con: Brandon Routh, Kevin Spacey, Kate Bosworth, Frank Langella, Parker Posey, James Marsden, Eve Marie Saint, Marlon Brando.
Supereroistico
Usa (2006)
Alla sua uscita, "Batman Begins" (2005) non fu certo il miglior incasso della stagione e perfino l'accoglienza della critica non fu florea; tuttavia, il film di Nolan dimostrò alla Warner come il lavoro di un autore serio su di un personaggio collaudato potesse generare comunque una pellicola interessante e di buon successo; appena l'anno successivo, la major decise così di produrre un nuovo film su Superman, assente dagli schermi dai tempi dell'insulso "Superman IV" (1987).
In realtà, il progetto di "resuscitare" il padre di tutti i supereroi era in cantiere già negli anni '90, su soggetto di Kevin Smith, per la regia di Tim Burton e con niente-po-po-di-meno-che Nicolas Cage come protagonista (!!!); "Superman Lives", tuttavia, non vide mai la luce a causa dei contrasti tra il regista e la produzione e il revival dell'Uomo d'Acciaio dovette trascinarsi per quasi dieci anni, finché Brett Ratner, reduce dai successi di "Rush Hour", decise di raccogliere il testimone di Burton; decisione che, però, non fruttò, tant'è che il regista abbandonò subito il progetto su Superman per dedicarsi al coevo "X-Men Conflitto Finale", con scarsi risultati; fu così che la direzione passò a Singer, il quale optò per un approccio quanto mai curioso: piuttosto che ricreare il personaggio e il mondo di Superman da zero, Singer crea un omaggio ai vecchi film degli anni '80, sentito e nostalgico; l'esito, sfortunatamente, convince solo in parte.
La storia parte da uno spunto quantomeno interessante: Superman (Brandon Routh) è sparito da parecchi anni, la Terra non può più contare sul suo paladino; l'assenza dell'eroe è presto giustificata: Kal-El è partito per trovare i resti di Krypton e conoscere meglio le sue origini; tornato sulla Terra, l'eroe deve riguadagnare la fiducia dei suoi abitanti, affrontare la sua nemesi di sempre Lex Luthor (Kevin Spacey) e far fronte ad un'inedito problema: la bella Lois Lane (Kate Bosworth) si è sposata ed ha persino un figlio non suo.
Una trama del genere ben avrebbe potuto portate alla riflessione su temi sempre interessanti: la scoperta dell'Io, delle proprie radici e del proprio posto nel mondo, filtrato attraverso l'ottica di un eroe la cui complessità psicologica è immane; Superman è di fatto un orfano: ultimo figlio di un mondo perduto, cresciuto tra estranei e stretto tra due identità, quella terrestre e quella kryptoniana, talvolta in conflitto tra loro; di tutto questo, però, Singer e gli sceneggiatori non valorizzano nulla: l'assenza dell'eroe è solo un pretesto iniziale per dare il via alla storia, la quale si concentra unicamente sul rapporto Superman-Lois e sullo scontro con Luthor; la prima traccia narrativa perlomeno avvince: il rapporto tra l'eroe e la bella questa volta non è scontato, visto il carattere forte riservato alla giornalista, finalmente svestita dai panni dell'eterna fidanzata; molto meno avvincente è invece il confronto con Lex Luthor, personaggio che vive unicamente dell'interpretazione di Spacey, la cui caratterizzazione è basica e totalmente basata sul personaggio del film del '78..
Questo perchè l'intento di Singer, in fin dei conti, è uno solo: omaggiare la pellicola di Donner, suo cult personale; ecco dunque tornare musiche, titoli di testa e scenografie; persino Marlon Brando torna, postumo, a vestire i panni di Jor-El, mediante l'utilizzo del materiale non utilizzato per il thetrical cut di "Superman II" (1980); l'unica differenza è nel tono: se i vecchi film erano delle commedie fantastiche, Singer, sostituisce le atmosfere scanzonate e un pò camp con la serietà propria del dramma e del thriller; scelta che talvolta paga, come nelle scene spettacolari (l'incidente aereo) o di suspense (la splendida sequenza sullo yacht di Luthor), talvolta molto meno; davvero al limite del ridicolo è, su tutto, il climax, con Superman ferito a morte e salvato in ospedale; sequenza, questa, quasi simbolica dell'intera operazione: risibile sulla carta, eppure condotta con una tale serietà da muovere quasi alla commozione.
L'intera pellicola finisce, così, per soffrire di una sorta di schizofrenia: da una parte vi è la volontà di offrire uno spettacolo moderno, confezionato per le esigenze di un pubblico maturo; dall'altro la voglia del suo autore di omaggiare un tipo di cinema naif ormai fuori moda; il risultato, come si accennava in apertura, non convince proprio per questa ambivalenza marcata. Dulcis in fundo: il cast non sempre convince; nulla da eccepire su Spacey e la Bosworth, in parte ed affiatati, ma Routh è inespressivo e il suo volto da contadinotto non trasmette il carisma necessario a dar vita al tormento del personaggio.
"Superman Returns" è, in definitiva, un ritorno malrisucito: spettacolare, ma goffo, è un film per soli aficionados del classico di Donner, che ha davvero poco da dire agli spettatori più esigenti.
EXTRA:
A noi piace ricordarlo così:
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