippica; sprovvisto della passione viscerale verso l'universo creato da Gene Roddenberry proprio di Orci e Kirtzman (che permise loro, nel film precedente, di fare tutto sommato un buon lavoro in sede di sceneggiatura), Lindelof ripropone meccanicamente alcune delle sue ossessioni tipiche, senza mai riuscire a dire qualcosa di nuovo o anche di semplicemente interessante: la minaccia che viene dall'ignoto, ridotta, come detto, a pretesto, il conflitto tra padre e figlio, utile solo ad introdurre il personaggio interpretato dalla bella Alice Eve, messo in scena, di fatto, solo per risvegliare i sensi del pubblico maschile, il contatto con civiltà sconosciute, ridotto al solo prologo.
J.J. Abrams, dal canto suo non fa di meglio: alle prese con il 3D, appiattisce ogni sequenza action, riducendola nel minutaggio e nell'ampiezza delle inquadrature; ancora, non controlla il ritmo: tutta la parte centrale risulta a dir poco soporifera, poiché priva di tensione emotiva e drammatica; la spettacolarità, infine, è frustrata dalla mancanza di idee: distruzioni, inseguimenti e sparatorie non hanno la ben che minima coreografia e sono ideati e dirette, letteralmente, "con il pilota automatico".
Incolore e noioso, "Into Darkness" è un inutile remake di una pellicola già di per sé poco riuscita, della quale non corregge i difetti (la pessima caratterizzazione dei personaggi e il cattivo gusto dietro le loro azioni) e che purtroppo fa spegnere ogni forma di interesse che l'universo di Star Trek potrebbe esercitare sul pubblico odierno.
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