di David Gordon Green.
con: Jamie Lee Curtis, Nick Castle, Judy Greer, James Jude Courtney, Andi Matichak, Will Patton, Rhian Rees, Jefferson Hall.
Thriller/Horror
Usa 2018
Il fato della serie di "Halloween" è quantomai strambo. Già ai tempi di "Halloween III", nell'ormai lontano 1983, sembrava che le idee per i sequel fossero terminate e si cercò di trasformarla in un'antologia, creando un terzo capitolo interessante e riuscito; il quale, malauguratamente, floppò al botteghino, tanto che nel 1988, con "Halloween 4" ecco tornare il baubau di John Carpenter e Debra Hill a cavalcare gli schermi in una fiacca sequela di ripetizioni del primo, storico, capitolo. Finchè nel 1998, a 20 anni esatti dall'uscita del capostipite, con "Halloween- 20 anni dopo" non si è deciso di eliminare molto di quanto fatto in precedenza, cancellando dalla continity tutti i sequel ad eccezione de "Il Signore della Morte". Giochino che durò giusto un paio di film, fino a che non si decise di resettare il tutto con i due remake d'autore di Rob Zombie.
Ma la fredda accoglienza riservata al bel "Halloween 2" ha convinto i produttori a cambiare nuovamente rotta; anzicchè creare un seguito diretto del film di Zombie, ecco dunque giungere in sala, a 20 anni dal primo "neo-sequel" e a 40 dal capostipite, un nuovo capitolo della serie intitolato semplicemente "Halloween", che fa nuovamente piazza pulita della continuity per riallacciarsi direttamente al capostipite, ignorando persino "Il Signore della Morte". E' proprio il caso di dirlo: le vie del denaro sono infinite e quando si tratta di rivendere un marchio a Hollywood non si fanno problemi di sorta. Anzi, quello del "neo-sequel" è un trend che il nuovo film di Michael Myers ha in un certo senso anticipato, basti pensare ai nuovi film su "Terminator" e "RoboCop", anch'essi sequel diretti del capostipite e tutt'ora in lavorazione.
Ed è inutile stare a sottolineare come di acqua sotto i ponti ne sia passata da quell'Ognissanti del 1978, ossia da quando lo slasher si è imposto come il filone più prolifico del cinema horror tutto. Tanto da far sembrare datato quell'ormai mitologico "La Notte delle Streghe", la cui formula è stata riproposta in mille salse differenti, aumentando sempre il tiro sino ad infarcire il tutto con tonnellate di gore e nudità gratuite, divenuti ben presto veri tratti caratteristici del filone tutto. Cosa ci si poteva dunque aspettare da un revival che voleva giocare con l'ossatura stessa del filone? Poco o nulla. Di certo non il coraggio con cui Zombie ha reinventato la mitologia carpenteriana; forse era lecito attendersi un omaggio nostalgico, carico di clichè e strizzatine d'occhio; e questo "Halloween" ben ha pensato di non deludere nessuno, dando a ciascuno un qualcosa da apprezzare, ma senza eccellere in nulla.
Perchè lo script elaborato da David Gordon Green e Danny McBride (come si possa affidare la resurrezione di un mito del horror ad un duo famoso per le commedie volgar-demenziali resta un mistero) è un minestrone di intuizioni non sviluppate e luoghi comuni talmente triti da non convincere neanche gli autori. Si parte con i "40 anni dopo": Michael è in un manicomio criminale e, passato a miglior vita il dottor Loomis, è nelle mani del dottor Sartain, che come da copione ha una fascinazione sin troppo marcata per il suo paziente. Nulla ci viene detto su come il boogeyman sia finito nelle mani della polizia, sopratutto dopo essere sopravvissuto a sei colpi di rivoltella e ad una caduta da almeno sette metri d'altezza, ma tant'è. E Laurie Strode, nel frattempo, è diventata una survivalista, barricata in una casa-fortezza, istruita all'uso di tutte le armi possibili e con alle spalle due matrimoni falliti, una figlia, Karen, che non l'apprezza ed una nipote teen-ager, Allyson, che sembra invece affascinata dal suo modo di fare. Ad innescare il nuovo conflitto è l'ingresso in scena di due reporter a caccia di una storia per un podcast. modellati quasi sui coniugi Warren di "The Conjuring", ma il cui story-arc viene troncato a metà film.
L'aspetto più interessante resta così anche il più originale, ossia la trasformazione di Laurie da vestale ad amazzone, persa in una paranoia che si rivelerà ovviamente fondata. Ma a Green e McBride una storia del genere non interessa più di tanto; ecco dunque fare il suo pietoso ingresso in scena la solita pletora di adolescenti eccitati, introdotti solo per essere maciullati e con il minimo sindacale di caratterizzazione. Sembrava impossibile che nel 2018 potessero esistere ancora degli stereotipi quali "il buffone" e "l'amichetta bionda" in un film che non fosse una parodia, eppure eccoli qui, giusto per far salire artificialmente il body-count in una storia dove, alla fin fine, Allyson e company hanno un ruolo puramente riempitivo.
Green, dal canto suo, alterna momenti riusciti ad altri decisamente stanchi, si diverte ad inserire un piano-sequenza a metà film e a rifare i momenti più topici dell'originale per darsi un tono, ma quando si tratta di creare tensione si affida a blandi jump-scare o ad una carica splatter a tratti sin troppo compiaciuta. Il tutto fila nel modo più convenzionale possibile, senza sbavature troppo marcate, ma anche senza guizzi.
Tanto che ad essere realmente riuscito è solo il terzo atto, con la "caccia" tra il killer e la presunta vittima, unico momento in cui la regia riesce davvero ad intessere una tensione palpabile senza far ricorso ai classici trucchetti da manuale. Resta comunque troppo poco per rendere questo revival davvero memorabile.
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