domenica 3 agosto 2014

I Banditi del Tempo

Time Bandits

di Terry Gilliam

con: Craig Warnock, David Rappaport, Sean Connery, John Cleese, Michael Palin, Ralph Richardson, David Warner, Shelley Duvall, Michael Palin, Peter Vaughn, Katherine Helmond, Kenny Baker, Tiny Ross, Malcolm Dixon, Mike Edmonds, Jack Purvis.

Fantastico/Avventura

Inghilterra (1981)






---SPOILERS INSIDE---

Se l'effettivo esordio "in solitario" di Terry Gilliam è "Jabberwocky" (1977), è solo con il successivo "Time Bandits" che l'autore riesce ad esprimere tutta la sua carica immaginifica scrollandosi di dosso quasi del tutto il suo passato di autore comico; questo secondo lungometraggio è di fatto il vero apripista del cinema gilliamiano, nel quale confluiscono e si fondono alla perfezione il gusto per l'umorismo grottesco e acido e le suggestioni della fantasia più pura e genuina, quella di un bambino alienato rispetto al mondo in cui vive e che trova rifugio solo in mondi "altri", nei meandri più nascosti della sua immaginazione.


Il piccolo Kevin (Craig Warnock, nella sua unica apparizione sul Grande Schermo) vive in un mondo tutto sommato non diverso dalla distopia che affligerà l'adulto Sam Lowry nel successivo "Brazil" (1985); il mondo "reale" ritratto da Gilliam è una suburbia in preda ad una apatia patologica, nella quale gli adulti vivono confinati in villette a schiera tutte uguali (come il quartiere "bene" dell' "Edward Mani di Forbice" di Burton) e superaccessoriate; la tecnologia, già in questo "presente distopico", è un elemento che circonda l'essere umano e lo strozza divorandone ogni forma di vitalità, rivelandosi, in fine, come uno strumento inutile (il forno che si scassa) o addirittura pericoloso (la cucina in fiamme); la tecnologia casalinga diviene così l'emblema di un mondo arido, privo di gusto e chiuso in sé stesso.
Già nelle primissime inquadrature, Gilliam delinea un menage familiare inquetante, dove in un'unica asfissiante inquadratura i tre membri del nucleo siedono in un ideale cerchio senza guardarsi o capirsi; mentre Kevin si perde tra le memorie di un passato glorioso (le imprese degli antichi Greci e la loro cultura marziale), i suoi genitori sono incantati dalla televisione, la malefica "lanterna degli sciocchi" che propone giochi idioti ed umilianti.


Gilliam è così il primo cineasta a descrivere il piccolo schermo come vero e proprio ricettacolo di orrori; prima delle torture morbose di "Videodrome" (1983) e del catalizzatore per le demoniache presenze di "Poltergeist" (1982), immagina la televisione come strumento del Male in persona (David Warner), incarnazione suprema del terrore tecnologico e disumanizzante che affligge la modernità; il Male stesso incarna fisicamente il lato più distruttivo della tecnologia, con il suo design tecno-umanoide ispirato ai lavori di Giger e la sua fortezza, vero e proprio crogiolo di tutti gli incubi post-industriali che il cinema ricordi.


Se il presente con i suoi elettrodomestici impazziti e i divani incellophanati è un incubo che anticipa la Fortezza delle Tenebre del terzo atto, il passato e la fantasia sono, per Kevin così come per Gilliam, il mondo ideale, un rifugio dal quale fuggire i piccoli orrori quotidiani e nel quale trovare la vera felicità; come Pirandello, anche Gilliam crede nella forza salvifica dell'immaginazione e ne disvela qui tutta la sua potenza già con la prima apparizione del fantastico nel quotidiano: un cavaliere che sfonda l'armadio di Kevin e lo trasporta al di là dei confini del tempo e dello spazio, in una scena dalla potenza visiva inusitata.
Intessendo una narrazione episodica, l'auotre fa varcare a Kevin e ai suoi stralunati compagni di viaggio (i banditi del tempo del titolo) un tour de force spassoso ed irriverente attraverso i secoli; e come Jonathan Swift, si diverte a ridicolizzare tutte le figure storiche o della tradizione popolare, riprendendo l'umorismo cinico e acido dei Monty Python e mettendolo quasta volta al servizio della narrazione.
Si comincia con Napoleone Bonaparte (Ian Holm), ritratto come un conquistatore ossessionato dalla sua bassa statura, intenzionato a conquistare l'Europa per compensare le sue mancanze fisiche (che includono anche una mano mozzata, perennemente infilata nella giacca!); si continua con Robin Hood (John Cleese), bandito villanzoso e ignorante, circondato da una banda di tagliagole zotici e sporchi e ammantato persino da un alone di omosessualità (Marion è un uomo!); passando naturalmente per il duo di amanti (Michael Palin e Shelley Duvall), ideali Romeo e Giulietta il cui amore si rincorre nei secoli e viene puntualmente umiliato e disintegrato dall'intervento dell'irriverente banda di nani crononauti.


Se vi sono un'epoca ed un personaggio che invece Gilliam rispetta, questi sono la Grecia antica ed il re Agamennone (interpretato da un Sean Connery al solito sfavillante); un'epoca ed un personaggio ai limiti del mito, ideale connubio tra realtà e fantasia e per questo unica possibile fonte di ammirazione; la Grecia è per Kevin il mondo ideale in cui vivere: un posto non corrotto dal consumismo, né dall'individualismo che sembra corrodere gli stessi banditi; un luogo dove è ancora possibile compiere gesta eroiche e vivere in modo semplice, nel quale esiste ancora il valore della famiglia, incarnato dal sorriso beffardo ma amorevole di Connery.


Al di là della Grecia Antica (ma passando per l'affondamento del Titanic), c'è l'Epoca delle Leggende, un luogo al di là del tempo che, letteralmente, "esiste solo se vi si crede"; in quest'ultima parte del viaggio, Gilliam rivela tutta la sua forza immaginifica e, in barba ad al budget non esorbitante, crea visioni stupefacenti, veri e propri inni alla forza dell'immaginazione e all'umorismo; se nel viaggio sulla barca del vecchio orco lo humor dissacrante offusca un pò la carica fantastica, è con l'arrivo del gigante che Gilliam stupisce, ribaltando ogni aspettativa e facendo trionfare la fantasia più totale e genuina, creando un'immagine che da sola vale la visione dell'intero film.


E si arriva infine al palazzo del Male, ideale punto di chiusura del viaggio e luogo in cui ogni regola logica viene sovvertita; qui Gilliam celebra il trionfo della visione e dell'immaginazione, con scontri tra cowboys e arcieri antichi, carri armati ed astronavi, con il vilain che diviene arma vivente e meccanismo letale e manda all'attacco i suoi sgherri più pericolosi, spaventapasseri dalla testa di bue che lanciano palle di fuoco dagli occhi. Il confronto finale è pura fantasia al potere, il sogno sfrenato di un bambino ora cresciuto, in grado di razionalizzare la sua immaginazione e darle una forma concreta e precisa, nonchè una valenza narrativa potente. La fantasia diviene in quest'ultimo atto la vera protagonista del film: non più semplice materia narrativa, ma narrazione stessa; Gilliam trasforma il confronto finale (e con essa anche tutto ciò che lo spettatore ha visto in precedenza) nel sogno di un bambino, usando le scenografie per disvelare la natura onirica degli avvenimenti (questo prima di Tim Burton), con mattoncini Lego e carri armati giocattolo a grandezza naturale; il mondo dell'immaginazione e quello del reale si fondono in un unicum indistricabile: quella di Kevin non è né semplice visione, tantomeno effettivo viaggio fantastico, ma un ideale connubio tra i due, che non cessa nemmeno al risveglio, con quel finale volutamente aperto, per celebrare ulteriormente la forza visionaria della sua stessa carica immaginifica.


E proprio nel finale giunge un altro adulto "positivo": il Supremo Architetto (Ralph Richardson), un Dio in doppiopetto che ribalta anacronisticamente la visione infernale che Gilliam ha della burocrazia; Dio è qui un'efficente burocrate che coordina la creazione e che introduce a Kevin le più importanti riflessioni sul concetto di bene e male, ma senza privarlo della sua infanzia; Kevin non matura con l'incontro, non nel senso classico del termine: egli arriva più che altro a realizzare come, al di là di ogni logica di superficie, molto spesso la realtà è più complessa di quanto appare; e che persino il Male Assoluto ha una sua inevitabile funzione.


Ma "I Banditi del Tempo" non è e non vuole essere riflessione sui massimi sistemi, quanto celebrazione del potere del fantastico, omaggio ad un mondo che rischia di scomparire e del quale Gilliam, da qui in poi, si farà ideale custode e guardiano, celebrandone in modo sempre più agguerrito e sempre più visionario la sua importanza.



EXTRA

Prodotto da George Harrison, che già era stato fautore, nel decennio precedente, di un altro grande exploit di visioni d'autore: "La Montagna Sacra" di Alejandro Jodorowsky ; per "Time Bandits", Harrison ha anche scritto la bella canzone "Dream Away", che accompagna i titoli di coda.

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