con: Scout Taylor-Compton, Tyler Mane, Malcolm McDowell, Sheri Moon Zombie, Danielle Harris, Brad Dourif, Margot Kidder, Chase Vanek.
Usa 2009
---CONTIENE SPOILER---
Molto probabilmente, Rob Zombie passerà alla Storia come uno degli autori più fraintesi dei suoi tempi. Perchè, malgrado lo status di cult di alcuni suoi film (almeno "The Devil's Reject" e si spera "31"), sono davvero in pochi, anche sul piano della critica specializzata, a comprenderne ed apprezzarne lo stile e la "filosofia". Il che lo accomuna ad un altro regista americano, il re dei cult John Carpenter, proprio lui, che anni dopo la creazione del remake di "Halloween- La Notte delle Streghe", bollerà Zombie come uno "stronzo", malcelando una forma di rabbia verso quell'operazione.
Remake che tutt'ora rappresenta la prova meno convincente del regista ex frontman dei White Zombie; e che nonostante questo fu un buon successo di pubblico, tanto da meritare un sequel, arrivato nel 2009 e diretto sempre da Zombie, nonostante la sua iniziale ritrosia ad un coinvolgimento diretto. "Halloween II", a differenza di quanto si possa immaginare, non è un remake di quel "Il Signore della Morte" (1981) che continuava le imprese di Michael Myers in modo diretto, ma una continuazione di quanto fatto da Zombie nel suo remake: un approccio più personale alla materia data che, nuovamente, né la critica né i fans del killer dalla maschera bianca hanno apprezzato, stroncandolo in pompa magna.
Eppure, questo bizzarro sequel, a scanso di equivoci, fraintendimenti ed aspettative tradite, è uno dei lavori più interessanti dell'autore, dove lo spaccato psicologico si fonde con istanze visionarie per creare un che di unico, imperfetto ma di ottimo impatto.
Dall'origjnario seguito "Il Signore della Morte" torna l'idea dell'incipit, quella di far cominciare il tutto nel momento esattamente successivo alla chiusura del primo film; in maniera analoga a quanto accadeva in "Halloween- The Beginning", una parte del film è dedicata a "rifare" l'originale, in questo caso il primo atto, remake, appunto, del sequel del 1981. Tolto l'ingombrante fardello di ricreare qualcosa di già visto unicamente per dare il via alla narrazione, Zombie ha questa volta carta bianca sul resto (anche se la versione del film uscita al cinema non è la Director's Cut, reperibile sono in Home Video ed il Italia fuori catalogo da anni) e decide subito di disfarsi di quanto visto: la maggior parte di quanto accaduto nel primo atto è un sogno febbricitante; le uniche cose realmente accadute sono la sopravvivenza di Laurie e il fatto che Michael Myers sia ancora vivo.
Questo perchè "Halloween II" non è uno slasher, né un horror; epiteti di generi che calzerebbero stretto al lavoro qui svolto. Di fatto, non c'è una progressione lineare nelle uccisioni (ancora meno che in "The Devil's Rejects"), né la ricerca di una forma di tensione orrorifica vera e propria.
Al centro di tutto ci sono i due protagonisti, Laurie e Michael, con la loro psiche deviata e sconvolta. Lo sguardo di Zombie si addentra così nelle loro menti, scandagliandone le visioni e le paure, finendo per lasciare sullo sfondo ogni contorno convenzionale.
Ed in modo ancora meno convenzionale, apre il film con la spiegazione del simbolismo: il cavallo bianco, forse ripreso dal Lynch di "Twin Peaks", è sinonimo di innocenza e ferocia. Due facce della stessa medaglia, come i due fratelli.
Michael ha ora un duplice aspetto, uno adulto, poco più di un mezzo, un involucro dentro il quale si agita il bambino, che adesso ha il volto pulito di Chase Vanek, dalle fattezze angeliche che sostituiscono lo sguardo malefico di Daeg Faerch. Un bambino che segue le istruzioni del fantasma della madre (ancora interpretata dalla bella Sheri Moon), alla ricerca di una congiunzione letale con la sorella. Michael è ora più che in precedenza mostro e vittima, io perduto in un limbo creato dalla privazione della figura di riferimento, la madre appunto, che nella sua visione finisce per incarnare la sua ferocia e il suo senso di affetto perso.
Laurie, d'altro canto, vive negli isterismi di una Scout Taylor-Compton quanto mai credibile; una ragazza la cui mente è stata fatta a pezzi dalla violenza e alla quale la rivelazione della parentela con il suo incubo concede un colpo finale verso la follia definitiva. Punto d'arrivo che diverge a seconda della versione del film alla quale si fa riferimento: nella Theatrical Cut la sua violenza si riversa su Michael, finendo per abbracciare essa stessa la devianza indossandone i panni per precipitare nella pazzia più pura tramite una ricongiunzione simile a quella perseguita dal fratello; mentre nella Director's Cut l'atto distruttivo si rivolge verso un esanime dottor Loomis, causa della rivelazione sulla parentela, ma non si consuma del tutto e negli ultimi istanti di vita la sua psiche va definitivamente in pezzi. In entrambe le versioni, è l'immagine finale a coronare l'arco distruttivo: la madre con il cavallo bianco fa visita anche a lei, chiudendo il cerchio e riunendola al fratello in modo indiretto, per il tramite di quella pazzia che il sangue ha permesso di condividere. Meno riuscita è invece la trovata di sottolinearne la caduta in disgrazia agghindandola come una rocker sudicia, che sembra uscita da una fiction della RAI.
Centro narrativo rivolto alla psicologia dei personaggi che non impedisce a Zombie di eccedere nella violenza: la brutalità delle uccisioni, la maggior parte gratuite, è incredibile; Michael ora distrugge le vittime con colpi ripetuti sino alla nausea per disintegrarne i corpi; la violenza è brutale, ma spesso lasciata fuori scena. Così come brutale è lo stile: ancora più secco rispetto a "The Devil's Rejects" e più sporco, grazie all'uso della pellicola 16mm gonfiata in post-produzione a 32 mm ed all'uso di un montaggio ancora più serrato e claustrofobico.
Le visioni di Michael e Laurie sono puro surrealismo visionario applicato all'horror; andando oltre la contemplazione del cinema di Tim Burton, Zombie riprende le istanze del gotico e le libera dai riferimenti baviani per dar loro nuova forma: purgate dal simbolismo più criptico, si fanno pura estetica goth applicata al cinema, veri e propri incubi rock nel quale far perdere i personaggi; e nel quale Zombie comincia a sperimentare il gusto per la geometricità che poi esibirà in quelle di "Le Streghe di Salem" (2012)
Gusto estetico e profondità di scrittura che non impediscono a Zombie di cadere in un paio di trappole: troppo ovvio il ruolo svolto da Loomis, tanto da essere in parte inutile; e troppo scontata la scena dell'incidente con l'ambulanza, quasi ridicola nella sua esecuzione.
Difetti di scrittura che però non spiegano l'incredibile astio riservato al film. La spiegazione è forse molto basica, pur nella sua eccentricità: "Halloween II" è un film troppo poco convenzionale per essere davvero apprezzato da chi si aspetta poco da un film di genere. Non concede nulla agli spettatori meno esigenti, se non gli inserti splatter. Devia totalmente da ogni forma di schematismo che ci si potrebbe aspettare dal sequel di uno slasher, filone del quale ignora quasi tutti gli elementi. Si concentra totalmente sugli archi narrativi interiori dei personaggi e non fa ricorso a trucchetti per aumentare la tensione.
Viene in mente, a tal proposito, la metafora sulle "divinità incazzate" coniata da Joss Wheadon in "Quella Casa nel Bosco" (2012): quando non si dà il giusto rituale in pasto agli spettatori, questi si adirano. Successe nel 1982 con il sottovalutato "Halloween III- Il Signore della Notte", è successo nuovamente nel 2009 con questo nuovo exploit sulla Notte di Ognissanti. Forse è anche per questo che da allora Michael Myers è finito in pensione: era impossibile riprendere la narrazione da dove Zombie l'ha lasciata, è del tutto impensabile rifare da capo l'ennesimo slasher uguale a mille altri. E forse è bene così: è meglio chiudere la serie con l'immagine di Laurie che fissa lo spettatore e ghigna, apice che difficilmente sarà doppiato.
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