di Spike Lee.
con: Delroy Lindo, Jonathan Majors, Clark Peters, Norm Lewis, Isaiah Witlock Jr., Mélanie Thierry, Chadwick Boseman, Johnny Nguyen, Paul Walter Hauser, Jean Reno, Jasper Paakkonen.
Drammatico
Usa 2020
Recuperata la credibilità come autore grazie a "BlacKkKlansman", Spike Lee si è buttato a capofitto in un progetto alquanto rischioso; "Da 5 Bloods" parte infatti come lo scialbo "Miracolo a Sant'Anna", ossia con l'intenzione di sottolineare l'apporto essenziale delle truppe di colore in una guerra, questa volta quella del Vietnam. Fortunatamente, questa volta Lee riesce ad evitare le trappole più ovvie e, sebbene pecchi di ridondanza, riesce nell'intento di creare un apologo forte sul dramma degli afroamericani e degli orrori del conflitto bellico.
Un'America che non riconosce, quella di Spike Lee, dove gli Afroamericani votano convinti per Trump e i valori di amicizia e fratellanza vengono calpestati in nome dell'arricchimento personale.
Con un occhio ad "Apocalypse Now" e l'altro a "Il Tesoro della Sierra Madre", immerge i protagonisti in un viaggio di distruzione dal quale nessun tornerà come prima. Loro, i quattro reduci Eddie, Melvin, Otis, Paul e il di lui figlio David. Quattro ex membri del Big Red One che già 50 anni prima erano vecchi, già segnati da quei traumi che li avrebbero presto o tardi annichiliti e ora schiacciati tra il ricordo idealizzato del capo-squadra Norm e l'avidità verso il tesoro sepolto anni prima.
Non c'è vera evoluzione nel loro cammino, solo l'acuirsi di quei difetti che hanno in partenza. Se Paul è quello che finirà peggio (magistrale la performance istrionica di Delroy Lindo, che buca lo schermo in ogni scena), non meglio andrà ai suoi compagni, che si ritroveranno divisi e pronti a tutto pur di sopravvivere.
Laddove lo scontro tra ideale e avidità è netto e manicheo, a Lee non interessa essere originale e, come spesso accade nel suo cinema, le sue tesi sono urlate a squarciagola, recitate direttamente verso il pubblico nel modo più didascalico possibile. Se la semplicità narrativa riesce comunque nell'intento di convincere e coinvolgere, più indigesta è la costruzione di una storia resa artificiosa ad arte, con forzature, ripetizioni e svolte talvolta improbabili.
Ma a Lee pare non interessare la creazione di un intreccio saldo o credibile, quanto veicolare un messaggio di disperazione per portare ad una riflessione (personale e universale) sullo stato delle cose. E da questo punto di vista, "Da 5 Bloods" riesce perfettamente ad imporsi come una metafora cristallina e riuscita sulla perdita dei valori e la disgregazione sociale propria dell'era Trump. Un pamphlet didascalico quanto si vuole, eppure impossibile da ostracizzare.
quoto in toto ;)
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