mercoledì 19 ottobre 2016

Opera

di Dario Argento.

con: Cristina Marsillach, Ian Charleson, Urbano Barberini, Daria Nicolodi, Barbara Cupisti, Carolina Cataldi-Tassoni, Antonella Vitali, William McNamara.

Horror

Italia 1987
















Nel 1987, il cinema di genere italiano era già entrato in crisi; la stagione dello spaghetti-western era già terminata, mentre l'horror e il "giallo" stavano ripiegando verso il mezzo televisivo, con esiti disastrosi. L'intero settore aveva già cambiato pelle: da onesti prodotti artigianali, intrisi di soluzioni visive ardite e contenuti scioccanti, i film di genere italiani si erano in parte trasformati in imitazioni a buon mercato dei cult-movies americani. Basti pensare, in proposito, alla sfolgorante carriera del produttore Fabrizio De Angelis, quasi interamente basata su prodotti "di imitazione" diretti, tra gli altri, dai tristemente famosi Bruno Mattei e Claudio Fragasso. In parole povere, il genere stava morendo: poche idee originali, pochi soldi, poca voglia di sperimentare, pochi soggetti dotati di vero talento.
In un tale panorama, Dario Argento rappresentava un'eccezione: forte di una carriera di tutto rispetto, costellata di incredibili successi di cassetta, poteva permettersi budget e troupe sempre adeguati alle proprie esigenze. Ed infatti, "Opera" rappresenta la sua produzione italiana più dispendiosa, ben 8 milioni di dollari, racimolati interamente dalla Cecchi Gori e dalla RAI, che gli permettono una libertà totale nella messa in scena. Peccato però che i soli valori produttivi non siano sufficenti alla riuscita.




"Opera" è la pellicola in cui Argento mette a frutto in modo compiuto le influenze principali del suo stile ed in genere del suo cinema; tolta quella, pur fondamentale, di Mario Bava, già sublimata con la collaborazione in "Inferno" (1980), qui le fonti di ispirazione sono gli imprescindibili Hitchcock e Michael Powell.
Dal capolavoro "Gli Uccelli" (1963), Argento riprende l'elemento faunistico: i corvi sono presenza centrale, sin dalla prima scena; ma anzicché ricoprire un ruolo negativo, hanno un'inedita veste positiva, divenendo strumenti per l'individuazione del "male". Sempre da Hitchcock è ripreso il gusto per il virtuosismo, che qui raggiunge un apice definitivo.
Dal capolavoro maledetto di Powell "L'Occhio che Uccide" (1960) tornano non solo le famose soggettive, ma anche e sopratutto il tema vouyersistico. L'assassino obbliga la protagonista a guardarlo mentre compie le sue gesta; lo sguardo è esso stesso strumento di morte e al contempo vittima della violenza, con l'escamotage disturbante degli spilli usati per tenere le palpebre aperte. La soggettiva è qui l'inquadratura più ricorrente, usata all'inverosimile per far identificare lo spettatore nei fatti: si va da quella classica dell'assassino a quella della protagonista, con tanto di visione "sporcata" dall'uso di collirio, sino al parossismo con l'uso di quella di un chiavistello nella sequenza finale.
Sul piano della storia, Argento si rifà invece al mito de "Il Fantasma dell'Opera": l'intero incipit è ripreso da parte del romanzo di Leroux, con la giovane e bella protagonista Betty (Cristina Marsillach) chiamata all'ultimo a sostituire la prima donna all'opera, a causa del gesto di un "mostro" che sembra vegliare su di lei.




L'altissimo budget permette ad Argento di sbizzarrirsi; Tutte le scene clou sono ambientate al Teatro Regio di Parma, mentre per gli altri interni sono allestiti dei set enormi, che permettono alla sua macchina da presa di muoversi in totale libertà. I virtuosismi della macchina sono incredibili, con movimenti fluidissimi ed azzardati, per creare uno stile elegante ai limiti del barocco, dove l'apice viene raggiunto nel climax, con la soggettiva del volo dei corvi, esempio perfetto dello stile visivo argentiano.
Eleganza che va di pari passo con l'efferatezza: "Opera" è anche il film più violento di Argento, dove la graficità delle morti raggiunge il culmine già a partire dal primo omicidio "importante", l'uccisione a coltellate dell'assistente di scena, che per brutalità fa impallidire persino la morte di Veronica Lario in "Tenebre" (1982).  Da antologia è anche la sequenza del colpo di pistola sparato attraverso lo spioncino della porta, ripreso con successo da "Saw II"(2005) e che lo stesso Argento replicherà a livello visivo, ma con esiti più modesti, in "La Sindrome di Stendhal" (1996)
Peccato che alla volontà di scioccare e alla capacità di stupire, si accompagnino degli errori tecnici e di scrittura a dir poco ridicoli.




Le soggettive in steadicam, per quanto eleganti, spesso sono troppo frettolose, con una macchina da presa troppo bassa per replicare il punto di vista di un essere umano, facendo sembrare le movenze di un killer quelle di un Jack Russell a spasso per il teatro dell'opera. Errore tecnico inusitato per il cinema di Argento (sino ad allora) e del tutto incomprensibile se si tiene conto dell'attenzione ai dettagli riservata in altri aspetti.
Sul piano narrativo, la sceneggiatura non si discosta di un millimetro dalla tradizione del "giallo", con un killer armato di guanti neri, motivato da un trauma del passato, un red herring fin troppo ovvio ed un colpo di scena rivelatore con tanto di doppio finale (questa volta fortemente debitore al "Red Dragon" di Thomas Harris). Mancanza di originalità a cui si associa un'esecuzione claudicante: davvero inverosimile la trovata di non far gridare o terrorizzare la giovane protagonista dopo l'aver assistito ad ogni morte; dopo ogni omicidio, si comporta in modo normale, come se solo qualche minuto prima avesse assistito ad uno spettacolo di varietà.
Ridicolo che raggiunge vette insostenibili una volta rivelata l'identità dell'assassino, dovuto ad un miscasting troppo evidente e che si trascina sino ad un epilogo semplicemente idiota ed inutile.




Tanto che "Opera" può essere considerato come il primo vero passo falso nella carriera di Argento, la prima crepa nella sua filmografia, che da qui in poi comincerà ad erodersi sino a crollare su sé stessa. Una pellicola ambiziosa, dove lo stile distrugge la sostanza ed il ridicolo involontario azzera ogni buona intenzione.

1 commento:

  1. Concordo. Opera è un film elegante, a tratti affascinante ma anche completamente sbagliato... il primo vero passo falso di una carriera che ahimé, è andata in costante calando

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