di Shinji Aramaki
Animazione/Fantascienza/Azione
Giappone, Usa (2014)
Inutile tentare di negarlo: il nome di Shiro Masamune resterà per sempre legato a "Ghost in the Shell", la sua creatura più famosa e di maggior successo presso il grande pubblico; eppure, chiunque si sia distaccato dal meraviglioso addattamento per il grande schermo di Mamoru Oshii e si sia accostato alla sua fonte cartacea non può non notare, spesso con rammarico, le innumerevoli differenze; l'atmosfera del manga è decisamente più leggera, foriera di un umorismo talvolta bambinesco, di un erotismo pruriginoso ed esplicito e di riflessioni tecno-filosofiche talmente complesse da oltrepassare la soglia del delirio, tanto da far ridimensiore il giudizio sull'effettivo valore del "Ghost in the Shell" originario, che ben poco ha a che spartire con le sue incarnazioni cinematografiche e televisive.
Decisamente più riuscita è l'opera ad esso precedente, il cosidetto "lavoro maledetto" di Masamune: "Appleseed", pubblicato originariamente tra il 1985 e il 1989 e poi raccolto in poco più di quattro volumi.
Primo approccio con la fantascienza cyberpunk di Masamune, "Appleseed" è un'opera più riuscita del suo celebre successore perchè caratterizzata da una storia più semplice, un umorismo sempre leggero, un erotismo più raffinato, azione meglio dosata e sopratutto perchè dotata di una storia decisamente meglio scritta.
In un futuro prossimo (ideale continuazione della visione che l'autore mostrerà in "Ghost in the Shell"), la Terza Guerra Mondiale ha decimato la popolazione umana e spazzato via ogni forma di civilizzazione; tra le rovine del passato si muovono due personaggi particolari: la bella ed agguerrita Dunan Knute, ex membro degli SWAT di San Francisco, e il robot da combattimento Breareos Hecatonchiles, macchina da guerra umanoide e fidanzato di Dunan. Alla disperata ricerca di cibo, perennemente sprovvisti dei pezzi per la manutezione e di armi e a corto di carburante, lo strano duo viene invitato ad unirsi alla polizia di Olympus, una gigantesca città-stato progettata come la metropoli paradisiaca per gli esseri umani ed unico avamposto effetivamente funzionante per la sopravvivenza della razza umana. La metropoli è amministrata e servita dai bioroidi, creature artificiali clonate dagli esseri umani con il solo scopo di servire l'uomo e garantirne la sopravvivenza ad ogni costo.
Nell'arco di appena tre volumi, Masamune crea un'affresco fantascientifico e post-apocalittico incredibilmente sfaccettato ed affascinante. Nel mondo "Appleseed" non vi è più una distinzione effettiva tra l'umano e l'artificiale: i cyborg sono persone vere e proprie; Breareos, a scapito della sua natura robotica, pensa e agisce come un uomo e la sua relazione con Dunan viene descritta come del tutto naturale; allo stesso modo, i bioroidi vengono caratterizzati non come minaccia per l'essere umano, ma come suo naturale servo, un "figlio" creato appositamente per servire il proprio creatore; e la metropoli di Olympus non è una città distopica, bensì la perfetta utopia futura, una megalopoli nel quale l'essere umano può prosperare in armonia con i suoi simili. Una metropoli che, benchè pensata ed amministrata per il bene e l'abbondanza, non è priva dei germi che hanno portato alla distruzione della civiltà precedente: criminalità, terrorismo, cattiva amministazione, quei "semi della mela maledetta" che potrebbero portare gli uomini ad essere nuovamente cacciati dal paradiso e che la città combatte per il tramite della polizia, in particolare della squadra E-SWAT, della quale Dunan e Breareos sono i membri di punta.
La riflessione dell'autore si concentra così su temi più scottanti: può davvero l'uomo creare il paradiso in Terra? Per la sua sopravvivenza è lecito eliminare il libero arbitrio? E' possibile eliminare definitivamente i semi dell'anarchia dalla società?
Quesiti incredibilmente fecondi, che purtroppo non trovano risposta a causa della chiusura della serie prima della sua conclusione, con un quarto volume che apre una nuova sottotrama sulla sperimentazione genetica purtroppo mai completata.
E se il destino su carta delle avventure di Dunan e Breareos è stato troncato di punto in bianco, decisamente sfortunato è stato invece quello in animazione; gli adattamenti per video, cinema e televisione sono ad oggi ben cinque, nessuno dei quali particolarmente riuscito, tanto da pensare ad una vera e propria "maldezione" che si abbatta su chiunque tenti di adattare o completare l'opera originaria.
Si parte con "Appleseed", OAV del 1988 che anzicchè trasporre il manga, crea una storia ad hoc esilissima e che non rende giustizia al fumetto di partenza. Si prosegue con un lungometraggio in CGI cell shading nel 2004, anch'esso chiamato semplicemente "Applessed" e diretto da Shinji Aramaki, che traspone in modo poco efficace in primi tre volumi, trasformando Breareos da robot a uomo nel corpo di un cyborg, privandolo così del suo fascino; sempre Aramaki dirige, tre anni dopo, "Appleseed Ex Machina", lungometraggio in CGI "classica" prodotto niente meno che da John Woo e seguito della pellicola precedente, che male interpreta lo spirito dell'opera originale ed imbastisce una storia piatta e ridicola; nel 2012 è la volta della serie televisiva "Appleseed XIII", un progetto più ambizioso, che sebbene si ponga come prequel ai due film riprendendone la caratterizzazione dei personaggi, tenta di rifarsi alle radici mitologiche e post-moderne del manga per riflettere sulle implicazioni dell'ingegneria genetica e sul concetto di utopia umana; serie dalla storia interessante, ma del tutto inguardabile a causa dell'orrenda veste grafica: una computer graphic in cell shading modellata ed animata con un budget ridicolo, che fa sembrare gli episodi come usciti da un videogame per PSX.
Problema che fortunatamente non si pone con "Appleseed Alpha", ultima incarnazione della creatura di Masamune e ideale prequel alle precedenti incarnazioni, animata con una CGI fotorealistica che, forte di un ottimo budget, raggiunge vette di eccellenza estetica incredibili; peccato che la storia basilare e scontata e la regia di Aramaki affossino anche questa nuova avventura del duo di super-polizziotti.
Prima di raggiungere la città di Olympus, prima di diventarne i paladini e di conoscere il segreto dei bioroidi, Dunan e Breareos (ora di nuovo e finalmente robot al 100%) vagano tra le macerie di una New York post-apocalittica; per sopravvivere compiono lavori sporchi per Due Corna, volitivo cyborg che si è autoproclamato sindaco. Durante una missione, i due mercenari-fidanzati fanno uno strano incontro: il soldato Olson, strano ibrido uomo-macchina, accompagnato da una misteriosa ragazzina chiamata Iris. Dopo aver salvato la vita alle due strane figure, Dunan e Breareos decidono di aiutarli nella loro misteriosa missione, che a quanto pare gli è stata commissionata dalla città di Olympus, per i due poco più di un mito.
Se già con "Capitan Harlock" (2013) Aramaki aveva sconvolto le platee con una CGI dal fotorealismo estremo e dalla regia spettacolare, con "Appleseed Alpha" fa due passi avanti ed uno indietro. La qualità del rendering di ogni personaggio, persino delle comparse, è sconvolgente; qualità che viene surclassata solo dalla resa delle animazioni, che salvo qualche sporadico calo di qualità nelle espressioni facciali, è di un realismo a tratti inquietante; i modelli dei personaggi sono rifiniti nei minimi dettagli: dalle venature degli occhi ai graffi sulle armature, passando per le pieghe degli abiti e le scalfiture sulla pelle, quella di "Appleseed Alpha" è semplicemente la miglior computer graphic che si sia mai vista, che arriva a raggiungere il realismo totale grazie agli infiniti dettagli degli ambienti e ad una serie di tocchi di classe inediti, su tutti le sfocature azzurre sui controni dei corpi nelle scene in pieno giorno, prova dell'estrema cura con cui Aramaki rifinisce ogni singolo frame della sua opera.
Peccato che all'imponente resa estetica non corrisponda una regia altrettanto efficace; Aramaki non riesce mai ad imporre il giusto ritmo alla storia, né a creare sequenze davver adrenaliniche; se già in "Capitan Harlock" aveva dimostrato una certa stanchezza nelle sequenza d'azione all'arma bianca, qui si rifiuta di creare scene davvero esaltanti, sprecando le due scene madri del film (l'attacco del blindo e l'inseguimento del mech) privandole di ogni inventiva coreografica e di vera tensione drammatica; e nonostante l'azione abbondi sin dalla primissima scena, non si è mai veramente impressionati dalla sua esecuzione, data la basilarità di ogni coreografia.
Persino il mecha design è poco ispirato; tolto il nuovo design di Breareos e quello di Due Corna, tutti gli altri personaggi meccanici (villain incluso) e i veicoli sono talmente derivativi da sembrare copiati dal mecha design della serie videoludica di "Metal Gear Solid", in particolare dal suo quarto capitolo; e basta guardare anche solo di sfuggita il design dell'antagonista Talos per rendersi conto del forte debito di ispirazione verso il lavoro di Shinkawa e soci.
Certamente non migliore del lavoro di Aramaki è quello di Marianne Krawczyk in sede di sceneggiatura; la premessa è anche interessante: esplorare la vita di Dunan e Breareos prima dell'arrivo al Paradiso Promesso, scoprire come abbiano fatto a sopravvivere e caratterizzare in modo forte il loro rapporto, calando il tutto in uno sfondo apocalittico inedito per la serie. Di tutto questo, la sceneggiatura riesce a dare effettivo valore solo alla caratterizzazione dei due protagonisti: Breareos è finalemnte tornato ad essere un robot, ora guardiano innamorato della sua bella compagna, proprio come avveniva nelle pagine del manga di Masamune; mentre Dunan, non acnora forgiata dall'addestramento nell' E-SWAT, presenta ancora il carattere solare, ma agguerrito del fumetto. Tutto il resto semplicemente non funziona; i personaggi secondari sono scialbi e piatti: Due Corna è il villain buffone che si redime nella migliore tradizione hollywoodiana, Olson e Iris le due vittime designate, che si comportano come il clichè comanda; mentre Talos è un cattivo le cui motivazioni sono pretesuose, finanche schizofreniche nell'ultima parte del film: un puro guarrafondaio che vuole solo distruggere tutto ciò che ha davanti, senza nemmo accorgersi della sua mancanza di senso.
La trama in sè è quanto di più scontato possa esistere: i due protagonisti devono proteggere una figura "eletta" per una missione da un cattivo privo di scrupoli; e il tutto si risolve con la disputa per il possesso di un'improbabile super-arma: un cannone semovente che sembra anch'esso uscito dalla serie di "Metal Gear Solid" e che teoricamente dovrebbe essere la metafora dell'impossibilità di estirpare il seme della distruzione dall'uomo, ma che si pone, in fin dei conti, come mero pretesto per lo spettacolo.
Tutta la storia, in fin dei conti, non è altro che un lungo inseguimento, dove i personaggi si muovono da un punto A ad un punto B e viceversa, senza mai un colpo di scena vero e proprio, nè un twist che non sia telefonato: tutto fila liscio nella più pura prevedibilità senza riuscire mai a coinvolgere. Dulcis in fundo, persino i dialoghi sembrano usciti dal peggior manuale per la scrittura di action di serie-B e si compongono per lo più di frasi ad effetto e spiegazioni ridontanti. Tuttavia, le carenze ridicole dello script non devono neanche stupire: la Krawczyk ha nel suo curriculum solo sceneggiature per videogames quali la serie di "God of War", è del tutto normale, quindi, che la sua scrittura sia del tutto subordinata all'azione; il problema è ab origine: è inutile cercare di dare dignità ad una storia se per farlo si ingaggia chi non è avezzo alla scrittura cinematografica.
Ennesimo pessimo adattamento della splendida opera di Masamune, "Appleseed Alpha" merita di essere apprezzato solo per l'immane sforzo produttivo e tecnico e per aver ridato dignità ai due bei personaggi protagonisti; chi si aspetta di più resterà deluso: la maledizione di "Appleseed" ha colpito ancora e forse con il prossimo adattamento andà meglio. O almeno lo si può sperare.
Sono contento di leggere una recensione sull'opera che amo maggiormente da anni, però una cosa mi ha lasciato basito. Il suo continuo affermare che Briareos sia un robot e non un cyborg. Se afferma questo, vuol dire che non conosce davvero l'opera, nonostante lei ha detto di aver visto ex machina e XIII. Briareos è un cyborg, divenuto tale pre due terzi dopo un incidente nel 2122. Era un uno che aveva conosciuto Deunan sette anni prima e più e altre cose che spero conosca. Briaores è considerato il predecessore di Batou anche se la parte esterna non ha più niente di umano. Se ha visto sopratutto XIII viene spiegato con flashback e in ex machina con la storia di Tereus. La differenza tra cyborg e robot è enorme e mi spiace sapere che Briareos sia considerato come formatotalmente artificiale, cosa che non è completamente (e da questo concetto è arrivato poi gits). Comunque, complimenti per l'articolo.
RispondiEliminaCiao, mi fa piacere che tu abbia gradito la mia recensione.
EliminaIn realtà Breareos è un cyborg solo negli adattamenti per il grande e piccolo schermo, nel manga originale è un robot vero e proprio, nato come tale e mai stato umano. E' una differenza probabilmente introdotta per aggiungere tensione drammatica nei primi due e in XIII
Briareos è un cyborg anche nel fumetto, esistono flashback dove lo si vede di spalle (durante l'addestramento di Deunan col padre).
EliminaInoltre la pesante sua trasformazione in cyborg è probabilmente dovuta ad incidenti nel proteggere Deunan.
La particolarità come cyborg è di essere uno dei pochi cyborg a poter sfruttare il sistema Hecatonchires che espande la normale capacità umana : è per questo che riesce a gestire più occhi (sensori) ed addirittura più arti oltre a quelli di un normale esssere umano
Mi sa che devo rileggere il manga
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