venerdì 1 marzo 2013

La Cerimonia


Gishiki

di Nagisa Oshima

con: Kenzô Kawarasaki, Kei Satô, Atsuko Kaku, Nobuko Otowa, Maki Takayama.

Drammatico

Giappone (1971)












A partire dagli anni '70, dopo l'iconoclastia forsennata del decennio precedente, il cinema di Nagisa si rinnova sia stilisticamente che tematicamente; "La Cerimonia" può essere visto come un rito di passaggio nella carriera del grande autore nipponico: in esso si ha il parziale recupero della geometricità dell'inquadratura propria della tradizione cinematografica del Sol Levante e lo sviluppo del tema del conflitto tra aspirazione personale e posizione sociale che caratterizzerà l'opera dell'autore da qui in poi.


Con quest'opera, Nagisa attua uno spaccato forte e dettagliato della classe dirigente nipponica dell'epoca; protagonista del film è Masuo (Kenzô Kawarasaki) rampollo illegittimo e mezzo coreano di una famiglia nobile; subito dopo la fine della guerra, Masuo viene accolto, assieme alla madre coreana, nella casa del defunto padre, dominata dalla figura del nonno (Kei Sato), vecchio nobile depositario dell'ideologia conservatrice del Giappone Imperiale; nel corso degli anni, il ragazzo si confronta con le sue pulsioni e il ruolo che è chiamato a ricoprire all'interno della famiglia.


Il nucleo familiare diviene metafora della società: Masuo altri non è che l'uomo comune del Giappone dell' epoca, un individuo privo di spina dorsale, combattuto tra le sue passioni e l'etichetta che deve rispettare; per tutta la pellicola, il protagonista non riesce mai a dare sfogo a nessuna delle sue pulsioni: la passione sessuale per la zia, l'odio per il nonno, l'insofferenza verso la stringente tradizione e i comportamenti impostigli; Masuo è, in poche parole, un codardo: subisce passivamente tutto, non prende mai l'iniziativa e vive la sua vita come una deriva inutile, perfetta metafora del servilismo proprio dell'uomo medio, inteso come "mediocre"; il suo perfetto contraltare è suo cugino Tadashi: vera e propria pecora nera della famiglia, Tadashi agisce sempre per prendere ciò che vuole e non permette a nessuno di imporgli l'etichetta voluta; è il simbolo non dell'individualismo sfrenato, bensì del coraggio: egli persegue strenuamente ciò in cui crede, ma non impone mai il suo punto di vista agli altri, come si intuisce nella scena in cui loda il cugino militante di estrema destra; Tadashi è il modello d'uomo che secondo Nagisa bisognerebbe essere: insofferente, appassionato, ma mai impulsivo o pericoloso, un uomo con dei valori propri, magari anche assoluti dal suo punto di vista, ma non assolutizzanti; la società nipponica, guidata da un pater familias onnipotente e castrante e da un'orda di ominidi privi di idee a lui del tutto asserviti è destinata al nulla; perfetto simbolo di questo vuoto è dato dalla cerimonia nuziale del titolo: obbligato a sposare la figlia di un pezzo grosso che non ha mai incontrato e che non può presenziare al matrimonio, Masuo officia comunque le nozze; la cerimonia diviene così un rito fine a sé stesso, del tutto privo di significato, utile solo a mandare avanti un'impresa; un'unione priva di passione per un uomo che da sempre sopprime le proprie aspirazioni per compiacere la società in cui vive: il risultato è un vuoto totale e totalizzante; Tadashi, d'altro canto, continua a perseguire le sue idee fino alle estreme conseguenze: la società non può permettere che un individuo possa mettere in discussione le sue regole.


Il formalismo estremo viene ricreato da Nagisa, si diceva, mediante il recupero della geometricità dell'inquadratura: abbandonata la camera a mano, l'autore crea immagini forti ed evocative; nel finale, per celebrare l'ingiusto sacrificio del vero uomo, ricorre ad una messa in scena smaccatamente onirica, che stride con il resto del film, ma che riesce davvero a colpire.
"La Cerimonia" è l'ennesimo capolavoro di un grandissimo autore, una pellicola stilisticamente affascinante e tutt'ora attuale.

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