sabato 16 marzo 2013

Tabù - Gohatto

Gohatto

di Nagisa Oshima

con: Takeshi Kitano, Ryûhei Matsuda, Tadanobu Asano, Shinji Takeda, Yôichi Sai, Jiro Sakagami.

Drammatico

Giappone, Francia, Inghilterra (1999)









Nel 1999 Takeshi Kitano, ormai divenuto una star internazionale grazie ai successi come regista (aveva appena vinto il Leone d'Oro a Venezia con "Hana-Bi") obbliga il maestro Nagisa ad uscire dal ritiro che si era autoimposto per dirigere un ultimo lavoro: nasce "Tabù-Gohatto", ultima opera del grande autore e suo vero e proprio testamento filmico. Tema centrale, come al solito nella filmografia dell'autore, è lo scontro tra le pulsioni personali e l'etichetta imposta dalla società.



Nel Giappone del XIX secolo, la Shin-Sengumì è l'accademia militare più rinomata; il suo codice di condotta, il "gohatto", è ferreo e chiunque lo violi viene giustiziato mediante decapitazione; a turbare l'ordine della scuola ci pensa la giovane recluta Kano (Ryûhei Matsuda, poi protagonista dello splendido "Big Bang Love- Juvenile A" di Takashi Miike nel 2006), abilissimo spadaccino che con la sua bellezza efebica e sfacciata fa innamorare dapprima l'allievo Tashiro (Tadanobu Asano, qui al suo primo ruolo importante e che nel 2001, sempre con Miike, sara protagonista del cultissimo "Ichi the Killer") e poi il resto dei samurai; l'ufficiale Hijikata (Takeshi Kitano), unico a non restare affascinato dalla bellezza del ragazzo, cerca una soluzione.



Nagisa declina ancora il tema a lui caro dello scontro tra due forze opposte, come si diceva; da una parte il codice di condotta del gohatto che, sebbene non escluda l'omosessualità giacchè basato sugli antichi codici dei samurai, prescrive la forza e la fermezza massima per ogni allievo; dall'altra Kano, simbolo della bellezza, forza selvaggia e irrefrenabile; eppure lo scontro qui si fa più ambiguo: chi sia davvero Kano e perchè seduca gli ufficiali resta un mistero; è davvero giusto portare lo scompiglio all'interno dell'istituzione? Nagisa, oramai vecchio e saggio, non risponde al quesito e lascia la soluzione allo spettatore; Kano diviene così, al pari del Querelle di Fassbinder, un personaggio-incognita: angelo, demone tentatore, iconoclasta, distruttore, ogni interpretazione appare possibile e non esclude il suo contrario; si può, però, tollerare che lo scompiglio prenda il sopravvento sulla condotta? Nagisa non ha, neanche qui come in "Furyo" alcun dubbio: no, l'elemento di disturbo va sradicato, poichè, a prescindere dalla sua volontà effettiva, esso rappresenta il male per la società; il distacco dell'autore verso il tema resta però costante durante tutto il film e viene sottolineato, a tratti, dalle scritte che incorniciano i singoli episodi e che fanno da contrappunto ironico e sardonico alle vicende mostrate.


La maestria stilistica del grande autore giapponese qui raggiunge l'apice: i duelli nel dojo sono ripresi da lunghe sequenze in steady che incorniciano i personaggi e le loro azioni in immagini pittoriche, tanta è la raffinatezza delle inquadrature e dei movimenti; l'atmosfera del film, come in "Furyo", è rarefatta e nella parte finale si fa smaccatamente onirica, anche grazie alla splendida colonna sonora di Ryuichi Sakamoto, fino a culminare nella splendida immagine finale, perfetta chiusura del cinema di un grande autore.
"Tabù-Gohatto" è il punto d'arrivo, estetico e filosofico, di Nagisa: dopo la sua uscita, egli tornerà al suo ritiro a vita privata, dal quale non uscirà più, fino a spegnersi, purtroppo, il 15 Gennaio 2013, lasciando un vuoto incolmabile nella cinematografia nipponica e mondiale.

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