venerdì 11 ottobre 2024

Brain Damage (La Maledizione di Elmer)

Brain Damage

di Frank Henenlotter.

con: Rick Herbst, Jennifer Lowry, Gordon MacDonald, Theo Barnes, Lucille Saint-Peter, Beverly Bonner.

Horror

Usa 1988


















Basket Case trasformò in poco tempo Frank Henenlotter in una vera e propria leggenda del cinema underground newyorkese, ma questo suo status non si tradusse in una automatica facilità nel recuperare i fondi necessari per le sue produzioni. Difatti, già a metà degli anni '80 iniziò un circolo vizioso nel quale ogni sua sceneggiatura veniva cassata per un motivo o per l'altro, tra le quali la più celebre resta Insect City, storia di un'invasione di scarafaggi giganti in quel di Manhattan.
Bisogna quindi aspettare la fine del decennio per ritrovare una sua opera in sala e quando questa arriva, nelle forme di Brain Damage, di certo non delude.



















Come Basket Case, anche Brain Damage è la storia del rapporto tossico tra un ragazzo e una creatura mostruosa (similitudine non casuale, visto anche il simpatico cameo di Duane verso la fine); ma a differenza dell'esordio, Henenlotter non declina questa opera seconda come un dramma, quanto un racconto fantastico virato al grottesco con finalità metaforiche; metafora facilmente intuibile dalla trama: il giovane Brian (Rick Hearst) vive un'esistenza tranquilla assieme al fratello Mike (Gordon MacDonald) e alla fidanzata Barbara (Jennifer Lowry); esistenza che viene sconvolta dall'arrivo improvviso di Elmer, parassita senziente con il quale intreccia una simbiosi particolare: lo scambio di un fluido stimolante di colore azzurro, che gli inietta direttamente nel cervello, contro la possibilità di nutrirsi di cervelli; ovverosia, la più semplice rappresentazione figurata della tossicodipendenza che ci possa essere.



















Anche sul piano visivo, Henenlotter sembra voler portare in scena quel famoso spot americano su come la droga "frigge" il cervello: innumerevoli sono i dettagli della materia cerebrale che sfrigola al contatto con il liquido blu secerno dal parassita. La sua mano è qui pesante fino ai limiti del pedante, ma non bisogna stupirsene, né lamentarsene: egli stesso ha più volte ammesso come lo script sia nato come catarsi verso la sua dipendenza da cocaina, la quale lo ha portato a riflettere sugli effetti che la tossicodipendenza vera e propria finisce per avere soprattutto sui giovani. Il periodo in cui film viene prodotto è poi essenziale, ossia quegli anni '80 dove, come mai prima, il problema della tossicodipendenza giovanile diventa di pubblico dominio.



















Come metafora, Brain Damage funziona dannatamente bene, ritraendo a dovere tutti gli stadi della tossicodipendenza e della successiva astinenza. Si parte ovviamente dall'euforia data dallo squilibrio chimico che la dose porta al cervello, con le belle visioni psichedeliche che arricchiscono un comparto visivo quanto mai curato; si arriva subito alla dipendenza, con la vita del giovane Brian che viene letteralmente mutata dall'ossessione verso il narcotico, enfatizzata dal bell'uso della luce blu per gli ambienti; si arriva alla crisi di astinenza, al body horror conseguente alla mancanza della tossina della quale i tessuti non riescono a fare a meno.
Quest'ultima fase è il cuore dell'intero film, con l'intera sequenza dell'hotel a fare da perno a tutta la metafora, dove troviamo un Brian che perde progressivamente la sanità mentale in contemporanea ad un decadimento fisico inarrestabile. E se il tutto funziona, lo si deve anche al "cattivo" del film, il parassita Elmer.



















Un mostro preistorico, in precedenza conosciuto come Aylmer, Elmer vive grazie alla voce suadente di John Zacherle (famoso conduttore televisivo di un noto contenitore horror degli anni '50 e '60), la voce di un amico carismatico che seduce la propria vittima prima che renderla schiava. Ma la cui forma finisce ovviamente per disvelarne la natura sinistra; una forma che non è tanto mostruosa, quanto grottesca, costituita da elementi dissonanti che accostati che finiscono per funzionare: in parte fallo, in parte escremento, in parte cervello e con un paio di occhi da cartone animato, Elmer è un essere ripugnante eppure simpatico, credibile come simbionte pronto a distruggere la propria preda, ma anche come essere in grado di convincere il proprio ospite a lasciargli commettere gli omicidi necessari a saziare la propria fame di cervelli (che sia stato proprio lui l'ispirazione per i fumetti Marvel?).
La perfetta riuscita dell'impianto metaforico non deve però trarre in inganno: Brain Damage è anche un excursus in un cinema di serie B il quale vuole anche divertire.

























Se in Basket Case il lato più genuinamente ludico si amalgamava piuttosto male con il tono serioso (con le scene delle uccisioni che risultavano fuori luogo), in Brain Damage l'elemento grottesco è amalgamato decisamente meglio con la narrazione, ma è anche più marcato. Il perfetto esempio di una tale ibridazione è la celebre sequenza della fellatio letale, squisito mix di orrore splatter e ironia grottesca, la quale potrebbe essere il parto della mente di un Lloyd Kaufaman se non fosse messa all'interno di una narrazione che non vuole essere intrattenimento di grana grossa puro e semplice.
La mano di Henenlotter è più sicura anche nella messa in scena in scena: complice un budget decisamente più elevato, può ricostruire parte degli interni in un set vero e proprio e trovare soluzioni visive decisamente più interessanti.
Gli effetti speciali pratici trovano l'ovvio limite di un intento fin troppo ambizioso: l'animatronico di Elmer è vistosamente finto, ma anche con un budget da blockbuster hollywoodiano sarebbe stato difficile fare di meglio, all'epoca. Di ottima caratura, invece, sono gli effetti di trucco, perfetti nel ritrarre il deperimento fisico dovuto alla crisi di astinenza.














Brain Damage funziona così sia sul piano del puro divertimento che su quello più "intellettuale" di testimonianza sulla tossicodipendenza. Un'opera seconda visionaria che conferma in pieno le doti del suo autore.

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