domenica 7 settembre 2014

Aliens- Scontro Finale

Aliens

di James Cameron

con: Sigourney Weaver, Carrie Henn, Michael Biehn, Lance Henriksen, Paul Reiser, Bill Paxton, Jenette Goldstein.

Fantascienza/Azione/Horror

Usa, Inghilterra (1986)














L'adagio secondo il quale un seguito è sempre inferiore al capostipite di una serie cinematografica non è certo stato messo in crisi da "Aliens"; già negli anni '30, il bellissimo "La Moglie di Frankenstein" riuscì a sfatare il mito prima ancora che si formasse; senza contare come nel decennio precedente al film di Cameron, una delle pellicole più celebrate ad Hollywood fosse stata "Il Padrino-Parte II" (1974); e proprio come il capolavoro di Francis Ford Coppola, anche il sequel di "Alien" (1979) alza la posta in gioco, sancendo definitivamente che un seguito può espandere la formula del suo antecedente declinandola in modo se non nuovo, quanto meno inusuale e facendo leva anche su una fetta di pubblico che precedentemente non si era interessata alla storia.
Contrariamente a quanto avvenuto con la serie de "Il Pianeta delle Scimmie" o con quanto avveniva con le serie horror degli anni '70 e '80 (come "Venerdì 13" o "Halloween"), una continuazione del primo "Alien" non era stata messa in cantiere all'indomani del suo grosso successo; fu direttamente James Cameron a proporsi al produttore Walter Hill con un trattamento per proseguire le avventure di Ripley, e ciò solo nel 1983, ossia quattro anni dopo l'uscita del primo film; la prima stesura dello script colpì favorevolmente Hill e soci, ma in pochi credevano davvero che il giovane filmaker potesse davvero creare un seguito all'altezza del capolavoro di Ridley Scott; le cose cambiarono dopo l'uscita di "Terminator" nel 1984: film che non solò garantì la vendibilità del nome di Cameron al grande pubblico, ma che ne rivelò l'innato talento visionario ed action; con un budget di oltre 18 milioni di dollari, ossia il triplo di "Terminator", Cameron può dare sfogo a tutta la sua fantasia e creare un mondo ampio e credibile nel quale far muovere i personaggi.
Ma la riuscita di "Aliens" è dovuta ad altri e più importanti fattori: una sceneggiatura intelligente ed una regia ispirata.


57 anni dopo la distruzione della nave cargo Nostromo, Ripley (Sigourney Weaver) viene soccorsa e risvegliata dal crio-sonno; creduta folle dai suoi soccorritori e licenziata dalla Compagnia, la donna, ormai allo sbando, viene contattata da Burke (Paul Reiser), un dirigente, per una missione: tornare sul pianeta LV-426, sul quale nel frattempo sono state installate delle colonie umane, per investigare sul misterioso silenzio radio; nella missione Ripley viene affiancata, oltre che dallo stesso Burke, anche da un gruppo di agguerriti marines dello spazio.


Cameron riprende in toto il modello del primo "Alien" e lo allarga; al posto di una nave infestata da un alieno c'è ora una colonia infestata da un intero alveare di alieni, e al posto dei sette membri dell'equipaggio c'è un intero plotone di soldati. Anche nella costruzione narrativa, Cameron esaspera i punti di forza dello script originale di Dan O'Bannon e gli eleva ad un livello successivo: nella prima ora abbondante di film non viene mostrato nulla; l'intero primo atto serve a mettere in moto la storia e a fissarne l'atmosfera; con l'arrivo alla colonia, dopo 1/3 dall'inizio del secondo atto, la tensione comincia a crescere per poi esplodere nella bellissima sequenza della fuga dall'alveare, con il massacro di oltre metà della compagnia di marines. E come da tradizione, Cameron non mostra mai direttamente gli alieni: la loro minaccia e il loro numero soverchiante viene costantemente suggerito e svelato solo in rapidissime sequenze, costruite con un montaggio veloce ma mai confusionario, ed inquadrature strettissime.


La sensazione di claustrofobia e pericolo si avverte sin dall'arrivo alla colonia. Gli ambienti asfissianti della Nostromo lasciano lo spazio ai lunghi e labirintici corridoi di Hadley's Hope, che Cameron racchiude in inquadrature strette, cingendo i personaggi all'interno di un quadro nel quale sembrano prigionieri. La tensione esplode un pò alla volta, in piccoli blocchi, quattro per l'esattezza: il primo contatto con gli alieni, l'attacco dei facehungers nel laboratorio, lo sfondamento delle difese dei superstiti e l'invasione finale della Sulaco. In tutte e tre le sequenze Cameron si dimostra perfetto coreagrofo e sfoggia un'inventiva pungente per le costruzione della drammaticità, usando il sangue degli alieni come arma o facendo scontrare la Regina Madre degli alieni contro una Ripley bardata in un montacarichi semovente, splendido omaggio a "Fanteria dello Spazio" di Heinlein.


Nell'immaginare il mondo di "Aliens", Cameron riprende i modelli di riferimento del primo film e li reinventa quasi da zero; il design dei veicoli, degli ambienti e delle armi è semplicemente spldendido e gli effetti speciali, curati questa volta dal compianto Stan Winston, collaboratore abituale dell'autore, non fano rimpiangere l'opera di Rambaldi.
Eppure, nel re-immaginare mondi e creature, i due artisti compiono un errore fatale: impoveriscono il geniale design dell'alieno di H.R. Giger rendendolo più convenzionale; dall'idea originale di orrore corporale concepita dal pittore svizzero, Cameron purga ogni riferimento sessuale e riplasma gli alieni come ibridi uomo-insetto, arrivando persino a ribattezzarli come "xenomorfi", definizione che attecchirà indelebilmente presso il grande pubblico. Privato della componente organica umana, l'alieno resta sempre minaccioso, ma non disturbante, perdendo parte del suo fascino. Caduta di stile avvertibile anche nella creatura più famosa del film: la Regina Madre, disegnata dallo stesso Cameron, possente ed inquietante, ma priva del fattore disturbante che ha reso celebre la creatura del primo film; sfortuna vuole che proprio il design "depotenziato" di Cameron finirà per sostituire, nel corso degli anni, l'originale creatura di Giger in tutte le sue successive incarnazioni.


Se i modelli di riferimento di Scott per il primo film erano Mario Bava, Kubrick e Tobe Hooper, Cameron si rifà invece ai film d'assedio, in particolare allo splendido "Distretto 13- Le Brigate della Morte" (1976) di Carpenter, isolando i cowboys in un fortino spaziale assediato dagli alieni/indigeni e proiettando tutto in una dimensione futuristica e visionaria. Il fanta-horror trova così un nuovo ingrediente: l'action più puro, che aggiunge dosi di forte adrenalina alla tensione e all'orrore; e nel caratterizzare i marines del futuro, Cameron imposta dei modelli che saranno poi ripresi in centinaia di altri film: il sergente nero affiatato e nervoso (Apone), l'ufficiale calmo e innamorato (Hicks), il buffone logorroico (Hudson) e la donna soldato dura eppure a suo modo femminile (Vasquez); ma il vero colpo di genio della sceneggiatura risiede non tanto nella costruzione di tali "tipi", i cui topoi sono di fatto parzialmente ripresi dal canonico cinema d'azione che all'epoca imperversava nelle sale, quanto nella loro totale sovversione: i duri ben presto divengono impotenti di fronte alla minaccia aliena, il più forte e gasato del gruppo, Hudson, si trasforma in una femminuccia in grado solo di frignare e lamentarsi, mentre la donna smaniosa di uccidere, Vasquez, può solo restare sullo sfondo ad assistere. "Aliens" è il primo action totalmente al femminile: messi da parte i muscoli oliati e finite le munizioni, i maschi divengono inutili e finiscono persino per impazzire, mentre le donne prendono in mano il comando e salvano la situazione; donne che, oltre a liberarsi definitivamente del ruolo ancillare a cui sono solitamente destinate in tali tipi di produzione, ribaltano anche il loro status di vittime; e di fatto, i personaggi psicologicamente più forti di tutto il film sono Ripley, che ormai dimostra un sangue freddo non comune, e la piccola Newt, ossia i sopravvissuti al massacro.


Nella lotta per la sopravvivenza, Cameron può così inserire un sottotesto materno di sicuro fascino, che trova un valore ulteriore nell'edizione Director's Cut del film; Ripley diviene qui una madre che cerca di proteggere la sua figlia, Newt, dai pericoli esterni, i mostri che vogliono divorarla; allo stesso modo, la Regina Madre vuole vendicare lo sterminio del suo nido, in uno scontro tra madri, ossia generatrici di specie. La figura paterna o maritale viene invece incarnata dai due personaggi di Burke e Hicks, idealmente speculari; il primo è il prototipo di maschio rampante anni '80, un uomo interessato solo al denaro e al profitto derivante da ogni sciagura, persino dal massacro dei coloni innocenti, e che non esita a sacrificare i marines e le stesse figure materne e figliali pur di raggiungere il suo scopo; d'altro canto, Hicks incarna quel ruolo tutelare che il marito/padre solitamente ricopre in una famiglia emancipata: un capo squadra che porta avanti la sua missione senza strafare, che insegna alla donna come difendersi e che spesso si trova ad incarnare la voce della ragione dinanzi alle scelte più emotive della sua controparte femminile.


Cameron riesce persino a dare una nuova ed intelligente lettura della figura dell'androide, qui impersonato da Bishop; per quasi tutta la prima metà del film, la "persona sintetica" viene descritta come fredda e calcolatrice, un ufficiale medico che al pari di Ash è affascinato dalla figura dell'alieno e che resta sempre sullo sfondo, come pronto per attaccare; ma ora l'androide è vincolato alle leggi della robotica di Asimov e può solo servire gli umani, rivelandosi come il vero salvatore della situazione; e nel finale, Cameron lo rende protagonista della sequenza più disturbante del film, in grado di rivaleggiare persino con la morte del suo predecessore, in un impeto di forza orrorifica sino ad allora repressa.


Eppure, conoscendo la carriera di James Cameron fino al 1986, non si può non notare una forma di schizofrenia nella sua scrittura; un controsenso che si disvela in tutta la sua forza comica quando ci si accorge che appena un anno prima di "Aliens" aveva scritto una sceneggiatura per uno dei film più genuinamente brutti del decennio; un film in grado di ridefinire in peggio il cinema action, di imporre una serie di stereotipi beceri e di far perdere ogni credibilità al suo protagonista: "Rambo 2- La Vendetta".
Laddove "Aliens" distrugge ogni stereotipo machista, "Rambo 2" esalta la forza distruttrice dell'esercito yankee; in "Aliens" Cameron prende in giro le attitudini bellicose dei marines massacrandoli al primo contatto con il nemico, in "Rambo 2" trasforma quello che era l'archetipo del reduce di guerra reietto e disilluso in una macchina da guerra reazionaria e patriottica; in "Aliens" scrive battute da manuale del cinema d'azione ironico e trasforma Bill Paxton nella perfetta satira della sbruffoneria cafona americana, in "Rambo 2" riduce lo splendido personaggio di John Rambo ad un pupazzo monoespressivo ed iperviolento, in grado di annichilire intere nazioni comuniste con arco e frecce; e il tutto con una serietà da voltastomaco.


Qual'è il vero volto di Cameron? Il regista dotato, visionario e drammatico o il cultore dei muscoli anabolizzati e della retorica militarista? Il genuino intrattenitore o il furbastro che dà al pubblico ciò che il pubblico vuole vedere e nulla più?
Vedendo le sue ultime due pellicole non ci sono dubbi: il secondo, un regista dotato, si, di un grande talento per la messa in scena, ma sopratutto uno speculatore interessato più all'accoglienza dei suoi prodotti che al loro effettivo valore; e se in "Aliens" e fino a "True Lies" (1994) questa sua attitudine era ben celata dietro all'intelligenza di scrittura e regia, da "Titanic" (1997) in poi si rivelerà in tutta la sua inquietante e squallida forza.

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